>Legislazione emergenziale e processo tributario: questioni giuridiche e deontologiche

La presente relazione ha ad oggetto la legislazione emergenziale dettata per fronteggiare la pandemia del Covid 19 e tenta l'impresa azzardata di trarre conclusioni di ordine sistematico muovendo da una disciplina avente carattere palesemente contingente e temporaneo.

Il riferimento, giacché ci occupiamo di processo tributario, è all’articolo 27 del DL 137/2020 che ha già suscitato una sacrosanta levata di scudi nelle associazioni dei difensori tributari perchè in un primo momento, stante la lacuna normativa in tema di udienza da remoto, ha coartatamente imposto l’udienza a trattazione scritta quale modalità di svolgimento delle udienze nel processo tributario, eliminando qualsiasi barlume di oralità da questo processo. Per tacere della gravissima compromissione del principio di pubblicità dell’udienza che come vedremo viene sacrificato senza che alcuno se ne curi anche in caso di udienza da remoto.

Per ragioni di chiarezza espositiva, prima di vedere nel dettaglio cosa prevede il richiamato art. 27 e quali sono i profili di criticità che derivano dalla sua applicazione, è utile fare una brevissima panoramica sulla specificità dell’udienza di trattazione nel processo tributario rispetto alle altre giurisdizioni.

LA TRATTAZIONE DELLA CAUSA NEL PROCESSO TRIBUTARIO

Prima della riforma del 546/1992 il contenzioso tributario era disciplinato dal DPR 636 del 1973 rubricato Revisione della disciplina del contenzioso tributario.

All’udienza di trattazione il DPR dedicava l’art. 20 del seguente tenore: “All’udienza il relatore espone i fatti e le questioni della controversia in presenza delle parti; il Presidente ammette quindi le parti alla discussione”. Sin qui non appaiono profili di criticità. Ma il successivo art. 39 nell’estendere al procedimento dinanzi alle commissioni tributarie le norme contenute nel libro I del codice di procedura civile, escludeva espressamente l'art. 128 che sancisce, testualmente: “L’udienza in cui si discute la causa è pubblica a pena di nullità”.

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi proprio sulla violazione del principio di pubblicità delle udienze tributarie, (sentenza n. 212 del 1986), quale, espressione di civiltà' giuridica, prevista in vari atti internazionali (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950: art. 6; e ratificata con legge n. 848 del 1955; Patto internazionale di New York relativo ai diritti civili e politici: art. 14; adottato il 16 dicembre 1966 e ratificato con legge n. 881 del 1977; protocolli sullo Statuto della Corte di Giustizia annessi ai trattati CECA, CEE ed EURATOM: artt. 28 e 29), dichiarò con sentenza n.50/1989 l’illegittimità' costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella parte in cui escludeva l’applicabilità dell'art. 128 del codice di procedura civile (pubblicità delle udienze) ai giudizi che si svolgono dinanzi alle Commissioni Tributarie di primo e di secondo grado.

La motivazione della Sentenza è chiarissima e merita di essere riportata testualmente. Essa dice: “La regola generale della pubblicità dei dibattimenti giudiziari può subire eccezioni in riferimento a determinati procedimenti, quando abbiano obiettiva e razionale giustificazione. Ma, per i procedimenti tributari, l'eccezione non può ritenersi sorretta da siffatte giustificazioni: anzi, in base all'art. 53 della Costituzione, l'imposizione tributaria è soggetta al canone della trasparenza, i cui effetti riguardano anche la generalità dei cittadini, nonché ai principi di universalità ed eguaglianza, onde la posizione del contribuente non e' esclusivamente personale e non è tutelabile con il segreto”.

La generale conoscenza delle controversie tributarie - conclude la Sentenza - può giovare alla concreta attuazione del sistema tributario e concorre a ridurre il numero degli inadempimenti e degli evasori in genere”.

Nel 1992 venne interamente riformato il processo tributario con il Dlgs 546. Nel decreto, tutt’ora in vigore, alla trattazione della causa vengono dedicati due articoli. L’art. 33 che prevede la discussione in camera di consiglio e l’art. 34 che prevede la discussione in pubblica udienza.

Per evitare che la controversia sia trattata in camera di consiglio senza la presenza delle parti, ed ottenere che sia invece discussa in pubblica udienza almeno una delle parti costituite deve rivolgere apposita richiesta direttamente alla Commissione, mediante istanza notificata alle altre parti costituite in giudizio almeno dieci giorni liberi prima della data fissata per la trattazione.

Nel 2018, a distanza di 5 lustri dalla riforma del giudizio tributario, e quando ancora nessuno poteva prevedere gli avvenimenti del 2020, viene introdotta una importante novità che ci avvicina rapidamente all’argomento odierno.

L’art. 16 co. 4 del DL 119/2018 introduce l’udienza da remoto prevedendo che “la partecipazione alle udienze di cui agli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”, dunque sia la camera di consiglio che la pubblica udienza, “può avvenire a distanza mediante collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo del collegamento da remoto del contribuente, del difensore, dell’ufficio impositore e dei soggetti della riscossione, nonché dei giudici tributari e del personale amministrativo delle Commissioni tributarie, tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e di udire quanto viene detto. Il luogo dove avviene il collegamento da remoto è equiparato all’aula di udienza”.

La norma rinviava ai decreti attuativi la determinazione delle modalità tecniche necessarie all’avvio delle prime udienze da remoto. Si era nel 2018. Da quel momento, sino almeno ad agosto 2020 nulla venne fatto per rendere possibile questa modernizzazione.

A marzo del corrente anno come è tristemente noto l’Italia entra nella prima fase di Lockdown generalizzato. Il sistema giustizia, al pari di altri settori di attività, viene travolto da uno stop totale alle udienze.

Ad agosto, il MEF si risveglia dal biennale torpore ricordandosi di avere in casa già pronto lo strumento normativo delle udienze da remoto con cui affrontare l’emergenza. Ma la seconda ondata incombe, i tempi stavolta sono strettissimi, e c’è molto da dover fare. Così con nota del 6 agosto 2020 richiede, ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del decreto- legge 23 ottobre 2018, n. 119, il parere del Garante in ordine ad uno schema di decreto direttoriale, recante le regole tecnico-operative per lo svolgimento delle udienze da remoto. Parere che arriverà solo il 15.10.2020, in piena seconda ondata.

A quel punto al Mef ci si convince che i tempi siano maturi per poter licenziare una norma che tenga conto della specificità del processo tributario. I decreti attuativi non ci sono ancora ma si confida che si possano licenziare in breve tempo. E’ il 28.10.2020, data di promulgazione del DL 137/2020 nel quale al processo tributario viene dedicato l’art. 27 rubricato “misure urgenti relative allo svolgimento del processo tributario”. Sono passati 2 anni e sei mesi dall’introduzione solo sulla carta dell’udienza da remoto.

L’INTERVENTO DELL’ART. 27 DL 137/2020

La gioia di vedere finalmente una norma dedicata alla gestione emergenziale del processo tributario dura però assai poco. Piena di strafalcioni, mal redatta, apparentemente priva di coordinamento tra i vari commi, l’art. 27 del DL 137/2020 sembrerebbe intervenire con l’unico obiettivo di eliminare l’oralità e la pubblicità dell’udienza dal processo tributario sino alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria, imponendo il contraddittorio cartolare coatto.

Essa pone notevoli profili di legittimità costituzionale in assenza di una interpretazione che la renda conforme alla Costituzione, ciò che deve essere sempre fatto prima di ascrivere un significato a una determinata disposizione primaria nel confronto con la fonte gerarchicamente superiore.

Ma vediamo la norma nello specifico:

Art. 27. (Misure urgenti relative allo svolgimento del processo tributario)
1. Fino alla cessazione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da Covid-19, ove sussistano divieti, limiti, impossibilita' di circolazione su tutto o parte del territorio nazionale conseguenti al predetto stato di emergenza ovvero altre situazioni di pericolo per l'incolumita' pubblica o dei soggetti a vario titolo interessati nel processo tributario, lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto e' autorizzato, secondo la rispettiva competenza, con decreto motivato del presidente della Commissione tributaria provinciale o regionale da comunicarsi almeno cinque giorni prima della data fissata per un'udienza pubblica o una camera di consiglio. I decreti possono disporre che le udienze e le camere di consiglio si svolgano anche solo parzialmente da remoto, ove le dotazioni informatiche della giustizia tributaria lo consentano e nei limiti delle risorse tecniche e finanziarie disponibili. In tutti i casi in cui sia disposta la discussione da remoto, la segreteria comunica alle parti, di regola, almeno tre giorni prima della trattazione, l'avviso dell'ora e delle modalita' di collegamento. Si da' atto a verbale delle modalita' con cui si accerta l'identita' dei soggetti partecipanti e la libera volonta' delle parti, anche ai fini della disciplina sulla protezione dei dati personali. I verbali redatti in occasione di un collegamento da remoto e i provvedimenti adottati in esito a un collegamento da remoto si intendono assunti presso la sede dell'ufficio giudiziario.
2. In alternativa alla discussione con collegamento da remoto, le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione. I difensori sono comunque considerati presenti a tutti gli effetti. Nel caso in cui sia chiesta la discussione e non sia possibile procedere mediante collegamento da remoto, si procede mediante trattazione scritta, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell'udienza per deposito di memorie conclusionali e di cinque giorni prima dell'udienza per memorie di replica. Nel caso in cui non sia possibile garantire il rispetto dei termini di cui al periodo precedente, la controversia e' rinviata a nuovo ruolo con possibilità di prevedere la trattazione scritta nel rispetto dei medesimi termini. In caso di trattazione scritta le parti sono considerate presenti e i provvedimenti si intendono comunque assunti presso la sede dell'ufficio.
3. I componenti dei collegi giudicanti residenti, domiciliati o comunque dimoranti in luoghi diversi da quelli in cui si trova la commissione di appartenenza sono esonerati, su richiesta e previa comunicazione al Presidente di sezione interessata, dalla partecipazione alle udienze o camere di consiglio da svolgersi presso la sede della Commissione interessata.
4. Salvo quanto previsto nel presente articolo, le modalita' di svolgimento delle udienze da remoto sono disciplinate ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge dicembre 2018, n. 136
.

Al primo comma si prevede che, limitatamente al periodo emergenziale, vale a dire sino alla data del 31 gennaio 2021, i Presidenti delle commissioni Tributarie Provinciali o i Presidenti delle Commissioni Tributarie Regionali possano autorizzare, ciascuno secondo la propria competenza, lo svolgimento delle udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio con collegamento da remoto.
In tal caso le “udienze pubbliche e camerali e delle camere di consiglio” si svolgeranno con le stesse modalità previste dall’art. 16 (“Giustizia tributaria digitale”) del d.l. 119/2018 (come da ultimo modificato dall’art. 135 del d.l. n. 34 di maggio).

Condizione necessaria affinché possa essere emanata la suddetta autorizzazione è la sussistenza di divieti, limiti, impossibilità di circolazione su tutto o parte del territorio nazionale conseguenti al predetto stato di emergenza (commi 1 e 4 art. 27). E va da subito chiarito che l’art. 27 del dl n. 137/2020 non vieta di continuare a celebrare le udienze in presenza, laddove le condizioni sanitarie e locali lo consentano. In questo senso si è già espresso il consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con la delibera n. 1230 del 10 novembre 2020.

Tornando all’art. 27 primo comma, “ove sia disposta la discussione da remoto, la segreteria comunica alle parti, di regola, almeno tre giorni prima della trattazione, l'avviso dell'ora e delle modalità di collegamento.

E qui bisogna soffermarsi sul lessico utilizzato dal legislatore. Anzitutto l’utilizzo del lemma “di regola”: da un lato sembra imporne il rispetto alla Segreteria, dall’altro sembra sottrarre alla sua violazione ogni potere invalidante sulle comunicazioni che non ne siano rispettose. Ben diversamente, la disposizione dell’art. 31 d.Lgs. n.546 del 1992 prevede che “la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima”. Come è agevole notare, solo in quest’ultimo caso l’utilizzo del modo indicativo esprime in modo adeguato l’obbligatorietà dell’osservanza del termine ridetto (1). Una tale soluzione interpretativa è inaccettabile: ove al difensore non venisse comunicato l’indirizzo url per la connessione all’aula di udienza remota, o venisse comunicato pochi minuti prima dell’udienza, vi sarebbe una violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio che determinerebbe la nullità della decisione assunta della Commissione Tributaria (2).

Va anche sottolineato come la norma prospetti la comunicazione delle modalità dell’udienza da remoto a tutte le parti, anche a quelle non costituite, attribuendogli un inusuale vantaggio rispetto all’art 31 Dlgs 546/1992 appena richiamato, che in maniera ben diversa prevede la comunicazione della udienza di trattazione alle sole parti costituite. La circostanza è tanto più inusuale in quanto tale comunicazione avverrebbe 3 giorni prima dell’udienza da remoto, quando la parte non costituita è già incorsa nelle notevoli decadenze in materia di eccezioni, chiamata di terzo e non ultimo di produzione documentale.

LA DECISIONE ALLO STATO DEGLI ATTI
Ma la novità davvero preminente, rectius, deprimente, è quella di cui al comma 2, per il quale “In alternativa alla discussione con collegamento da remoto, le controversie fissate per la trattazione in udienza pubblica, passano in decisione sulla base degli atti, salvo che almeno una delle parti non insista per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione. I difensori sono comunque considerati presenti a tutti gli effetti”.

E qui cominciano i problemi.

Il secondo comma è indipendente dai fatti emergenziali del territorio, dalle autorizzazioni presidenziali e persino dalle comunicazione alle parti, quindi valevole a prescindere da questi, immanente ex lege per le pubbliche udienze previste dal primo novembre in poi e sino alla scadenza vista sopra!

La norma si limita a dire infatti “In alternativa alla discussione con collegamento da remoto” (comma 2 art. 27), senza richiamare i medesimi presupposti del primo comma.

Ancora. La decisione allo stato degli atti non necessita di altra comunicazione alle parti o di alcun provvedimento diversi dalla mera pubblicazione della norma in Gazzetta.

Lapidaria la fictio legis per cui in caso di decisione allo stato degli atti “i difensori sono comunque considerati presenti a tutti gli effetti.” poiché le parti non partecipano, né di presenza, né da remoto, né con note scritte, ma i difensori sono comunque considerati presenti a tutti gli effetti (3) . Probabilmente nelle intenzioni del legislatore si voleva evitare una pronuncia di estinzione per inattività delle parti, eventualità che tuttavia non si può verificare in un caso simile stante la tassatività delle ipotesi previste dalla legge (4) (5) .

In maniera assai meno complicata, si sarebbe potuto considerare la mancata istanza di discussione come una rinuncia alla pubblica udienza convertendola automaticamente alla discussione in camera di consiglio. Tipologia di udienza che adotta una serie di correttivi all’assenza di oralità, prevedendo lo scambio di memorie illustrative entro dieci giorni dall’udienza, e la possibilità di replica entro cinque giorni dall’udienza.

E a proposito di memorie, ci si chiede se le parti anche in caso di decisione allo stato degli atti possano ugualmente depositare le memorie di cui all’art. 32 del Dlgs. 546/1992. E se non possono considerarsi precluse le memorie illustrative anche in caso di decisioni allo stato degli atti pur nella maldestra omissione del legislatore, più di un dubbio sorge per le memorie di replica, che come è noto sono espressamente previste solo per la camera di consiglio (6) e non anche per la pubblica udienza.

L’ISTANZA PER LA DISCUSSIONE E LA TRATTAZIONE SCRITTA COATTA

Qualora una delle parti voglia evitare questa aberrante modalità di trattazione di udienza e voglia trattare la causa in udienza, deve “insistere per la discussione, con apposita istanza da notificare alle altre parti costituite e da depositare almeno due giorni liberi anteriori alla data fissata per la trattazione”.

Ebbene, se viene chiesta la “discussione” allora si procede con l’udienza da remoto ma, se ciò non è possibile, si procede coattivamente con la cd. udienza cartolare, simile a quella già conosciuta nel processo civile, con fissazione di un termine non inferiore a dieci giorni prima dell'udienza per deposito di memorie conclusionali (perché non chiamarle memorie illustrative utilizzando la corretta terminologia del processo tributario?) e di cinque giorni prima dell'udienza per memorie di replica.

Nel caso in cui non sia possibile garantire il rispetto dei termini predetti, la controversia è rinviata a nuovo ruolo (quel categorico “è” sembra indicare un obbligo per il giudice), e in tal caso il giudice può (“con possibilità di”) prevedere la trattazione scritta nel rispetto dei medesimi termini.

In merito vanno fatte alcune osservazioni.

Anzitutto la norma limita la possibilità di insistere per la discussione alle sole pubbliche udienze dimenticandosi delle camere di consiglio partecipate, ossia svolte alla presenza delle sole parti in occasione della discussione delle istanze di sospensione. Sul punto è intervenuto correttamente il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria con le “linee Guida sull’interpretazione dell’art. 27 DL 137/2020” precisando che “in presenza di un difetto di coordinamento tra il primo e il secondo comma dell’art. 27, nonostante quest’ultimo si riferisca soltanto alle cause fissate per la trattazione in udienza pubblica, il passaggio alla trattazione scritta deve intendersi anche per quelle camerali partecipate. La ratio emergenziale della norma, infatti, impone di estendere la conversione a trattazione scritta per la discussione di incidenti cautelari (ex artt. 47, 52, 62-bis e 65 c. 3-bis, D. Lgs. n. 546/1992) e per la discussione di richieste di ottemperanza ex art. 70, c. 7, D. Lgs. n. 546/1992, salvo quanto detto in ordine alla richiesta di discussione orale”.

Ma la questione più scottante riguarda le conseguenze nel caso in cui una delle parti, rilevata la impossibilità di discutere in udienza da remoto la causa, chieda in subordine un rinvio al periodo post-emergenziale, al fine di trattarla oralmente, ed in udienza pubblica, secondo le regole ordinarie.

Mi sembra che a tale richiesta non si possa opporre un rifiuto categorico che non è previsto dall’art. 27. Il contraddittorio cartolare «coatto» ‒ cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, pur di potersi confrontare direttamente con il proprio giudice ‒ non appare una soluzione ermeneutica compatibile con i canoni della interpretazione conforme a Costituzione, che il giudice ha sempre l’onere di esperire con riguardo alla disposizione di cui deve fare applicazione.

Esso costituirebbe una deviazione irragionevole rispetto allo “statuto” di rango costituzionale che si esprime nei principi del «giusto processo» sanciti dal comma 2 dell’art. 111 della Costituzione il quale nello stabilire che qualsiasi processo ‒ debba svolgersi «nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità», impone, non solo un procedimento nel quale tutti i soggetti potenzialmente incisi dalla funzione giurisdizionale devono esserne necessariamente “parti”, ma anche che queste ultime abbiamo la possibilità concreta di esporre puntualmente (e, ove lo ritengano, anche oralmente) le loro ragioni, rispondendo e contestando le quelle degli altri (Consiglio di Stato Ordinanza pubblicata il 21/04/2020).

Il processo cartolare «coatto» si porrebbe inoltre in contrasto con la interpretazione evolutiva dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, sotto un duplice aspetto: in primo luogo, il divieto assoluto di contraddittorio orale potrebbe rilevarsi un ostacolo significativo per il ricorrente che voglia provocare la revisione in qualsiasi punto, in fatto come in diritto, della decisione resa dall’autorità amministrativa. Sotto altro profilo, sarebbe evidente il contrasto con il principio della pubblicità dell’udienza: è vero che secondo la Corte Costituzionale tale principio può subire eccezioni in casi di emergenza, sennonché, l’imposizione dell’assenza forzata, non solo del pubblico, ma anche dei difensori, finirebbe per connotare il rito emergenziale in termini di giustizia “segreta”, refrattaria ad ogni forma di controllo pubblico (7).

Per tali ragioni, l’art. 27, comma 2, del decreto legge n. 137 del 2020, va interpretato nel senso che ciascuna delle parti ha facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emergenziale allo scopo di potere discutere oralmente e pubblicamente la controversia, ove non sia possibile trattarla da remoto, quando il Collegio ritenga che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non richiedere alcuna discussione.

Di questa opinione è il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria che ha suggerito l’opportunità di tener conto nella valutazione delle istanze di rinvio post emergenziale della rilevanza, novità, complessità della questione, del suo valore, del numero di documenti da esaminare e quant’altro ritenuto utile al loro accoglimento. Suggerimento che ci auguriamo sia fatto proprio da tutti i presidenti delle Commissione tributarie provinciali e regionali.



1) ROBERTO SUCCIO, Decreto ristori: la trattazione in forma emergenziale del contenzioso tributario, Ipsoa
2) Cass. Sez. 5, sent. 01/07/2020 n. 13386; Cass. sentenza n. 11487 del 14/05/2013; Cass. ordinanza n. 1786 del 29/01/2016
3) LUIGI STISSI, Norme emergenziali per civilisti e tributaristi dal primo novembre 2020, DirittoItaliano.com
4) Art. 45 Dlgs 546/1992: “Il processo si estingue nei casi in cui le parti alle quali spetta di proseguire, riassumere o integrare il giudizio non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo”.
5) SATTA, PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 996, 485; GLENDI, L’estinzione del processo tributario per inattività delle parti, in DPT, 1975, I, 453
6) Art. 32 Dlgs 546/1992: “1. Le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione osservato l'art. 24, comma 1. 2. Fino a dieci giorni liberi prima della data di cui al precedente comma ciascuna delle parti puo' depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti. 3. Nel solo caso di trattazione della controversia in camera di consiglio sono consentite brevi repliche scritte fino a cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio.
7) Consiglio di Stato Ordinanza pubblicata il 21/04/2020

Orazio Esposito

Orazio Esposito, avvocato cassazionista, è fondatore nel 2011 della rivista DirittoItaliano.com di cui attualmente è Direttore responsabile. I suoi campi di attività solo il diritto tributario e il contenzioso tributario. E' possibile contattarlo all'indirizzo email

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