REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Angelo Pappalardo
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 12835/2019 R.G., promossa da:
G. L. R., domiciliato in CATANIA, VIA CARMELO PATANÈ ROMEO N. 28, rappresentato e difeso dall’ Avv. GENNARO ESPOSITO, giusta procura in atti.
ATTORE
contro
CITTA’ METROPOLITANA DI CATANIA, già PROVINCIA REGIONALE DI CATANIA (C.F. 00397470873), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Catania, via Prefettura n. 14,.
CONVENUTA
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (C.F. e P. IVA 13756881002), in persona del legale rappresentante pro tempore,.
CONVENUTA
CONCLUSIONI
All’udienza cartolare di precisazione delle conclusioni del 23.02.2022, le parti hanno concluso come da rispettive note scritte.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato telematicamente il 26.08.2019 G. L. R. ha proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c. avverso l’atto di intimazione di pagamento n. 29320189019642873 notificato da Agenzia dell’Entrate – Riscossione (d’ora in poi, per brevità, ADER) il 11.05.2019, con cui è stato intimato il pagamento dell’importo di €. 2.491,96 relativo alla cartella di pagamento n. 29320090047092103, notificata presuntivamente il 31.10.2009.
In particolare, premessa l’irrogazione di una sanzione amministrativa in materia ambientale da parte della Città metropolitana di Catania il 24.09.2003 e la successiva notifica dell’ordinanza-ingiuntiva il 23.02.2007, l’attore ha dedotto la mancata notifica della predetta cartella di pagamento, di cui asserisce essere venuto a conoscenza solo in occasione della notifica dell’atto di intimazione di pagamento. Pertanto, ha eccepito l’intervenuta prescrizione del credito vantato dall’ente impositore per la mancata notifica di atti interruttivi successivamente al verbale di sanzione amministrativa e/o all’ordinanza ingiuntiva e/o alla cartella di pagamento, laddove si ritenga che la stessa sia stata regolarmente eseguita.
Si sono costituiti in giudizio sia l’ente impositore che l’agente incaricato della riscossione.
La Città metropolitana di Catania ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo che gli eventuali vizi del procedimento notificatorio eccepiti dall’opponente, in quanto attinenti ad atti successivi al verbale di irrogazione della sanzione amministrativa e all’ordinanza- ingiunzione, coinvolgerebbero la responsabilità esclusiva dell’agente della riscossione.
Anche l’ADER ha eccepito preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo che i motivi di opposizione sarebbero attinenti ad atti di competenza dell’ente impositore, nonché l’inammissibilità dell’opposizione per tardività dell’atto introduttivo, con conseguente decadenza dell’attore. Nel merito ha contestato la fondatezza dei motivi di opposizione, sull’assunto della regolarità delle notifiche effettuate nei confronti dell’opponente, con conseguente sussistenza di atti interruttivi della prescrizione, sicchè la pretesa creditoria dell’ente impositore sarebbe legittima e fondata.
La causa è stata istruita documentalmente.
All’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 23.02.2022, preso atto delle conclusioni come precisate dalle parti con note scritte, la causa è stata trattenuta per la decisione, con assegnazione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c. per il deposito comparse conclusionali e memorie di replica.

Motivazione

Ciò premesso brevemente in punto di fatto, la domanda di parte attrice si appalesa fondata e dovrà, pertanto, trovare accoglimento per le ragioni che seguono.
Preliminarmente, occorre esaminare le eccezioni di carenza di legittimazione passiva sollevate sia dalla Città metropolitana di Catania che dall’agente della riscossione, nonché quella di decadenza per tardività dell’opposizione sollevata dall’ADER, le quali devono essere rigettare in quanto infondate.
Nello specifico, per quanto concerne la prima (presunto difetto di legittimazione passiva dei convenuti), con orientamento oramai consolidato la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente avuto modo di chiarire che “Nei giudizi di opposizione a cartella esattoriale, l'interessato può agire indifferentemente nei confronti dell'ente impositore o dell'agente della riscossione; se pertanto l'opposizione sia proposta contro ambedue, ambedue sono titolari d'una legittimazione processuale concorrente.” (così, Cass. Civ. 25/11/2021, n.36656; in senso conforme, tra tante, anche Cass. Civ., sez. trib., 28/04/2017, n.10528). Nell’affermare tale principio, la Corte nomofilattica ha preso le mosse dall’art. 39 D. Lgs. 112/1999 che, sotto la rubrica "chiamata in causa dell'ente creditore", dispone che "il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l'ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite".
In applicazione di tale norma, la sentenza Cass. Civ. SS.UU. 25.07.2007 n. 16412, inaugurando un orientamento in seguito più volte ribadito (cfr. Cass. Civ. 11.01.2008 n. 476, Cass. Civ. 30.06.2009 n. 15310, Cass. Civ. 15.06.2011 n. 13082), ha affermato che, nel caso in cui il contribuente impugni la cartella esattoriale deducendone la nullità per omessa notifica dell'atto presupposto o contestando, in via alternativa, la pretesa tributaria azionata nei suoi confronti, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non al concessionario, al quale, se destinatario dell'impugnazione, incombe - ai sensi del citato art. 39 - l'onere di chiamare in giudizio l'ente. La richiamata decisione precisa che se l'azione del contribuente è svolta direttamente nei confronti dell'ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa, mentre se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell'esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l'ente titolare del diritto di credito. In particolare, secondo la citata pronuncia, "(…) l'aver il contribuente individuato nell'uno o nell'altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l'inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell'ente creditore nell'ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest'ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l'integrazione del contraddittorio... in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell'estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l'esattore e l'ente impositore".
Sulla base delle argomentazioni che precedono si è consolidato l'orientamento secondo il quale nelle controversie tributarie il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche all'invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell'ente impositore quanto del concessionario, senza che tra i due soggetti sia configurabile un litisconsorzio necessario, sicché il fatto che il contribuente individui nel concessionario piuttosto che nel titolare del credito tributario il legittimato passivo non impone al giudice adito di ordinare l'integrazione del contraddittorio, ammettendosi la chiamata in causa dell'ente impositore (in tal senso, Cass. Civ. 15.07.2020 n. 14991 e Cass. Civ. 28.11.2012 n. 21220). Corollario dei richiamati principi è che "nel processo tributario, il giudicato formatosi tra il contribuente e l'agente della riscossione spiega in ogni caso effetti anche nei confronti dell'ente impositore, indipendentemente dalla denuntiatio litis all'Agenzia delle Entrate, la cui partecipazione alla lite deve essere sollecitata dall'agente e rileva unicamente nel rapporto interno D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39 senza che costituisca requisito per l'opponibilità delle statuizioni, attesa la scissione tra titolarità ed esercizio del credito tributario" (cfr. Cass. 26 maggio 2021 n. 14566).
Né tale principio, a cui questo Decidente non può che aderire vista la coerenza logica rispetto al dettame giuridico, è stato smentito dalla recentissima statuizione dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità n. 7514 del 08.03.2022, che – cercando di mettere ordine nel variegato e non uniforme panorama giurisprudenziale concernente la vexata questio della legittimazione passiva in caso di impugnazione di cartella esattoriale – è giunta ad affermare il principio della sussistenza della legittimazione passiva esclusiva dell’ente impositore (anche nel caso di opposizione tardiva in funzione recuperatoria) ma solo nella diversa ipotesi di riscossione dei crediti di natura previdenziale, e ciò in ragione della peculiarità della disciplina legislativa speciale costituita dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, che espressamente prevede la legittimatio ad causam del solo ente impositore, confermando per il resto (e dunque, in via generale nelle altre ipotesi di opposizione a cartella esattoriale) la sussistenza della duplice e concorrente legittimazione passiva dell’ente impositore e dell’agente della riscossione.
Alla luce di tali argomentazioni, è evidente che, nel vaso che ci occupa (avente ad oggetto opposizione a cartella di pagamento per sanzione in materia ambientale), le eccezioni di carenza di legittimazione passiva sia della Città Metropolitana di Catania che dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione devono essere rigettate.

Altrettanto non meritevole di accoglimento si appalesa l’eccezione sollevata dall’ADER di presunta tardività (e, dunque, inammissibilità) dell’opposizione promossa dall’attore.
Per poter affrontare nel merito tale eccezione, occorre preliminarmente procedere al corretto inquadramento giuridico dell’azione proposta.
Tradizionalmente, la giurisprudenza di legittimità, cui ha aderito anche quella di merito di questo Tribunale, ha chiarito che qualora si facciano valere motivi che attengano al merito della pretesa contributiva (contestazioni sull'an e sul quantum, eventi estintivi, impeditivi o modificativi del credito: ad es., prescrizione ex lege 335/1995, riduzioni per sgravi ed agevolazioni in genere; eventi che incidono sull'esigibilità: ad es., rimessione in termini per eventi sismici, etc.; eventi che impediscono l'iscrizione al ruolo, impugnazione di verbale di accertamento antecedente l'iscrizione al ruolo non ancora rigettata in primo grado, etc.), l'opposizione va qualificata come opposizione all'iscrizione a ruolo, da proporsi nel termine perentorio di 40 giorni dalla notifica della cartella in caso di crediti contributivi o 60 giorni per i crediti tributari; qualora si facciano valere questioni che riguardino il difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo (ad es., inesistenza giuridica della cartella, sospensione del ruolo da parte del giudice del lavoro, fatti estintivi della pretesa successivi alla formazione del titolo esecutivo: ad es., prescrizione o pagamento successivi alla notifica della cartella di pagamento), l'opposizione va qualificata come opposizione all'esecuzione ex art. 29 del d. lgs. n. 46/99, da proporsi nella forma dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., per la quale non è previsto un termine finale di proposizione della domanda; infine, l'azione va qualificata come opposizione agli atti esecutivi qualora il contribuente contesti la regolarità formale del titolo esecutivo, dell'intimazione di pagamento e degli atti propedeutici all'esecuzione forzata (nullità della cartella o dell'intimazione per omessa motivazione, violazioni del c.d. statuto del contribuente, omessa notifica della cartella, nullità della notifica della cartella o dell'intimazione di pagamento) da proporsi dapprima nel termine di cinque giorni e, dal 1° marzo 2006, di 20 giorni dalla notifica dell'atto (in tal senso, tra tante, Trib. Catania 07.07.2020 n 2362). Tale insegnamento è stato ripreso e ulteriormente approfondito dalla recentissima pronuncia delle Sezioni Unite della Corte nomofilattica (da ultimo citata), la quale ha precisato in un obiter dcitum che “(…) nel caso in cui il debitore intenda reagire alla riscossione del credito contributivo per ottenere l'accertamento negativo del credito iscritto a ruolo, tanto per infondatezza della pretesa, quanto per intervenuta prescrizione, opponendosi all'iscrizione a ruolo tardivamente rispetto al termine previsto dall'art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46 del 1999, sul rilievo della mancata notifica della cartella esattoriale o dell'avviso di addebito, senza tuttavia far valere vizi dell'azione esecutiva, l'azione partecipa della natura dell'opposizione all'esecuzione. La stessa decisione (sul punto si veda anche Cass. 12 novembre 2019, n. 29294) ha evidenziato, inoltre, che l'opposizione all'esecuzione altro non è che un tipo di azione di accertamento negativo del credito. A tal proposito, infatti, non deve trarre in inganno il fatto che il ricorrente lamenti anche la mancata notifica delle cartelle di pagamento, perché ciò è funzionale esclusivamente al recupero della tempestività dell'opposizione (come segnala Cass. 8 novembre 2018, n. 28583), altrimenti tardiva, e a far valere la prescrizione (che è pur sempre questione inerente al merito della pretesa creditoria, essendo l'interesse ad agire del ricorrente solo quello di negare di essere debitore), in un ambito, quello della prescrizione dei contributi previdenziali, in cui, secondo un principio costantemente affermato (Cass. 10 dicembre 2004, n. 23116), il regime della prescrizione già maturata, avente efficacia estintiva e non meramente preclusiva, è sottratto alla disponibilità delle parti, a differenza di quanto accade nella materia civile. (…) Dalle premesse enunciate nelle richiamate decisioni (si veda anche Cass. 26 febbraio 2019, n. 5625) queste Sezioni unite intendono muovere, ravvisandosi anche nella fattispecie in esame un'azione che investe il merito della pretesa previdenziale. Non si fa questione, infatti, della regolarità o della validità degli atti della procedura di riscossione. Ciò che si chiede al giudice è l'accertamento dell'infondatezza della pretesa creditoria o, in ogni caso, della prescrizione dell'azione di riscossione in costanza di omissione della notifica delle cartelle di pagamento, cioè una pronuncia sul merito della pretesa contributiva (…)” (Cass. Civ. SS.UU. 08.03.2022 n. 7514).
Tale principio può trovare applicazione al caso oggetto dell’odierno contendere, in cui l’attore non lamenta in sé e per sé la mera irregolarità della notifica della cartella esattoriale, trattandosi piuttosto del presupposto da cui muovere per far valere la presunta prescrizione della pretesa creditoria dell’ente impositore. Dunque, poiché nel caso di specie l’azione incoata da G. L. R. deve essere qualificata giuridicamente in termini di opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., ne consegue l’insussistenza di qualsivoglia termine di decadenza per l’introduzione del giudizio. Ne deriva la tempestività della presente azione e, conseguentemente, l’infondatezza dell’eccezione di decadenza sollevata da ADER, che deve essere pertanto rigettata.

Conclusa la disamina delle eccezioni preliminari, deve ritenersi che la domanda di parte attrice sia fondata nel merito.
Invero, l’Agente della Riscossione non ha dimostrato la sussistenza di atti interruttivi della prescrizione – pacificamente quinquennale ex art. 2948 c.c. (si veda sul punto, per tutte, Cass. Civ. 17.11.2016 n. 23397, ribadita anche da Cass. Civ. 17.03.2020 n. 7409) – successivamente alla notifica della cartella di pagamento, perfezionatasi il 31.10.2009. A tal riguardo, giova precisare che la notifica della cartella di pagamento oggetto di opposizione è avvenuta “in via diretta” ai sensi dell’art. 26 D.P.R. 602/73, il quale, disponendo che possa essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, precisa che la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell'avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l'abitazione, l'ufficio o l'azienda, senza al contempo prevedere la necessità di alcuna ulteriore raccomandata integrativa al destinatario, che è invece richiesta dall’art. 60 del D.P.R. 600/1973 (concernente la notificazione mediante ufficiali giudiziari e/o messi ai sensi delle norme del codice di procedura civile), a cui la prima norma rinvia solo per quanto non espressamente regolato dal medesimo articolo. Proprio in tema di “notifica diretta” degli atti impositivi, la Suprema Corte è ripetutamente intervenuta a confermarne la validità, ribadendo in più occasioni che il perfezionamento del procedimento notificatorio coincide con la consegna del piego al destinatario o ad altra persona di famiglia o al portiere dello stabile, senza che in tali ultimi due casi sia richiesto nessun ulteriore adempimento concernente l’invio di raccomandate informative in favore del destinatario; ciò, in quanto si considera operante “la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi d essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione” (così, Cass. Civ. 08.11.2021 n. 32495; in senso conforme, tra tante: Cass. Civ. 12.11.2018 n.28872, secondo cui “É validamente eseguita ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. n. 602/73 la notifica della cartella esattoriale mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in caso di notifica al portiere, la stessa si considera avvenuta nella data indicata nell'avviso di ricevimento da quest'ultimo sottoscritto, prevedendo lo stesso art. 26 il rinvio al d.P.R. n. 600/1973, art. 60, unicamente per quanto non regolato nello stesso articolo. Ne discende che non è adempimento necessario, per il perfezionamento del procedimento notificatorio, l'invio della raccomandata integrativa al destinatario, invece richiesto dall'art. 139 c.p.c. e dal suddetto articolo 60.”; Cass. Civ. 09.02.2022 n.4160, secondo cui “In tema di notificazione della cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, eseguita direttamente mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai sensi dell'art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, qualora la consegna del piego sia avvenuta a mani di un familiare dichiaratosi convivente con il destinatario, deve presumersi che l'atto sia giunto a conoscenza del destinatario medesimo, restando a carico di quest'ultimo l'onere di provare il contrario, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche che indichino una diversa residenza del consegnatario dell'atto”.).
Sotto tale profilo, quindi, la notifica della cartella di pagamento oggetto di opposizione deve considerarsi regolarmente perfezionata in data 31.10.2009, data di consegna alla moglie del destinatario, senza che colgano nel segno le contestazioni dell’opponente in termini di necessità della raccomandata integrativa ai sensi delle norme del Codice di procedura civile.
Pur tuttavia, seppur considerando che alla notifica della cartella di pagamento è seguita quella dell’atto di preavviso di fermo amministrativo n. 29380201000002934/000 in data 24.12.2010, dalla documentazione versata in atti non si evince la sussistenza di ulteriori atti interruttivi della prescrizione, atteso che non vi è prova che l’avviso di intimazione n. 293 2014 9042584130000 sia stato effettivamente notificato in data 23.09.2014, non essendo stata prodotta la copia integrale dell’atto di intimazione. Ed infatti, la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, confermando invalso insegnamento della giurisprudenza di merito (anche di questo Tribunale) ed innovando rispetto ad un precedente orientamento contrario, ha chiarito che “In tema di sanzioni amministrative, l'atto interruttivo della prescrizione quinquennale, affinché abbia efficacia, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, anche l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, con l'intento sostanziale di costituirlo in mora, in mancanza della quale non è sufficiente la verificata corrispondenza tra i numeri identificativi dei documenti apposti sugli avvisi di ricevimento della cartella esattoriale, cui si riferisce l'intimazione contenuta in piego raccomandato inviato all'obbligato, e quelli impressi nei report interni della società di riscossione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice di merito che, sull'assunto della corrispondenza dei numeri identificativi dei documenti riportati sugli avvisi di ricevimento con quelli indicati nei report prodotti dalla società di riscossione, aveva confermato l'effetto interruttivo della prescrizione derivato dalle raccomandate, ancorché non fossero stati prodotti gli atti di intimazione di pagamento)” (cfr. Cass. Civ. 14.09.2021 n. 24677; quanto alla giurisprudenza di merito, si vedano Tribunale di Catania n. 1537/2017, Tribunale di Catania n.1473/2020, Corte d’Appello Catania n.1090/18, Corte d’Appello Catania n.128/19).
Poiché nel caso di specie ADER non ha prodotto copia integrale dell’avviso di intimazione, essendosi limitata alla produzione di meri reports privi di valenza probatoria, non vi è dimostrazione che l’atto effettivamente consegnato al destinatario sia proprio l’atto di intimazione in parola, né che lo stesso si riferisca alla cartella di pagamento oggetto di opposizione. Ne consegue che, essendo l’intimazione di pagamento 29320189019642873 stata notificata il 11.05.2019, ossia ben oltre 5 anni dalla notifica della cartella esattoriale, deve ritenersi maturata la prescrizione del diritto di credito dell’ente impositore, con conseguente non debenza di alcuna somma in favore della Città metropolitana di Catania e/o dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, portata dagli atti impositivi di cui si verte.
Alla luce delle argomentazioni che precedono, la domanda attorea deve essere accolta.

Per quanto concerne le spese del giudizio, poiché nel caso di specie il credito si è prescritto a causa dell’inerzia dell’Agente della Riscossione, il quale non ha validamente notificato atti interruttivi della prescrizione successivamente alla cartella esattoriale, le stesse devono essere poste esclusivamente a carico dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione e non anche della Città metropolitana di Catania, in forza del principio giurisprudenziale da ultimo ribadito dalla Suprema Corte in una recentissima pronuncia, alla stregua del quale “Ai fini delle spese di lite, nell'opposizione all'esecuzione avverso cartelle di pagamento e ruoli esattoriali, ferma restando la legittimazione passiva sia dell'Agenzia delle Entrate Riscossione che dell'ente impositore, va distinta l'ipotesi in cui la cartella di pagamento venga annullata, o sia accertata l'intervenuta prescrizione del credito, in dipendenza dell'omessa notifica dell'atto presupposto, nel qual caso l'annullamento è addebitabile all'ente impositore che ne risponde anche nei rapporti interni con l'agente della riscossione, dalla diversa ipotesi in cui l'accoglimento dell'opposizione dipenda esclusivamente dalla mancata notifica della cartella o dalla prescrizione del credito dovuta all'inerzia, dopo la notifica della cartella stessa, dell'agente della riscossione: mentre nel primo caso, il giudice di merito può applicare il principio della solidarietà nelle spese della lite, nel secondo caso tale criterio non trova applicazione poiché, essendo l'illegittimità dell'atto interamente addebitabile all'inerzia dell'agente della riscossione, la condanna solidale alle spese non è giustificata alla luce del principio di causalità” (Cass. Civ. 09.03.2022 n. 7716). Pertanto, in forza del principio di soccombenza, AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE deve essere condannata al pagamento in favore dell’attore vittorioso G. L. R. delle spese del presente giudizio, da liquidarsi in €.2.187,00 per compensi (secondo lo scaglione di valore della domanda ed in applicazione della tariffa media per le fasi di studio, introduttiva e decisoria, e della tariffa minima per la fase istruttoria, tenuto conto della natura documentale della causa), oltre spese vive, da liquidarsi in €.125,00, oltre rimborso forfetario per spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del difensore antistatario dell’attore vittorioso, l’Avv. Gennaro Esposito.
Sussistono invece gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese di lite fra l’attore GIUSEPPE LA ROSA e la Città metropolitana di Catania.

PQM

Il Giudice del Tribunale di Catania, dott. Angelo Pappalardo, in funzione di Giudice unico, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. 12835/2019 R.G.:
1) accoglie la domanda proposta da G. L. R. contro la CITTA’ METROPOLITANA DI CATANIA e l’AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, e per l’effetto, annulla la cartella di pagamento n. 29320090047092103, per intervenuta prescrizione del credito vantato dall’ente impositore e/o dall’agente della Riscossione;
2) condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE alla refusione delle spese processuali in favore dell’attore, distratte in favore del difensore antistatario Avv. Gennaro Esposito, che liquida in €.125,00 per spese vive ed €.2.187,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario per spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
3) compensa integralmente le spese di lite fra l’attore GIUSEPPE LA ROSA e la CITTA’ METROPOLITANA DI CATANIA.
Così deciso in Catania, il 13 agosto 2022
Il GIUDICE
dott. Angelo Pappalardo


 

Collabora con DirittoItaliano.com

Vuoi pubblicare i tuoi articoli su DirittoItaliano?

Condividi i tuoi articoli, entra a far parte della nostra redazione.

Copyright © 2020 DirittoItaliano.com, Tutti i diritti riservati.