>Diritto bancario: sentenza n. 19597 del 18.09.2020

La Suprema Corte, con sentenza a Sezioni Unite, n. 19597 depositata il 18.09.2020, ha stabilito alcuni principi di diritto:
a) Il riconoscimento dell’incidenza degli interessi di mora ai fini del calcolo dell’eventuale usura;
b) In caso di mancata indicazione della maggiorazione statistica, nei D.M. che stabiliscono trimestralmente i valori dei TEGM e dei Tassi soglia, non si sommerà alcuna maggiorazione nella formula rivista dalla Suprema Corte.
c) Una nuova formula per la determinazione del tasso soglia comprensivo di una maggiorazione relativa alla media della maggiorazione di mora.
d) “si applica l’art. 1815, secondo comma, cod. civ. onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224, comma 1 codice civile, con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi…”.
e) Anche in corso di rapporto, rileva l’usurarietà degli interessi di mora pattuiti (l’usura sopravvenuta) e la valutazione va fatta solo se c’è stato l’inadempimento ed in funzione di ciò che la banca ha, nei fatti, addebitato.
f) Che vige la tutela prevista dal codice del consumatore.
g) L’onere della prova spetta al cliente della banca che vuol far valere i propri diritti.
Tale sentenza, in merito alla nuova formula indicata, malgrado l’autorevolezza delle Sezioni Unite, presenta una serie di anomalie, rendendola opinabile.

Si mettono in evidenza almeno 9 anomalie:
1. Violazione dell’art. 2 della legge 108/1996. Sempre la Cassazione civile, ma questa volta la III sezione civile, con ordinanza n. 27442 del 30.10.2018, al paragrafo 1.11 afferma che la maggiorazione adottata dalle Sezioni Unite, pari al 2,1%, è frutto di una mera rilevazione statistica, fatta solo nel primo trimestre 2002. Con la conseguenza che, adottando l’innovativa formula ideata dalla Cassazione di settembre 2020, si sommano valori relativi a periodi storici distanti e, a volte, lontanissimi. Si tratta di una forzatura. In altri termini, adottando l’innovativa formula ideata dalla Cassazione di settembre 2020, si sommano valori relativi a periodi storici distanti e, a volte, lontanissimi. Con l’effetto di avere, da un lato, una somma di valori non dello stesso periodo e, dall’altro, non rispettosi del dettato normativo della legge n. 108/1996 ove, nell’articolo 2, cita che il Ministero del Tesoro “…rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio comprensivo di commissioni, remunerazioni, a qualunque titolo e spese escluse quelle per imposte e tasse… degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari… nel corso del trimestre precedente”. Quindi, un tasso soglia mora del 2,1% del 2002 non può essere sommato al TEGM di un trimestre, ad esempio, del 2010 o del 2019, perché questo è vietato dall’articolo 2 della legge 108/1996, il quale ordina che la rilevazione degli oneri che determinano il TEGM devono essere rilevati nel medesimo trimestre. Stranamente, ciò, invece, sarebbe possibile solo per i contratti stipulati nel corso del secondo trimestre del 2002.

Però, solo il legislatore può individuare una nuova formula per il calcolo del tasso soglia, così come avvenne, per esempio, nel corso del 2011, in cui il D.L. n. 70/2011 variò la formula del tasso soglia da (TEGM * 1,5) a (TEGM * 1,25 + 4%). Non esiste una delega, volta a variare tale formula, conferita ad alcun soggetto. L’unico che può modificarla è il legislatore.

2. Violazione dell’art. 1815, secondo comma codice civile. L’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, non prevede alcun tasso sostitutivo, ma cita: “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. Non sono dovuti interessi di alcun tipo, nemmeno quelli legali. La Cassazione non ha poteri per modificare il chiarissimo articolo 1815, secondo comma del cod. civ., sostituendo l’azzeramento degli interessi in caso di usura con un tasso pari a quello degli interessi corrispettivi.

3. Violazione dell’art. 644 codice penale. La Cassazione non ha poteri per modificare il chiarissimo art. 644 del codice penale e, di conseguenza, l’art. 2 della legge 108/1996, sopprimendo la parte in cui la norma punisce anche l’usura promessa (“…chiunque… si fa dare o promettere…interessi… usurari”).

4. Mancata applicazione degli articoli 820 e 821 del cod. civ. Inoltre, le Sezioni Unite di settembre 2020 hanno scritto una formula che non tiene conto di una circostanza molto particolare e molto importante, che può differire da un contratto all’altro. Il tasso percentuale di mora, infatti, può essere calcolato o sull’intera rata o solo sulla sua quota capitale, creando risultati di notevole differenza. Di ciò, la Suprema Corte del 2020 non ne ha tenuto conto.
In assenza di tale precisazione tecnica, ricordiamo che, calcolando gli interessi di mora sull’intera rata, si ha una amplificazione del tasso effettivo a causa dell’anatocismo: gli interessi di mora sono calcolati anche sugli interessi corrispettivi. Pertanto, un mero calcolo percentuale, come quello contenuto nella sentenza 19597 del 2020, in caso di mora conteggiata sull’intera rata, è quantomeno fuorviante.
Non precisando la base di calcolo degli interessi di mora, la Cassazione di settembre 2020 non fornisce strumenti idonei ad adottare una formula di calcolo del tasso soglia di mora, rendendo inapplicabile la formula con la maggiorazione statistica di cui alla sentenza del 18.09.2020.

5. Netto contrasto con Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 24675 del 19.10.2017. Altro contrasto, ma positivo per i mutuatari, con la precedente sentenza delle stesse Sezioni Unite, è il riconoscimento dell’usura sopravvenuta, applicata quindi realmente pretesa dalla banca, però con esclusione di quella promessa in contratto, con evidente ulteriore contrasto con l’art. 644 codice penale.

6. Netto contrasto con Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 350 del 09.01.2013. La sentenza n. 350/2013, che è stata tanto cara agli istituti di credito, afferma con chiarezza e senza dubbio di interpretazione che, in caso di superamento del tasso soglia, il finanziamento può essere annullato se ricorrono alcuni estremi che lo portino a superare il tasso d’usura e quindi usufruendo di tutte le possibilità previste dalla Legge 108/96, tra cui la restituzione di tutte le somme versate con l’applicazione del articolo 1815, richiamato anche dall’art. 644 CP e dell’art. 4 della L108/96 che in sintesi prevedono la nullità della clausola contrattuale. La stessa sentenza riporta il testo dell’art. 1815, co. 2, c.c. e richiama il contenuto dell’art. 644 cod. penale.

7. Netto contrasto con l’ordinanza Cassazione, III sezione civile, n. 27442 del 30.10.2018. Sempre la Cassazione civile, ma questa volta la III sezione civile, con ordinanza n. 27442 del 30.10.2018, al paragrafo 1.11 aveva già disquisito solo 23 mesi prima, del cosiddetto “tasso soglia mora”. Infatti, in tale ordinanza si legge che:
a. la maggiorazione adottata dalle Sezioni Unite, pari al 2,1%, è frutto di una mera rilevazione statistica, tra l’altro risalente al 2002.
b. Senza una norma di legge ad hoc è impossibile pretendere l’applicazione di un tasso di mora soglia, ottenuto mediante l’incremento di alcuni punti percentuali rispetto al tasso soglia previsto dalla legge 108/96 e modificato dal D.L. n. 70 del 2011, come convertito in legge;
c. Esiste una gerarchia delle fonti che pone le sentenze della Cassazione a Sezioni Unite, al di sotto delle leggi nazionali;
d. Solo il legislatore può individuare una nuova formula per il calcolo del tasso soglia, così come avvenne, per esempio, in occasione del citato D.L. n. 70/2011 che variò la formula del tasso soglia da (TEGM * 1,5) a (TEGM * 1,25 + 4%). Non esiste una delega, volta a variare tale formula, conferita a qualche altro soggetto se non al legislatore.
e. Infine, la Cassazione del 2018 definisce, senza peli sulla lingua, tale tasso mora soglia “fantomatico”! Il dizionario Treccani spiega il suo significato in “irreale… che non si riesce a trovare o identificare”.

8. Netto contrasto con la sentenza Cassazione, III sezione civile, 17.10.2019. Solo 11 mesi prima, la stessa Cassazione, III sezione civile, ha confermato che le istruzioni di Banca d’Italia sono solo la base di calcolo di un parametro destinato al calcolo del tasso soglia e che non influisce il fatto che le stesse istruzioni includano o meno la rilevazione media dei tassi di mora. Infatti, la Cassazione civile sez. III – 17.10.2019, sentenza n. 26286 afferma che: “Nei rapporti bancari, anche gli interessi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all'applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il c.d. "tasso soglia" previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, si configura la cosiddetta usura c.d. "oggettiva" che determina la nullità della clausola ai sensi dell'art. 1815 c.c., comma 2. Non è di ostacolo la circostanza che le istruzioni della Banca d'Italia non prevedano l'inclusione degli interessi di mora nella rilevazione del T.E.G.M. (tasso effettivo globale medio), che costituisce la base sulla quale determinare il tasso soglia". In sintesi, non solo il “tasso mora soglia” non esiste, ma gli interessi di mora vanno conteggiati ai fini della verifica dell’eventuale usura senza applicare alcuna maggiorazione ai tassi soglia pubblicati trimestralmente.

9. Mancata chiarezza ed errata equivalenza tra sanzione e ristoro. Le Sezioni Unite non sono per niente chiare quando citano che in caso di usurarietà dei tassi di mora, si applichi l’art. 1815 c.c. ma anche il 1224, comma 1, c.c.:
Se la norma ha come scopo, come lo ha, quello di sanzionare chi pretende interessi usurari, non si comprende la logica di premiare lo stesso trasgressore, garantendogli un “ristoro” corrispondente al riconoscimento del tasso corrispettivo sia in situazioni di mora, sia in assenza di mora.
Per cui, gli interessi mora, in caso di loro usurarietà, vanno azzerati e non sostituiti dagli interessi corrispettivi, non potendo, inoltre, applicarsi il 1224, comma 1, c.c. perché il danno è stato subito dal debitore e non dal creditore.
Inoltre, non è condivisibile, nel caso di interessi di mora usurari, l’azzeramento soltanto degli stessi, perché, altrimenti, ciò cozzerebbe con la ratio del legislatore della legge 108/1996. Infatti, il legislatore ha inteso punire chi, proponendo tassi corrispettivi leciti, ha, invece, prodotto clausole usurarie nel contratto. Pensate, per esempio, ad un “cravattaro” che presta una somma a 30 giorni ad un tasso estremamente basso, ma che pretende un tasso di mora altissimo e usurario dal trentunesimo giorno. Tale contratto è lecito? È nullo l’intero contratto, perché va valutato l’intento del creditore nel suo complesso. E non penso che un cravattaro meriti un risarcimento danni ex art 1224, comma 1, c.c.
In conclusione, tale sentenza va disattesa, in quanto generica, confusa e basata su considerazioni che divergono dalla normativa vigente.

dott. Gianfranco Senia
www.studiosenia.it

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