TRIBUNALE DI CATANIA
SEZIONE VI CIVILE

Motivazione

Il G.E.,
letti gli atti della procedura esecutiva n.1854/2016 R.G. Es. promossa da Riscossione Sicilia s.p.a. nei confronti di (ex parlamentare regionale) e sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 9.6.2016;
rilevato che il debitore esecutato si è costituito nel presente giudizio, al fine di chiedere al Tribunale di limitare l’assegnazione delle somma ad 1/10 del quantum percepito mensilmente dal debitore quale ex deputato, a titolo di assegno vitalizio;
rilevato che, non avendo contestato il credito né formulato alcuna richiesta di sospensione, la detta domanda non può qualificarsi come opposizione, intendendo il debitore limitarsi a sollecitare il potere d’ufficio del giudice in ordine al rilievo dell’impignorabilità parziale o totale;
rilevato che, a fondamento della richiesta avanzata, il debitore ha invocato l’applicazione dell’art 72 ter del D.P.R. 602/73 il quale fa riferimento alle “somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego”;
rilevato che, per come più volte ribadito in precedenti provvedimenti, l’espletamento della funzione pubblica non può in alcun modo equipararsi ad un “rapporto di lavoro o di impiego”, per cui non sono applicabili alla fattispecie i limiti di cui all’art 73 D.P.R. 602/73;
rilevato, peraltro, che i principi richiamati dalla giurisprudenza invocata dal debitore si riferiscono ai parlamentari nazionali e non a quelli regionali, i quali si trovano in situazione diversa rispetto ai componenti del parlamento, come ha avuto occasione di affermare anche la Corte costituzionale, con la sentenza n. 245 del 1995 laddove si legge che “l'analogia tra le attribuzioni delle assemblee regionali e quelle parlamentari non significa identità: le prime si svolgono a livello di autonomia, anche se costituzionalmente garantite, le seconde a livello di sovranità; e, dunque, non sono autonomamente applicabili agli organismi assembleari delle regioni le prerogative riservate agli organi supremi dello Stato e le speciali norme derogatorie che vi si riconnettono”;
rilevato che spetta al Giudice e non al terzo o al creditore individuare l’importo pignorabile e verificare l’applicabilità o meno della disposizione di cui all’art . 545 c.p.c. o oltre disposizioni speciali, in relazione alla natura delle somme pignorate;

rilevato che secondo l’art 2740 c.c. “il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”;
ritenuto che non vi è dubbio circa il fatto che le norme che ammettono limitazione di responsabilità sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate analogicamente, trattandosi di norme eccezionali;
rilevato che l’art 545 c.p.c. prevede che “le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”;

rilevato che l’articolo 167 del regolamento interno dell’Assemblea Regionale Siciliana prevede che “Il trattamento pensionistico spettante ai deputati è disciplinato da apposito regolamento approvato dall’Assemblea su proposta del Consiglio di Presidenza, in conformità a quello previsto per i membri del Parlamento nazionale. Le altre norme riguardanti l’assistenza e la previdenza dei deputati sono disciplinate con regolamenti emanati dal Consiglio di Presidenza ai sensi del precedente articolo 11” e che la materia risulta disciplinata da ulteriori successivi regolamenti (rispettivamente del 1973, del 2000 e da ultimo, del 2012, il quale ha abrogato l’assegno vitalizio) approvati dall’assemblea;
rilevato che la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'art. 17 del regolamento di previdenza per i deputati approvato dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta n. 176 del 19 luglio 1973, con ordinanza n. 194/2011, nel dichiarare l’inammissibilità della questione sollevata, ha osservato che “tale disposizione ha natura regolamentare (così come, del resto, si autoqualifica) e, pertanto, è norma secondaria sottratta al sindacato di legittimità costituzionale”;
rilevato, inoltre, che – non allineandosi all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte dei Conti nel 2005 (le quali, tuttavia, avevano fondato la giurisdizione non sulla scorta della natura giuridica del vitalizio bensì sulla “circostanza oggettiva che la spesa grava direttamente sul bilancio regionale, traendo origine dall'intento di proiettare, oltre il mandato assembleare, il trattamento economico corrisposto in vigenza ed a causa di esso”)- recentemente la stessa Corte dei Conti (cfr. sentenza n. 117 del 24 giugno 2015), in materia di assegno vitalizio concernente gli ex deputati della Regione Lombardia, ha denegato la propria giurisdizione, proprio in considerazione della natura non pensionistica dell’assegno vitalizio (“la assenza di norma attributiva di natura pensionistica, la diversa natura dei percettori (funzionari onorari o pubblici dipendenti) e la diversità di natura, finalità (indennità di carica, non retributiva, goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico) e di regime che distingue gli assegni vitalizi dalle pensioni ordinarie (si pensi solo al basilare distinguo afferente le condizioni estremamente più favorevoli per la maturazione e la misura del beneficio del vitalizio rispetto alla pensione) non consente, dunque, già per tale assorbente argomento testuale e sistematico, di radicare la giurisdizione in capo a questa Corte. Ma a ciò aggiungasi, come ben rimarcato dalla difesa della resistente parte pubblica, che la natura non previdenziale dell'assegno vitalizio è stata affermata sia dalla giurisprudenza costituzionale, sia dalla Corte di Cassazione”);

rilevato che, con la sentenza 13 luglio 1994 n. 289, anche la Corte costituzionale, nel differenziare da un lato la posizione dei titolari di assegni vitalizi goduti in conseguenza della cessazione di determinate cariche e, dall'altro, quelle dei titolari di pensioni ordinarie derivanti da rapporti di impiego pubblico, ha osservato che “tra le due situazioni - nonostante la presenza di alcuni profili di affinità - non sussiste, infatti, una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico: indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego";

rilevato che, sui vitalizi goduti dagli ex consiglieri regionali (con riferimento alla l.r. 23/1995 Marche), ha avuto inoltre modo di pronunciarsi la Corte di Cassazione, che, pur non esprimendosi sulla natura oggettivamente previdenziale o meno ne riscontra la "diversità sostanziale e giuridica rispetto ad un trattamento previdenziale o pensionistico conseguente ad un rapporto di lavoro, pubblico o privato che sia" (Cass. civ. sez. trib. sent. 24/11/2010, n. 23793);
rilevato che, sempre la Suprema Corte, si è pronunciata nel 1996 (sentenza n. 8789) sui vitalizi percepiti dagli ex consiglieri del Friuli Venezia Giulia (Regione a statuto speciale, così come la Sicilia), chiarendo la non applicabilità non soltanto dell'art. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, che dispone l'impignorabilità delle pensioni dei pubblici dipendenti, con le eccezioni espressamente stabilite, ma anche dell'art. 1 del relativo regolamento di esecuzione approvato con d.P.R. 28 luglio 1950, n. 895, ove espressamente si tracciano i confini dei limiti di pignorabilità, stabilendosi che le relative disposizioni "non si applicano alle somme che dallo Stato e dagli altri enti od imprese pubbliche siano dovute in compenso di prestazioni eseguite in base a rapporti che non implicano un vincolo di dipendenza", precisando ancora che “è agevole rilevare che l'assegno vitalizio di cui trattasi non ricollegandosi ad alcuna prestazione di lavoro espletata con vincolo di subordinazione, bensì all'esercizio di funzioni proprie di una carica pubblica elettiva, esorbita per ciò stesso dall'area di operatività della disciplina intesa a sottrarre totalmente o parzialmente, all'azione esecutiva dei creditori, i compensi corrisposti dalle amministrazioni pubbliche ai propri collaboratori.”;

rilevato che la stessa Assemblea Regionale Siciliana, con il regolamento adottato nella seduta 38 del 2012, ha ritenuto di adottare una disciplina concernente il sistema previdenziale, prevedendo un vero e proprio trattamento pensionistico caratterizzato dal sistema contributivo e dalla necessità di requisiti oggettivi (“Art. 2. Requisiti per conseguire il diritto alla pensione. 1. I deputati cessati dal mandato conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a condizione di aver svolto un periodo effettivo di mandato per almeno 5 anni. 2. Per ogni anno di contribuzione oltre il quinto l'età richiesta per il conseguimento del diritto alla pensione è diminuita di un anno, con il limite all'età di 60 anni. 3. La frazione di anno si computa come anno intero, se la durata non è inferiore a 6 mesi e un giorno. Per il periodo computato come mandato deve essere corrisposto il contributo obbligatorio mensile di cui all'articolo 1.”), così dimostrando, a contrario, che l’assegno vitalizio (oggi abrogato) non aveva nessuna delle caratteristiche tipiche della pensione vera e propria;

rilevato, pertanto, che alla luce delle superiori argomentazioni, questo Giudice – conformemente all’orientamento già espresso- ritiene che l'assegno vitalizio a carico dell’Assemblea regionale Siciliana, non deve ritenersi, neanche in parte, esente da pignoramento, non potendosi derogare alla norma primaria di cui all’art 2740 c.c. con eventuali norme di rango secondario;
ritenuto che, pertanto, deve essere assegnato a Riscossione Sicilia s.p.a., quale creditrice procedente, l’intero importo dell’assegno vitalizio mensile percepito dal (ex parlamentare regionale), al netto delle ritenute, pari ad € 2.137,52;
rilevato che il credito per cui si procede deve quantificarsi in € 114.735,40 oltre le spese della presente procedura pari ad € 379,38 come da atto di pignoramento;

PQM

ASSEGNA
a Riscossione Sicilia s.p.a. la somma di € 114.735,40 oltre le spese della presente procedura pari ad € 379,38 come da atto di pignoramento;
DICHIARA
il terzo pignorato (Assemblea Regionale Siciliana) libero da qualsiasi responsabilità in ordine al pagamento delle somme sopra indicate da eseguirsi in favore della creditrice procedente mediante il prelievo diretto dell’integrale importo mensile, al netto delle ritenute di legge, percepito dal debitore esecutato a titolo di assegno vitalizio, previo rilascio di relativa quietanza.
Dà mandato alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Catania, 11.6.2016
Il Giudice
Laura Messina
Publicata in data 13.06.2016


 

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