REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere -
Dott. FERRO Massimo - Consigliere -
Dott. DI MARZIO Mauro - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16293-2013 proposto da:
T.A.,, T.An., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TORTONA 4, presso l'avvocato OTTAVIO STRACUZZI C/O STUDIO STIVALI), che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ATTILIO STRACUZZI, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO IMCOM S.P.A., e della S.D.F. TO. A. E T.A., NONCHE' DEI SUDDETTI SOCI, in persona del Curatore avv. S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 24, presso l'avvocato ALESSANDRO PELLEGRINO (STUDIO GENTILI & PARTNERS), rappresentata e difesa dall'avvocato ALESSANDRO ARENA, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
UNICREDIT BANCA S.P.A.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 250/2013 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 02/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;
udito, per i ricorrenti, l'Avvocato ATTILIO STRACUZZI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l'Avvocato ALESSANDRO PELLEGRINO, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. - T.A. e T.An. hanno proposto opposizione alla sentenza numero 60 del 1991 con cui il Tribunale di Messina aveva dichiarato il fallimento di IM.COM. S.p.A., il fallimento della società di fatto esistente tra T.A. e T. An. nonchè degli stessi nella loro qualità di soci di tale società.
Il Fallimento di IM.COM. S.p.A., della società di fatto tra T. A. e T.An. nonchè degli stessi ha resistito all'opposizione, mentre la Cassa Centrale di Risparmio V.E. è rimasta contumace.

2. - Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con sentenza del 28 aprile 2008, ha respinto l'opposizione e condannato i T. alle spese di lite.

3. - Contro la sentenza hanno proposto appello gli stessi T. nei confronti del Fallimento nonchè del Banco di Sicilia, già Cassa Centrale di Risparmio V.E., poi Unicredit Banca S.p.A.

4. - La Corte d'appello di Messina, con sentenza del 2 aprile 2013, numero 250, nella contumacia del Fallimento e della banca ha respinto l'appello.

5. - Contro tale sentenza T.A. e T.An. hanno proposto ricorso per cassazione affidato due motivi.
Il Fallimento di IM.COM. S.p.A., della società di fatto tra T. A. e T.An. nonchè degli stessi T.A. e To.A. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Motivazione

6. - Il ricorso contiene due motivi.

6.1. - Con il primo motivo viene denunciata la nullità della sentenza dichiarativa del fallimento per violazione dell'allora vigente art. 147 della legge fallimentare, in relazione all'articolo 24 Cost., nonchè la carenza e/o il difetto di motivazione sul punto, in riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Viene censurata la sentenza impugnata per aver escluso la configurabilità della lesione del loro diritto di difesa nella fase prefallimentare con riguardo alle contestazioni relative alle attività collaterali di impresa ascritte ad essi ricorrenti, sia in proprio che come soci di fatto, tra di loro e nei confronti di IM.COM. S.p.A..
In particolare i T. hanno sostenuto che non sarebbe stata loro contestata la posizione di appartenenti ad una società di fatto operante in posizione collaterale ad IM.COM. S.p.A..

6.2. - Con il secondo motivo viene denunciata la nullità della sentenza dichiarativa del fallimento per violazione dell'art. 147 della legge fallimentare, art. 12 preleggi e art. 2362 c.c. nonchè la carenza e/o il difetto di motivazione sul punto, in riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Vi si sostiene, in breve, che il fallimento non si sarebbe potuto estendere ad essi ricorrenti.

7. - Il ricorso è inammissibile.

Esso è così confezionato.
Dopo l'intestazione, che occupa la prima pagina, la seconda contiene, per la prima metà, l'identificazione della sentenza impugnata e, poi:
a) la trascrizione dello svolgimento del processo della sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto il 28 aprile 2008 (pagine 2-3);
b) la trascrizione della parte motiva ed il dispositivo della stessa sentenza (pagina 3-4);
c) la trascrizione dell'esposizione in fatto (che riproduce nuovamente stralci della sentenza del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto) e dei motivi di appello spiegati contro la sentenza di primo grado, con le relative conclusioni (pagina 5-17);
d) l'indicazione che la Corte d'appello di Messina aveva respinto l'impugnazione "sulla base delle motivazioni ivi contenute - ed appositamente richiamate nel presente ricorso alla lettura della quale si rimanda all'attenzione di codesta Suprema Corte";
e) l'esposizione dei motivi (pagina 18-36);
d) le conclusioni.

Orbene, questa Corte ha avuto modo di chiarire, con riguardo al requisito di cui all'art. 366 c.p.c., n. 3, che il ricorrente per cassazione non può limitarsi a rinviare al contenuto della sentenza impugnata quanto allo svolgimento del processo, senza soffermarsi, oltre che sull'esito del giudizio d'appello, sulle ragioni della decisione la cui cassazione è chiesta (Cass. 29 marzo 2012, n. 5066; Cass. 27 dicembre 2004, n. 24000).

Per il principio di autosufficienza occorre inoltre che dal contesto dell'atto di impugnazione emergano gli elementi indispensabili ad una adeguata cognizione dei termini della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza che sia necessario attingere ad altre fonti per una immediata e precisa cognizione di essi, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (Cass. 18 aprile 2013, n. 9528; Cass. 27 marzo 2009, n. 7460; Cass. 12 giugno 2008, n. 15808; Cass. 18 settembre 2007, n. 19356).

Il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti di causa può ritenersi adempiuto anche quando nel ricorso stesso sia stata trascritta o incorporata la parte espositiva della sentenza impugnata o la sentenza nella sua integralità (C 12.10.2007 n. 21471; C 26.3.2012 n. 4782) e finanche quando la sentenza sia allegata, tramite spillatura, al ricorso (Cass. 22 settembre 2003, n. 14001), ma a condizione che da essa emerga una sufficiente esposizione dei fatti (Cass. 3 febbraio 2004, n. 1957; Cass. 22 settembre 2004, n. 14001; Cass. 25 gennaio 2006, n. 1473; Cass. 11 gennaio 2008, n. 423).

Il menzionato requisito non è tuttavia soddisfatto mediante il mero assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, riprodotti in via diretta o in copia fotostatica, senza che ad essa sia anteposta o si faccia seguire una chiara sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione della questione dedotta (Cass., Sez. Un., 24 febbraio 2014, n. 4324; Cass. 18 giugno 2013, n. 15200; Cass. 7 dicembre 2012, n. 22278; Cass. 8 novembre 2012, n. 19357). In tale prospettiva è stato più volte ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione ove il ricorrente si limiti a spillare il testo integrale degli atti di causa, o di alcuni di essi, rendendo difficoltosa l'individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo dell'art. 366, n. 3, diretto a favorire la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (Cass. 22 marzo 2013, n. 7246; Cass. 26 marzo 2013, n. 7649).

Nel caso in esame, oltre ad essere congegnato il ricorso come una indiscriminata silloge degli atti precedenti, il che rende arduo comprendere come si sia sviluppata la vicenda, tanto sostanziale che processuale, esso è per altro verso totalmente mancante in un tassello fondamentale della ricostruzione del fatto processuale, giacchè omette nel modo più totale di prendere in considerazione il contenuto della sentenza d'appello, che non soltanto non è inserita, nella sua parte motiva, tra gli altri atti riportati pedissequamente in ricorso, ma non è neppure riassunta nel suo contenuto: non lo è, si badi, non soltanto nella parte espositiva del ricorso (ove, secondo quanto si è in precedenza visto, essa viene soltanto richiamata per relationem), ma neppure nel corpo dei motivi, nei quali non è fatto alcuno specifico riferimento al contenuto della sentenza impugnata, il che rende definitivamente impossibile, attraverso la lettura del ricorso, e quindi in ossequio al principio di autosufficienza, comprendere che cosa la Corte d'appello abbia detto e come agli argomenti da essa svolti vadano a contrapporsi, così da demolirli, gli argomenti contenuti in ricorso.

D'altro canto, la violazione del principio di autosufficienza, con riguardo al primo motivo, si estende al contenuto dell'istruttoria prefallimentare, dal momento che i T. lamentano che il fallimento sarebbe stato dichiarato pur in mancanza di alcun addebito o contestazione nei loro confronti, ma non è spiegato come si sarebbe articolato detta istruttoria e, in particolare, quale sarebbe stato il contenuto delle contestazioni effettuate in quella sede.

8. - Le spese seguono la soccombenza.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 come novellato).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della parte resistente, delle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, dando atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2016.


 

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