REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI SICILIA
OTTAVA SEZIONE
riunita con l'intervento dei Signori:
ZINGALE PINO - Presidente e Relatore
MAIRA ROSANGELA - Giudice
MONTALTO ALFREDO - Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
- sull'appello n. 6885/2017
depositato il 12/10/2017
- avverso la pronuncia sentenza n. 2157/2017 Sez:9 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di PALERMO
contro:
AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE PALERMO
VIA TOSCANA 20
contro:
A.R.P. S.P.A.
difeso da:
LA LOGGIA ENRICO
AVV.
VIA DUCA DELLA VERDURA 27 90143 PALERMO
proposto dall'appellante:
C.G.
VIA V. 29 90149 P.
difeso da:
SOLLENA ANTONINO
VIA PRINCIPE UMBERTO 48 90047 PARTINICO PA
Atti impugnati:
CARTELLA DI PAGAMENTO n. ________ IRPEF-ADD.REG. 2010
CARTELLA DI PAGAMENTO n. ________ IRPEF-ADD.COM. 2010
CARTELLA DI PAGAMENTO n. ________ IRPEF-ALTRO 2010

Svolgimento del processo

Con atto depositato il 12 ottobre 2017 C.G. proponeva appello avverso la sentenza n. 2157/09/17 emessa dalla CTP di Palermo, con la quale era stato dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso la cartella di pagamento in epigrafe in quanto proposto successivamente alla richiesta di rateazione che, ad avviso dei primi Giudici, comportava l'acquiescenza alla pretesa tributaria.
Avverso la predetta sentenza il contribuente ha interposto gravame deducendo l'erroneità della pronuncia di inammissibilità e, nel merito, riproponendo tutti i motivi già illustrarti in prime cure.
Si sono costituite sia l'A.E.R. s.p.a. chiedendo il rigetto dell'appello.
Con ordinanza n. 22/08/18 la Sezione ha accolto la richiesta di sospensione degli effetti dell'atto originariamente impugnato e di ogni altro atto ad esso consequenziale, sino alla definizione nel merito del giudizio.
Alla odierna udienza, udite le parti presenti che hanno insistito nelle domande ed eccezioni di cui agli atti scritti, la causa è stata posta in decisione.

Motivazione

Il motivo di appello relativo alla erroneità della dichiarazione di inammissibilità dichiarata dai primi giudici è fondato.
La Sezione condivide l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale costituisce principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente di essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l'effetto di precludere ogni contestazione in ordine all'an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario. Siffatto riconoscimento esula, infatti, da tale procedura, regolata rigidamente e inderogabilmente dalla legge, la quale non ammette che l'obbligazione tributaria trovi la sua base nella volontà del contribuente.
Le manifestazioni di volontà del contribuente, pertanto, quando non esprimano una chiara rinunzia al diritto di contestare l'an debeatur, debbono ritenersi giuridicamente rilevanti solo per ciò che concerne il quantum debeatur, nel senso di vincolare il contribuente ai dati a tal fine forniti o accettati. Ciò non esclude che il contribuente possa validamente rinunciare a contestare la pretesa del fisco, ma, perché tale forma di acquiescenza si verifichi, e necessario il concorso dei requisiti indispensabili per la configurazione di una rinuncia, e cioè: 1) che una controversia tra contribuente e fisco sia già nata e risulti chiaramente nei suoi termini di diritto o, almeno, sia determinabile oggettivamente in base agli atti del procedimento; 2) che la rinuncia del contribuente sia manifestata con una dichiarazione espressa o con un comportamento sintomatico particolare, purché entrambi assolutamente inequivoci" (Cass. Civ. Sez. 1, sentenza n. 2463 del 19/06/1975). La rateizzazione chiesta dal ricorrente non costituisce acquiescenza (Corte di Cassazione, sentenza 08 febbraio 2017, n. 3347).

Il ricorrente ha contestato la regolarità della costituzione dell'Agenzia delle Entrate in quanto avvenuta in modo telematico, a fronte di un giudizio incardinato in formato cartaceo; tuttavia ha soggiunto che, essendo stato consegnato in stampa un esemplare delle controdeduzioni in segreteria, la difesa lo avrebbe preso come riferimento.
Sul punto non può farsi a meno di osservare che, a fronte di una costituzione sicuramente irrituale, essa, però, non ha impedito all'appellante di svolgere a pieno il proprio diritto alla difesa, tanto è vero che lo stesso appellante ha dichiarato che avrebbe preso a riferimento la copia cartacea per lo svolgimento delle sue difese, e, quindi, l'atto ha raggiunto il proprio risultato.
A tal proposito, infatti, la Corte di cassazione (ordinanza numero 15984/2017) ha sottolineato che, alla fine, è il risultato che conta, con la conseguenza che il formato dell'atto è indifferente se il destinatario è comunque posto in grado di conoscerlo e di difendersi.

Nel merito, poi, l'originario ricorso è fondato.
L'appellante contesta che sia stata notificata a mezzo pec una cartella esattoriale in formato pdf priva di qualsiasi firma digitale.
A decorrere dal 1 giugno 2016, la notifica della cartella esattoriale può essere eseguita, con le modalità di cui al D.P.R. n. 68 del 2005, a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge.
Nel caso di imprese individuali, società e professionisti iscritti in albi o elenchi, la notifica avviene esclusivamente con tali modalità, all'indirizzo risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) (https://www.inipec.gov.it/).
A sostegno del principio di effettività della notifica, qualora l'indirizzo di posta elettronica del destinatario non risultasse valido e attivo, la notificazione deve eseguirsi mediante deposito dell'atto presso gli uffici della Camera di Commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima, dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori adempimenti a carico dell'agente della riscossione.
Allo stesso modo si procede quando la casella di posta elettronica risulta satura anche dopo un secondo tentativo di notifica, da effettuarsi decorsi almeno quindici giorni dal primo invio.
Per le persone fisiche intestatarie di una casella di posta elettronica certificata, che ne facciano comunque richiesta, la notifica e eseguita esclusivamente con tali modalità all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta stessa, ovvero a quello successivamente comunicato all'Agente della riscossione all'indirizzo di posta elettronica risultante dall'indice degli
indirizzi delle pubbliche amministrazioni istituito ai sensi dell'articolo 57-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
Le sentenze più recenti, emesse dalle Commissioni Tributarie Provinciali, hanno ritenuto illegittime le notifiche delle cartelle esattoriali eseguite a mezzo pec nelle ipotesi in cui la cartella sia stata allegata come file/documento nella semplice estensione ".pdf". I giudici di merito hanno ritenuto invalida tale allegazione sul presupposto che non vi sia certezza sulla integrità del documento in formato ".pdf" (perché può essere alterato) nè sulla provenienza e sull'autore della cartella stessa. Tali requisiti, di contro, si possono avere solo attraverso la "firma digitale" del documento. In tal caso non solo il file/documento non è modificabile, ma la firma digitale lo riconduce al suo autore, garantendone autenticità e titolarità.
A mero titolo conoscitivo, si evidenzia che se per la firma digitale del documento viene utilizzato l'algoritmo CAdES, il file avrà una estensione ".pdf.p7m" (tale algoritmo, infatti, aggiunge all'estensione ".pdf" quella ".p7m"), mentre se viene utilizzato l'algoritmo PAdES la firma viene apposta direttamente all'interno del documento informatico.
Per poter verificare, in un documento informatico, la presenza o meno di firma digitale, è sempre necessario utilizzare uno dei tanti software gratuiti attraverso i quali è possibile verificare se il file è firmato digitalmente e con quale algoritmo ed anche la titolarità della sottoscrizione e la validità del certificato.
Alla luce di tali considerazioni, la Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, sez. I, 31/07/2017, n. 204, ha disposto che "la notifica via PEC non è valida se avviene tramite messaggio di posta elettronica certificata contenente il file della cartella con estensione ".pdf" anziché ".p7m" atteso che non solo l'integrità e l'immodificabilità del documento informatico, ma anche, per quanto attiene alla firma digitale, l'identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell'atto, è garantita solo attraverso l'estensione del file ".p7m". Con la notifica via PEC in formato "pdf", non viene prodotto l'originale della cartella, ma solo una copia elettronica senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale".
Dello stesso tenore altre pronunzie, tra le quali Comm. Trib. Prov. Milano, sez. I, sentenza 3 febbraio 2017, n. 1023 la quale ha deciso che "qualora la cartella esattoriale allegata alla PEC e notificata sotto forma di documento informatico risulti essere un normalissimo file ".pdf" privo dell'estensione ".p7m" e, come tale, quindi, non firmato digitalmente, lo stesso file non può qualificarsi idoneo a garantire, con assoluta certezza, da una parte, l'identificabilità del suo autore e la paternità dell'atto e, dall'altra, la sua l'integrità e immodificabilità, così come richiesto dal codice dell'amministrazione digitale.
Conseguentemente la notificazione per posta elettronica certificata non è valida con illegittimità derivata della stessa cartella e, per tale motivo, deve essere annullata" (conformi: Comm. Trib. Prov. Vicenza sent. n. 615/02/2017; Comm. Trib. Prov. Campania sent. n. 9464/11/17; Comm. Trib. Prov. di Reggio Emilia sentenza 204 depositata il 31 luglio; Comm. Trib. Prov. Savona sentenza n. 100/2017).
Sempre di recente, seppur con motivazioni tra di loro diverse, altre Commissioni Tributarie sono pervenute a medesime conclusioni annullando, quindi, le cartelle notificate da Equitalia tramite l'utilizzo della posta elettronica certificata (cfr. Commissione Tributaria di Savona, decisioni n. 100/2017 e 101/2017, Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, sentenza n. 611 del 26 febbraio 2016, Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, sentenza n. 1817 del 12 maggio 2016 e Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 1638 del 24 febbraio 2017).
Alla stregua delle sentenze citate, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sezione I, sentenza n. 1023 del 13 dicembre 2016, pubblicata il 3 febbraio 2017, ha ritenuto illegittima la notifica della cartella esattoriale effettuata con allegazione del solo file ".pdf", privo dell'estensione ".p7m" e, come tale, quindi, non firmato digitalmente, ritenendola, in particolare, in contrasto con quanto disposto dal codice dell'amministrazione digitale (più brevemente CAD) agli articoli 20 comma 1bis e 21.
Il Collegio condivide tali argomentazioni che conducono, nel caso di specie, all'integrale accoglimento del gravame.
Resta assorbito ogni altro motivo di censura prospettato dall'appellante.
La novità e complessità della questione trattata consente di compensare tra le parti le spese legali.

PQM

La Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia - Sez. VIII, accoglie l'appello e, per l'effetto, annulla la sentenza appellata e la cartella originariamente impugnata. Spese compensate.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del 21 marzo 2018.
Depositata in segreteria il 4 aprile 2018


 

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