REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Il Giudice del Lavoro, dott.ssa Antonella Resta, in servizio presso l’adito Tribunale dal 02.02.2015, all’udienza in data 11 marzo 2019, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 4289/2012 R.G
tra
S. D.;
ricorrente e resistente in via riconvenzionale
contro
V. s.r.l.
resistente e ricorrente in via riconvenzionale
Avente ad oggetto: crediti da rapporto di agenzia
Conclusioni delle parti: come da scritti difensivi e verbali di udienza.

Svolgimento del processo

Con ricorso del 08.05.2012 la parte ricorrente in epigrafe indicata, premesso di aver svolto attività di agente in favore della società resistente, attiva nel settore parafarmaceutico, con compiti di promozione, “tramite informazione medica le vendite a grossisti farmaceutici e a Farmacie dei prodotti commercializzati del listino O. e del listino nel territorio della provincia di Catania, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta ed Enna” giusto contratto a tempo indeterminato del 18.01.20 e di essere stato in data 22.12.20 nominato Capo Area per la zona Sicilia, Reggio Calabria e provincia, avendo conseguito notevoli risultati in termini di fatturato e di incremento della clientela, a seguito del recesso con effetto immediato dal rapporto rassegnato dalla preponente con raccomandata a.r. in data 20.04.20, contestando la sussistenza della dedotta “giusta causa” di recesso chiedeva il riconoscimento del diritto alla percezione del trattamento di fine rapporto a suo dire spettantegli ai sensi dell’art. 1742 cc e dell’AEC richiamato in contratto, pari alla complessiva somma di euro 36. 749,60.
In particolare negava di aver posto in essere condotte contrastanti con il proprio dovere di fedeltà e correttezza nei confronti della preponente, e, segnatamente, di aver violato l’obbligo di “esclusiva”, invero mai contrattualmente previsto tra le parti, ovvero di aver trasferito informazioni strategiche sui prodotti V. a società concorrenti e di aver sfruttato abusivamente a proprio vantaggio gli investimenti pubblicitari sostenuti da V., precisando di essere assolutamente estraneo alla società F.
Stante l’insussistenza della giusta causa di recesso, assumeva di aver quindi diritto al riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso pari ad euro 22.403,50, nonché, ex art. 1751 cc e 10 dell’AEC, all’indennità di cessazione del rapporto pari ad euro 173,49, dell’indennità suppletiva di clientela pari ad euro 13.944,46, dell’indennità di clientela aggiuntiva pari ad euro 228,16.
Chiedeva quindi, previo riconoscimento dell’insussistenza della giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia comunicato dalla V. con raccomandata in data 20.04.2011, la condanna della preponente al pagamento, per le causali di cui sopra, dell’importo complessivo di euro 36.749,60, oltre accessori, ovvero dell’importo maggiore o minore da accertarsi a mezzo CTU, oltre accessori. Vinte le spese e gli onorari di lite.

Ritualmente instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la società convenuta, contestando il ricorso ed in particolare assumendo la sussistenza della giusta causa di recesso dal rapporto, in considerazione dei gravi inadempimenti ai propri obblighi contestati all’agente e, in particolare:
-per aver questi commercializzato, attraverso la propria ditta D. il prodotto “_____”, lozione dermolenitiva, il quale
era simile e concorrente del prodotto _______ di V. e facente parte dei prodotti contrattuali assegnati all’agente, nonché il prodotto “_________”, simile e concorrente di “_____" di V., e il prodotto “__________”, concorrente con quello
di V. denominato “________”, facente parte dei prodotti contrattuali assegnati all’agente.
- per essersi reso parte attiva nella costituzione della società F., di cui faceva parte la moglie del S., la quale commercializzava prodotti concorrenti di quelli di V., e a cui veniva trasferita la commercializzazione del prodotto
___________ concorrente del _______ di V.
- di aver in particolare messo a disposizione di F. la formula del prodotto ______ di V., consentendone l’imitazione servile attraverso il prodotto _____, commercializzato da F. in tutta Italia, in tal modo vanificando gli effetti degli investimenti (pari ad euro 65.336,00) effettuati da V. nella ricerca che aveva portato alla creazione del detto prodotto, la cui sperimentazione policentrica aveva coinvolto le maggiori cliniche pediatriche d’Italia, consentendo al S., unitamente agli altri funzionari di fiducia dell’azienda sig. P. e P., incaricati di seguire personalmente la detta sperimentazione, di instaurare rapporti con personalità del mondo scientifico ed accademico di alta levatura.
Rappresentava quindi di aver all’inizio del 2011, dopo aver scoperto del lancio sul mercato del prodotto concorrente “_____”, avviato indagini accurate da cui era emerso che l’azienda P. che commercializzava il prodotto copiato
era stata costituita dai seguenti tre soci: C.C. (moglie del S.), R. C. (moglie del P.) e G. P. (amico di W.), evidenziando quindi la violazione da parte del S. sia del dovere di esclusiva che degli obblighi di informativa ex art. 1746 cc.
Contestava inoltre al ricorrente di aver approfittato della sua carica di capo area per proporre ad alcuni agenti operanti in Sicilia e in particolare all’agente monomandatario signor L., di promuovere la vendita di prodotti concorrenti rispetto a quelli di V. e commercializzati prima da D. nonché di aver, in occasione del congresso medico organizzato da V. tenutosi a Catania il 26.03.20 (ove erano presenti circa 140 medici) approfittato della sua veste di agente di V. per introdurre
abusivamente un proprio collaboratore allo scopo di proporre la vendita di prodotti concorrenti rispetto a quelli di V.
Alla luce di quanto sopra, tenuto conto del venir meno dell’elemento fiduciario caratterizzante il rapporto di agenzia e considerati il grave danno di natura patrimoniale e non patrimoniale subito a causa delle condotte contestate al S., oltre al rigetto della domanda formulata da quest’ultimo ne chiedeva in via riconvenzionale la condanna al risarcimento del danno subito, da quantificarsi avuto riguardo, tra l’altro, alle minori vendite dei prodotti sopraindicati negli anni dal 2011
al 2013, nell’importo complessivo importo di euro 169.441,00, oltre al danno all’immagine commerciale, o in quell’altro importo maggiore o minore da quantificarsi in corso di causa, oltre accessori.

Differita ex art. 418 cpc la prima udienza di comparizione, parte ricorrente replicava con rituale memoria avverso la riconvenzionale, contestando quanto ivi richiesto e chiedendone il rigetto; in particolare sottolineava di aver lavorato come agente della V. per oltre 10 anni con professionalità e diligenza, senza mai ricevere alcun richiamo o contestazione ; precisava di aver venduto nel corso del mandato, fin dal 2006, per proprio conto, tramite la propria ditta unipersonale D, alcuni prodotti cosmetici comprati dalla V., come da fatture in atti, oltre il _____, prodotto lenitivo spray che la V. non produceva, avendo in commercio solo un lenitivo in gel, evidenziando come la suddetta società fosse
sempre stata a conoscenza dell’attività svolta dal ricorrente, partecipando anche in maniera attiva alla vendita dei prodotti, circostanza quest’ultima da cui in maniera chiara emergeva una manifestazione di volontà nel non ritenere essenziale l’obbligo di esclusiva, patto mai stato oggetto di specifico accordo contrattuale con riferimento ai prodotti cosmetici commercializzati dal S., venendo per converso sottoscritto solo con specifico riferimento ad un contratto nuovo e diverso sottoscritto in data 15.04.2006 e riguardante un diverso prodotto del tutto indipendente dal precedente rapporto e riguardante la vendita del farmaco _________. Inoltre rappresentava come fosse stato il rappresentante della società, sig. B., a consigliare al S. di farsi produrre e rivendere in proprio il ____, suggerendone la formulazione, allorchè il S. gli aveva sollecitato la produzione di un lenitivo spray. Quanto alla vicenda relativa alla presunta violazione del patto di non concorrenza e/o obblighi di informazione da parte di F. ribadiva di non aver mai preso parte alla costituzione della stessa né di aver avuto alcun collegamento, facendo presente di essersi separato legalmente e consensualmente dal coniuge C.C. con decreto di omologa del ______, a seguito di crisi coniugale maturata da tempo e di separazione di fatto già dai primi mesi del 2010 e interruzione della convivenza a partire dal giugno 2010, come da documentazione in atti, rilevando quindi come alcuno degli atti posti in essere da F. potesse essere a lui ricollegabile. Quanto agli obblighi di informazione, rilevava come il _______, al pari dell’________, fosse una comune pasta all’acqua sicchè in definitiva doveva escludersi qualsivoglia obbligo di informativa di fatti notori. Infine, contestava di aver mai promosso prodotti che non fossero della V., di aver cercato di stornare agenti della stessa né di aver in qualsivoglia modo utilizzato il congresso organizzato da V. in data 26.03.20 per proporre, attraverso un suo collaboratore, prodotti concorrenti a quelli di V. Chiedeva quindi il rigetto di tutte le domande riconvenzionali spiegate dalla controparte insistendo in ricorso.

Indi, istruita la causa a mezzo di assunzione di parte delle prove orali articolate in atti e autorizzato il deposito di note, da ultimo all’odierna udienza la causa - previa riassegnazione in data 2.2.2015 a questo magistrato immesso in servizio presso l’intestato Tribunale in pari data – è stata da ultimo discussa e decisa con sentenza contestuale emessa ai sensi dell’art. 429 cpc.

Motivazione

Procedendo alla disamina delle domande oggetto del presente giudizio occorre valutare la sussistenza o meno della giusta causa del recesso dal contratto di agenzia intercorso tra le parti a partire dal 18.01.20 e conclusosi con lettera di recesso con effetto immediato da parte di V. in data 20.04.20, con cui la società lamenta il comportamento gravemente inadempiente e scorretto dell’agente rispetto agli obblighi caratterizzanti il proprio mandato, e, segnatamente, per come contestato, dell’obbligo di esclusiva, di non concorrenza, di informativa nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede che in generale devono orientare la condotta delle parti nell’ambito di un rapporto.

Appare a riguardo opportuno evidenziare come per orientamento costante della Suprema Corte, al fine di stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto o meno per un fatto imputabile al preponente o all’agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, possa essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa di cui all’art. 2119 cc., previsto per il lavoro subordinato; il giudizio sulla sussistenza di una giusta causa di recesso costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da un accertamento sufficientemente specifico degli elementi di fatto e da corretti criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo. E’ stato quindi sovente affermato come nel contratto di agenzia il rapporto di fiducia - in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali - assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, per cui ai fini della legittimità del recesso è sufficiente anche un fatto di minore consistenza. (cfr. ex plurimis Cass. 4.5.11 n. 9779; Cass. 24776/2013).
E invero, ai sensi dell’art. 1746 cc. si rammenta che “ nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari”.

Orbene, all’esito dell’istruttoria espletata, e, segnatamente della disamina della documentazione in atti, suffragata anche delle risultanze delle prove orali assunte, ritiene questo giudicante che non possa dubitarsi della effettiva sussistenza della giusta causa di recesso da parte della società V., risultando gravemente ed irrimediabilmente compromesso il rapporto fiduciario che in maniera peculiare caratterizza il contratto di agenzia, apparendo, per converso, le giustificazioni addotte dall’agente poco convincenti e come tali inidonee a smentire la oggettività delle contestazioni formulate dalla proponente.
E invero, deve rilevarsi come risulti documentalmente che S.D. abbia commercializzato attraverso la propria ditta individuale D. un prodotto denominato ___ avente le medesime caratteristiche e la medesima funzione del prodotto “______” che rientrava tra quelli ricompresi nel mandato. Il S. nel corso dell’istruttoria orale non è stato in grado di provare quanto sostenuto in ricorso riguardo al fatto che il legale rappresentante della società sig. B. fosse a conoscenza ed, anzi, avesse egli stesso suggerito al ricorrente, di produrre detto prodotto in formulazione spray, per colmare un vuoto di “mercato”, mentre il sig. B., personalmente comparso a rendere il dedotto interrogatorio formale, ha recisamente negato la circostanza.
Deve quindi evidenziarsi come alcun dubbio possa nutrirsi riguardo la sostanziale fungibilità dei due prodotti, che possono definirsi tra loro concorrenti, per come affermato anche nella relazione peritale versata in atti da V. (cfr. doc.
13a).
Né, si osserva, alcun elemento “a favore” del ricorrente può trarsi dal fatto che la società V. fosse al corrente dell’esistenza della ditta individuale, alle quale la stessa aveva nel tempo venduto dei prodotti, come da fatture in atti, atteso che detta circostanza poteva essere ritenuta “neutra”, potendo essere al più sfruttata come canale diverso di diffusione e commercializzazione di prodotti di V. anche non trattati in prima persona dal S. come agente, mentre questione ben diversa è quella di aver introdotto e quindi proposto in prima persona sul mercato un prodotto che per le proprie caratteristiche si poneva comunque in diretta concorrenza con quello prodotto dalla società V. e facente parte del mandato del S.
Pertanto si esclude che il fatto che V. avesse consentito al ricorrente di essere titolare di una propria ditta individuale potesse costituire elemento da cui desumere, in mancanza di espresse pattuizioni sul punto, il venir meno dell’obbligo di esclusiva.
In ogni modo ove mai qualche dubbio (ma così non è) poteva nutrirsi circa la “buona fede” del ricorrente, ebbene, lo stesso deve dirsi certamente venuto meno in considerazione delle successive condotte contestate, di analoga natura, al S., le quali, a parere di questo giudicante, non possono che indurre a ritenere un coinvolgimento, seppur indiretto, del S. Si osserva quindi come risulti documentalmente che nell’anno 20 venne introdotto sul mercato nazionale dalla società “_____” un prodotto denominato ______ della medesima tipologia di quello denominato “________” prodotto da V., e lanciato dalla stessa società all’esito di una lunga sperimentazione e di rilevanti investimenti (cfr. doc. 19°, 19 b, 19c).
Dall’esame della visura camerale della società “F.” risulta come la stessa sia stata costituita da tre soci fondatori, di cui una era la moglie del Capo Area del L. P., l’altra era la moglie del S., sig.ra C. C., mentre il terzo, sig. G. non è stato contestato essere amico del capoarea del Centro nord W..
Il S., a fronte di tali ineludibili circostanze documentalmente provate, ha sostenuto la propria “estraneità” alla suddetta compagine sociale, evidenziando di essersi separato legalmente dalla sig.ra C. nell’estate del 20. ma, “di fatto”
già dall’estate 20.
Ebbene, tale circostanza, a parere di questo giudicante, non può assumere valenza dirimente al fine di escludere il legame del S. con la suddetta società, ponendosi le questioni personali relative alla vita sentimentale della coppia su un piano del tutto diverso rispetto a quello oggetto di esame, in cui, inequivocabilmente, la C., coniuge o ex/coniuge del S., risulta aver costituito una società con due soggetti vicini a colleghi di lavoro del ricorrente.
Appare quindi evidente come il “trait d’union” tra la C. e gli altri soci non potesse che essere stato il S., il quale, pertanto, non poteva non essere al corrente della costituzione della suddetta società, la quale ha poi commercializzato il prodotto “______” omologo e concorrente di quello prodotto da V. all’esito di complesse sperimentazioni (cfr. elaborato peritale doc. 13c).
Né basta, al fine di sminuire la gravità della condotta gravemente violativa degli obblighi di lealtà e correttezza, il sostenere che i due prodotti in questioni non fossero altro che delle “banali” paste all’acqua, risultando documentalmente come il prodotto de qua fosse stato congegnato al fine di consentire una “durabilità” dello stesso e, comunque, fosse stato oggetto di lunga sperimentazione e di ingenti investimenti da parte di V.
Infine, ad abundantiam, ulteriori elementi a riprova del comportamento superficiale e poco leale e trasparente del S. si traggono anche da quanto riferito, dal teste L., della cui attendibilità non si ha motivo di dubitare, circa il fatto che il S. in passato gli avesse proposto di commercializzare prodotti concorrenti di quelli di V. e che questi, avesse “approfittato” del convegno organizzato da V. nel marzo 20 facendovi intervenire un soggetto suo collaboratore, tale C., estraneo all’organizzazione.
A riguardo, si osserva come a conforto dell’attendibilità del teste in questione vi è anche la documentazione versata in atti dalla società riguardante i costi sostenuti per l’organizzazione dello stesso, per catering e pernottamento, da cui si evince, per come sostenuto dallo stesso, come i partecipanti stimati fossero circa 120 (cfr. doc. 24), mentre alquanto generiche e comunque inconducenti appaiono le deposizioni dei testi di parte ricorrente (dott. C. e dott. P.), entrambi
medici presenti al convegno i quali hanno dichiarato di non essere stati “avvicinati” da alcuno.
Pertanto, alla luce delle superiori deduzioni, è evidente come nella fattispecie, l’agente S. abbia tenuto i contestati comportamenti violativi dell’obbligo di esclusiva e comunque dell’obbligo di non concorrenza, venendo meno anche agli
obblighi di informativa sanciti dall’art. 1746 cc, e ciò in palese elusione del dovere fondamentale di lealtà, buona fede e correttezza che in maniera peculiare connota il ruolo dell’agente sicchè, in definitiva, del tutto legittimo deve ritenersi il recesso “ad nutum” della V. per “giusta causa”.
In ragione di quanto sopra, la domanda di riconoscimento dell’indennità di cessazione del rapporto non può che essere rigettata.

Venendo quindi all’esame della domanda riconvenzionale formulata dalla società di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa delle sopra indicate condotte contrattuali, non può che rilevarsene la genericità, non avendo la V. adeguatamente allegato e provato, come era suo onere, l’effettiva incidenza delle suddette condotte violative degli obblighi contrattuali sul proprio fatturato, essendosi la stessa limitata a quantificare il danno asseritamente subito sulla base dei minori ricavi effettuati tra il 2010 ed i successivi anni 2011, 2012, e 2013, allegando dei generici prospetti del tutto inidonei a dimostrare che il calo delle vendite dei prodotti de qua possa essere riconducibile, in termini assoluti, all’esistenza sul mercato dei prodotti concorrenti immessi sul mercato da D. e da F.. Ancora più generica ed evanescente appare poi la richiesta formulata con riferimento alle spese sostenute per il convegno del marzo 20, non essendo stato accertato, al di là della presenza del C., che in quella sede furono poste in essere condotte pubblicitarie di prodotti concorrenti nei confronti dei medici presenti. Infine, del tutto generica si palesa la domanda di risarcimento del danno “all’immagine” per aver dovuto ricostituire la propria forza agenti nella regione Sicilia.
Si ritiene invece di poter riconoscere alla preponete il danno dalla stessa richiesto e subito per il “mancato guadagno” relativo al periodo di quattro mesi intercorrente tra il recesso per giusta causa (20.04.20) e la sostituzione dell’agente, avvenuta in data 01.09.20 (doc. 23 b e 23 d), danno che appare equo parametrare, per come indicato, nella misura del guadagno mensile della preponente sulla media delle vendite mensili realizzate dal S. negli ultimi dodici mesi, e, quindi, nella somma complessiva di euro 4400,00.
Avuto riguardo alla parziale soccombenza ed ai motivi della decisione si reputa sussistano giusti motivi per compensare ile spese di lite in ragione di metà, mentre per la restante parte seguono la soccombenza a carico del ricorrente.

PQM

Il Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando:
- Rigetta il ricorso.
- In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale condanna S. D. al pagamento nei confronti di V. della somma di euro 4400,00 , oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla maturazione al saldo.
- Rigetta per il resto la domanda riconvenzionale.
- Condanna S. D. al pagamento della metà delle spese di lite sostenute da controparte, che si liquidano in euro 2500,00, oltre spese forfettarie in ragione del 15%, IVA e CPA. Compensa la restante metà .
Catania, 11 marzo 2019
Il giudice del lavoro
(dott.ssa Antonella Resta)


 

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