Civile Sent. Sez. 2 Num. 21960 Anno 2019
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: CRISCUOLO MAURO
Data pubblicazione: 02/09/2019

SENTENZA
sul ricorso 26491-2015 proposto da:
S. A., elettivamente domiciliato in ROMA, V. DARDANELLI 13, presso lo studio dell'avvocato LEONARDO ALESII, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato PELLEGRINO FABIO COSENTINO giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
E. S., S. D., S. P.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1018/2014 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 08/10/2014;

Svolgimento del processo

1. S. A. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Chieti - sezione distaccata di Ortona, E. S., N. S., D. S. e P.S., affinché previo accertamento dell'illegittimità delle opere realizzate dai convenuti, questi ultimi fossero condannati alla demolizione delle parti comuni illegittimamente trasformate nonchè al risarcimento dei danni.
Deduceva di essere proprietario di un appartamento sito in Miglianico tra piazza Umberto I e via Borgo Forno, facente parte di un più ampio fabbricato realizzato nel corso degli anni '70 con gli eredi D.M. e che i convenuti, resisi acquirenti dai D.M., nel 1998 avevano intrapreso una serie di opere di ristrutturazione edilizia, accorpando la loro unità immobiliare ad altra facente parte di un adiacente edificio sempre di loro proprietà.
Assumeva altresì che tali interventi avevano interessato anche le strutture comuni del fabbricato danneggiando le stesse e provocando pregiudizio anche alla proprietà esclusiva dell'attore.
Nella resistenza del solo S. N., interrottosi il processo per la morte del convenuto e costituitesi quali eredi della parte deceduta S. E., S. P. e D., il
Tribunale con la sentenza del 7/11/2011 ha condannato le convenute al risarcimento dei danni subiti dall'attore, e quantificati in € 24.624,29, rigettando tuttavia la domanda di -riduzione in pristino.

La Corte d'Appello di L'Aquila con la sentenza n. 1018 dell'8/10/2014 ha rigettato l'appello del S.
In primo luogo riteneva che la decisione gravata fosse immune da vizi, logico-giuridici, e ciò alla luce della rilettura del materiale istruttorio raccolto nel corso del giudizio.
Andava, infatti, disattesa l'eccezione di nullità della CTU ed esclusa la necessità della sua rinnovazione.
Infatti, quanto alla prima, asseritamente derivante dalla mancata astensione del CTU, che aveva accettato l'incarico pur essendo legato da rapporti professionali e di amicizia con il consulente della controparte, la decisione d'appello rilevava che all'udienza del 22/2/2010, successiva a quella di
conferimento dell'incarico, correttamente era stato confermato il mandato all'ausiliario posto che i convenuti avevano sostituito il proprio consulente di parte.
Stante la tardiva deduzione della causa di astensione, ed in mancanza di una tempestiva ricusazione, la richiesta dell'attore andava ricondotta alla previsione di cui all'art. 196 c.p.c., occorrendo anche tenere conto del fatto che era stata rimossa la causa di ricusazione.
Pertanto poiché il rinnovo delle indagini peritali rientra nella discrezionalità del giudice, non si palesava la necessità della rinnovazione, atteso che le critiche miravano unicamente a riproporre le osservazioni già svolte dal proprio perito di parte, senza che quindi fosse possibile ravvisare alcuna causa di
nullità.
Nel merito, la Corte distrettuale riteneva che la CTU espletata aveva, con ampia, puntuale e riscontrata motivazione escluso l'esistenza di danni alla struttura portante in cemento armato per effetto dell'attività dei convenuti, in quanto non emergeva una considerevole variazione dello stato di sollecitazione della struttura, dovendosi altresì escludere che fosse intervenuto un mutamento della destinazione della cosa comune o che fosse stato impedito all'attore di farne un pari uso.
Andava altresì esclusa la ricorrenza della violazione. dell'art. 1120 c.c., non potendosi ravvisare nella fattispecie una situazione di diritto riconducibile al condominio.
Ne derivava che anche gli interventi alla facciata comune andavano disciplinati alla stregua dell'art. 1102 c.c., non potendosi quindi invocare il mancato rispetto del decoro architettonico.
In relazione al terzo motivo di appello, la sentenza osservava che dalla consulenza tecnica d'ufficio emergeva che i lavori di smantellamento del manto di copertura non avessero generato danni, apparendo le lamentele dell'attore, quanto al peggioramento del quadro fessurativo, ricollegabili piuttosto alla normale degenerazione superficiale di edifici vecchi.
In ordine al quarto motivo di appello che investiva la quantificazione dei danni, i giudici di seconde cure rilevavano che non si ravvisavano criticità nel ragionamento dell'ausiliario d'ufficio, fatto proprio dal giudice di primo grado, che aveva escluso danni al piano terra, al primo ed al secondo piano della
proprietà del S.

2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso S. A. sulla base di otto motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.
Il ricorrente ha depositato memorie in prossimità dell'udienza.

Motivazione

3. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Il ricorrente ha infatti depositato copia cartacea di un ricorso originale analogico, privo però di sottoscrizione cartacea, in quanto a sua volta sottoscritto con firma digitale. Inoltre anche l'attestazione di conformità, relativa però alla sola copia del ricorso notificata a mezzo PEC, alla procura per il presente
giudizio ed alla stampa dei messaggi relativi alla notifica del ricorso avvenuta a mezzo PEC, non risulta munita di valida . sottoscrizione cartacea da parte del difensore dei ricorrenti.

Va altresì evidenziato che gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede, non potendo inferirsi alcun elemento dalla loro condotta processuale, quanto alla corrispondenza dei documenti prodotti dal ricorrente agli originali ovvero alla loro conformità.

A tal fine deve farsi richiamo al principio secondo cui il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della I. n. 53 del 1994 o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l'improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificatogli ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio (Cass. S.U. n. 22438/2018; Cass. n. 27480/2018).
Nella fattispecie, non avendo gli intimati svolto difese in questa fase, ed in assenza di una seppur tardiva produzione dell'attestazione di conformità dei detti atti sino all'esito dell'udienza di discussione, non .può che pervenirsi alla declaratoria di improcedibilità del ricorso.

4. Nulla a disporre quanto alle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
5. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara il ricorso improcedibile;
ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall'art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, in data 23 maggio 20(19
Depositato in data 2 settembre 2019


 

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