REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
III Sezione Lavoro
Il Giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma, Dott. Amalia Savignano, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al Ruolo Generale delle Controversie di Lavoro e Previdenza per l’anno 2018 al n. 4657, decisa alla pubblica udienza del 26.2.2019, e vertente
TRA
C. S., rappresentato e difeso, in virtù di procura in calce al ricorso introduttivo dall’Avv. Stefano Salerno e dall’Avv. Orazio Stefano Esposito, ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Giusti 9, presso lo studio del primo
RICORRENTE
CONTRO
INAIL – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in persona del legale rapp.te p.te, rappresentato e difeso, in virtù di procura generale alle liti per atto notarile, dall’Avv. Anna Rosa Maria De Carlo, unitamente al quale è domiciliato in Roma, presso l’Avvocatura regionale INAIL per il Lazio, in P.zza delle Cinque Giornate 3
RESISTENTE
NONCHE’
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante p.t.
RESISTENTE
CONTUMACE
OGGETTO: opposizione a intimazione di pagamento e a relative cartelle di pagamento
CONCLUSIONI: per ciascuna delle parti costituite, quelle del rispettivo atto costitutivo, da intendersi qui integralmente riportate.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 9.2.2018, C. S. proponeva opposizione all'intimazione di pagamento n. 097 2017 90489550 36 000, per la somma complessiva di euro 2.365,21, notificatagli il 22.1.2018 da Agenzia delle Entrate - Riscossione e, facente riferimento alle seguenti cartella di pagamento: n. 097 2004 0363599149 000, asseritamente notificata il 14.1.2005, e n. 097 2004 0363599149 000, asseritamente notificata il 22.11.2005, relative a premi INAIL per gli anni dal 2000 al 2005 e somme aggiuntive, per un importo rispettivamente di euro 1.727,72 e di euro 637,49.
A fondamento dell’opposizione, eccepiva la prescrizione dei crediti sottostanti (essendo decorso il termine quinquennale di cui all’art. 3, commi 9 e 10, L. 335/1995, stante l’omessa notifica delle cartelle) e comunque dell’azione esecutiva volta al loro recupero, in ragione dell'arco di tempo intercorso tra il primo atto interruttivo (notifica dell’atto presupposto) ed il successivo (notifica dell’intimazione di pagamento), ben superiore al quinquennio previsto dalla legge.
Chiedeva, pertanto, annullarsi l’intimazione di pagamento opposta e dichiararsi non dovute le somme di cui alle cartelle di pagamento in premessa indicate, poste a base dell’intimazione di pagamento opposta, per intervenuta prescrizione e conseguente estinzione dell’obbligazione di pagamento delle somme ingiunte.

Non si costituiva in giudizio Agenzia delle Entrate - Riscossione pur a seguito di regolare e tempestiva notifica del ricorso introduttivo e veniva pertanto dichiarata contumace.

Si costituiva in giudizio l’INAIL, eccependo la inammissibilità dell’opposizione alle cartelle di pagamento relative ai premi INAIL, in quanto, nonostante la rituale notifica (come da estratto del ruolo prodotto in atti), non proposta nel termine perentorio di cui all'art. 24 D. Lgs. 46/99; l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione; il proprio difetto di legittimazione passiva per tutte le censure afferenti agli aspetti formali della formazione e notifica delle cartelle e dell’intimazione di pagamento, in quanto atti di competenza esclusiva del Concessionario della riscossione.

La causa veniva istruita per via documentale, quindi discussa e decisa all'udienza odierna.

Motivazione

Deve premettersi innanzi tutto che l’intimazione di pagamento, con cui l’ente concessionario invita la parte a regolarizzare il debito derivante da precedenti cartelle esattoriali o avvisi di addebito, costituisce mera comunicazione amministrativa della sussistenza di un debito rimasto inevaso, dovuta per legge nel caso in cui l’esecuzione debba iniziare oltre un anno dopo la notifica della cartella esattoriale.
Premesso, quindi, che l’intimazione di pagamento non può avere alcuna portata lesiva per il contribuente, costituendo, come detto, la mera comunicazione dell’esistenza di un debito, deve escludersi che il contribuente abbia un qualche interesse ad agire avverso la stessa, non potendo trarre dal suo annullamento alcun vantaggio. Se infatti le cartelle esattoriali o gli avvisi di addebito, costituenti il presupposto per l’invio dell’intimazione di pagamento, non sono stati opposti, il contribuente non può ottenere alcun vantaggio dall’eventuale annullamento dell’intimazione di pagamento (per un vizio formale o di notifica), in quanto sarebbe in ogni caso tenuto ad adempiere alla propria obbligazione contributiva, eventualmente a seguito di una successiva intimazione di pagamento emendata dai vizi lamentati. Se invece gli atti presupposti sono stati annullati o comunque il debito sottostante non esiste, allora l’interesse del contribuente non può essere semplicemente quello all’annullamento dell’intimazione di pagamento, bensì quello ad una pronuncia di accertamento negativo che dichiari l’inesistenza del debito.

Tanto premesso, nel caso in esame, la domanda così come proposta può invero riqualificarsi quale domanda volta all’accertamento negativo del debito sottostante.
Ebbene, valutando la fondatezza di tale domanda di accertamento, deve rilevarsi innanzi tutto che la parte opponente ha allegato di essere venuto “a conoscenza” solo dopo la notifica dell’intimazione di pagamento opposta e tramite gli estratti del ruolo degli estremi delle cartelle di pagamento sottostanti e delle presunte date di notifica.
Nel costituirsi in giudizio, l’INAIL ha prodotto in atti estratto del ruolo da cui le cartelle in questione risultano notificate. Non essendosi costituita in giudizio Agenzia delle Entrate – Riscossione non è stata tuttavia fornita la prova delle concrete modalità di detta notifica. Né la parte ricorrente, né il giudice sono stati quindi messi in condizione di verificare la regolarità della suddetta notifica.
La Suprema Corte (v. Ord. Cass. 11028/2018), partendo dalla premessa che l’estratto di ruolo sia una riproduzione fedele ed integrale degli elementi essenziali contenuti nella cartella (contenendo tutti i dati necessari ad identificare in modo inequivoco il contribuente, la natura e l’entità delle pretese iscritte a ruolo, l’ente creditore, il numero della cartelle, l’importo dovuto, l'importo già riscosso e l'importo residuo, la data di esecutività del ruolo, gli estremi della notifica della cartella di pagamento; indicazioni queste obbligatoriamente previste per legge), giunge alla conclusione che gli estratti del ruolo siano pienamente validi ai fini probatori.
Tale conclusione invero si fonda anche sul rilievo che la copia della parte del ruolo relativa al contribuente, munita della dichiarazione di conformità all'originale resa dal collettore delle imposte, costituisce prova del credito, ai sensi dell'art. 2718 cod. civ. (secondo cui le copie parziali o le riproduzioni per estratto, rilasciate nella forma prescritta da pubblici ufficiali che ne sono depositari e sono debitamente autorizzati, fanno piena prova solo per quella parte dell'originale che riproducono letteralmente).

In difetto di tale attestazione (nel caso di specie mancante, trattandosi piuttosto di mere “visualizzazioni iter del ruolo”), dunque, il suddetto valore probatorio non può ritenersi sussistente.
In ogni caso, deve dubitarsi fortemente che detto valore probatorio possa estendersi anche alla regolarità della notifica della cartella di pagamento. Se infatti la finalità dell’estratto di ruolo è quella di consentire al contribuente di apprestare le sue difese e al giudice ove adito di verificare la fondatezza della pretesa creditoria (v. in tal senso Ord. Cass. cit.), l’estratto del ruolo non può certo assolvere all’onere probatorio della regolarità della notifica della cartella esattoriale, recando semplicemente la data dell’asserito perfezionamento della suddetta notifica ed implicando l’accertamento dell’esistenza di una regolare notifica una valutazione in diritto non certo rimettibile al depositario del ruolo.
In conclusione, in difetto della produzione della documentazione comprovante le concrete modalità di notifica delle due cartelle in oggetto (stante la contumacia di Agenzia delle Entrate – Riscossione), non può ritenersi provata la regolarità e quindi l’effettività delle suddette notifiche.

La contestazione della fondatezza della pretesa creditoria sottostante (mediante l’eccezione di prescrizione, per decorrenza del termine quinquennale di cui all’art. 3, commi 9 e 10, L. 335/1995), non può quindi essere ritenuta tardiva.
In ogni caso, poi, anche volendo ritenere provato che le cartelle in questione siano state regolarmente notificate nelle date indicate nei predetti estratti del ruolo (o meglio come detto nelle predette “visualizzazioni iter del ruolo”), non può ignorarsi che tra la notifica dei suddetti atti presupposti (rispettivamente in data 14.1.2005 e 22.11.2005) e la notifica dell’intimazione di pagamento (in data 22.1.2018) sono trascorsi più di dieci anni; sicché deve ritenersi comunque fondata l’eccezione di prescrizione della pretesa creditoria (o meglio dell’azionabilità in forma esecutiva della pretesa creditoria) ulteriormente sollevata dalla difesa di parte ricorrente, stante la decorrenza del termine per giunta quinquennale (v. Cass. SS.UU. 23397/2016, secondo cui “la scadenza del termine per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del D. Lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza della possibilità di proporre l’impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo, senza determinare anche la ‘conversione’ del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della L. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.”, applicandosi, come detto, “tale ultima disposizione solo nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo”, laddove le cartelle di pagamento hanno natura di atto amministrativo, non avente quindi attitudine ad acquistare efficacia di giudicato).

Né può ritenersi che la parte ricorrente abbia rinunciato alla prescrizione, per effetto di un pagamento effettuato in data 27.10.2014 (così come documentato dall’estratto del ruolo relativo alla prima cartella).
Se è vero che l’art. 2937 c.c., nel disciplinare la possibilità di “rinunzia alla prescrizione” da parte di chi “può disporre validamente del diritto”, “quando questa è compiuta”, prevede al comma 3 che “la rinunzia può risultare [anche] da un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione”, il pagamento parziale di un debito non rappresenta in sé rinuncia alla prescrizione, così come il riconoscimento parziale di un debito non propaga automaticamente i suoi effetti interruttivi della prescrizione all’intera posta (v. Cass. 23746/2007; 12624/2011).
La volontà di rinunciare alla prescrizione e l’estensibilità di tale volontà all’intero debito può farsi discendere solo dalla valutazione del contesto in cui il pagamento parziale ed il riconoscimento parziale di debito sono avvenuti. In difetto quindi della prova che il suddetto pagamento sia stato effettuato in seguito ad una istanza di rateizzazione presentata dal debitore, non appare possibile attribuire allo stesso il significato inequivoco di rinuncia alla prescrizione.

E’ poi appena il caso di osservare che gli ulteriori atti indicati come interruttivi della prescrizione risultanti dagli estratti di ruolo sono tutti successivi alla data di notifica dell’intimazione di pagamento e dunque privi di rilievo.
In conclusione, per quanto sopra esposto, deve dichiararsi la prescrizione dell’azione esecutiva relativa al credito di cui alle cartelle sottostanti all’opposta intimazione di pagamento.
Considerate le ragioni sottese all’accoglimento del ricorso, le spese di lite vanno poste esclusivamente a carico di Agenzia delle Entrate - Riscossione.

PQM

Definitivamente pronunciando, così provvede:
1. dichiara la prescrizione dell’azione esecutiva relativa ai crediti di cui alle cartelle sottostanti all'opposta intimazione di pagamento;
2. condanna Agenzia Entrate-Riscossione a rifondere le spese di lite sostenute dalla parte ricorrente, che di liquidano in euro 1.750,00, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario spese generali.
Roma, 26.2.2019.
Il Giudice del Lavoro
Dott. Amalia Savignano


 

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