REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, dott.ssa Antonella Resta, all’udienza di discussione del 30 gennaio 2017 ha pronunciato, ex art. 429 c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 6500/2012 R.G. Sez. Lavoro, promossa
DA
P. S., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso introduttivo, dall’avv. Orazio Stefano Esposito;
- opponente -
CONTRO
Riscossione Sicilia S.p.a. (gia Serit Sicilia S.p.a.), Agente della riscossione per la provincia di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’avvocato Lea Principato;
INPS, in persona del legale la presentante pro tempore, anche quale mandatario di SCCI , rappresentato e difeso, giusta procura generale dall'avvocato Riccardo Vagliasindi;
- Opposti -
Oggetto: opposizione avverso:
1) all’intimazione di pagamento n. 293____ di cui alla cartella n. 293___, avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di euro 19.170,09, pretesa a titolo di contributi contributi inps e somme aggiuntive, anni 1988-2001.
Conclusioni: come da verbali di causa.

Motivazione

In via preliminare va esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalle resistenti, in quanto proposto 04.07.2012 e quindi oltre il termine perentorio di quaranta giorni dalla notifica della cartella.
Sul punto, peraltro, va precisato che l'ammissibilità dell’opposizione va esaminata d’ufficio dal giudice, anche nell’ipotesi di contumacia dei convenuti, atteso che il termine previsto per l’impugnazione della cartella esattoriale dall’art.24, comma 5°, del D.Lgs. n. 46 del 1999, avente carattere perentorio, deve considerarsi fissato a pena di decadenza, così come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. C. Cass. 4506/2007; in merito alla rilevabilità d’ufficio della inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine perentorio di cui all’art. 617 c.p.c., inoltre, v. C. Cass. 8765 del 1997, C. Cass. 9912 del 2001, C. Cass. 17460/2007, C. Cass. 3404/2004).

Da quanto detto discende che, ai fini della verifica della tempestività della presente opposizione, non assume rilievo la eventuale tardività della costituzione della Serit Sicilia S.p.A. , dovendosi egualmente esaminare la documentazione prodotta dalla predetta parte a dimostrazione della regolare notifica delle cartelle esattoriali opposte.
In relazione al termine per proporre opposizione al ruolo, il citato art. 24 co. 5 d.lgs. 46/1999 stabilisce che “contro l'iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore”.
In relazione al termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, l’art. 29 d.lgs. 46/1999 stabilisce che “le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie”, per cui trova applicazione l’art. 617 co. 1 c.p.c., secondo cui “le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l’esecuzione, davanti al giudice indicato nell’art. 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto” (il previgente termine di 5 giorni è divenuto di venti giorni a decorrere dal 1° marzo 2006 per effetto delle modifiche apportate dal d.l. 35/2005, conv. in l. 80/2005).

Al riguardo, la Suprema Corte ha recentemente statuito che “In tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, è possibile esperire, con un unico atto, sia un'opposizione sul merito della pretesa oggetto di riscossione, di cui all'art 24 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sia un'opposizione agli atti esecutivi, inerente l'irregolarità formale della cartella, regolata dagli art. 617 e 618 bis cod. proc. civ., per il rinvio alle forme ordinarie operato dall'art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 46 del 1999. Ne consegue che, qualora l'opposizione sia stata depositata entro il termine perentorio di quaranta giorni, di cui all'art 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, ma oltre quello di venti giorni, di cui all'art. 617 cod. proc. civ. (come modificato dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. in l. 14 maggio 2005, n. 80, vigente "ratione temporis"), va ritenuta la tardività delle eccezioni formali, ossia di quelle attinenti la regolarità della cartella di pagamento e della notificazione”, così superando l’indirizzo in precedenza espresso da C. Cass. 14963/2012 (cfr. C. Cass. 15116/2015, che richiama C. Cass. 25757/2008 e C. Cass. 18207/2003).

In ordine alla natura del predetto termine e alle conseguenze della sua inosservanza, va osservato che la Suprema Corte ha avuto modo di affermare, con orientamento condiviso da questo giudice, che detto termine “è accordato dalla legge al debitore per l’opposizione nel merito della pretesa contributiva, al fine di instaurare un vero e proprio processo di cognizione per l’accertamento della fondatezza della pretesa dell’ente. Detto termine deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo”. (cfr. C. Cass. Cass. 17978/2008; e, negli stessi termini, v. anche C. Cass. 14692/2007; C. Cass. 4506/2007).
La Suprema Corte ha ancora precisato che “la perentorietà del termine può desumersi inoltre dalla natura perentoria del termine previsto dalla precedente disciplina della materia, sancita dall'abrogato art. 2 della legge n. 389 del 1989, senza che ad essa sia di ostacolo il fatto che l'iscrizione a ruolo avvenga in mancanza di un preventivo accertamento giudiziale, essendo consolidata nell'ordinamento, come per le iscrizioni a ruolo delle imposte dirette o indirette, la categoria dei titoli esecutivi formati sulla base di un mero procedimento amministrativo dell'ente impositore”.
Infine, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che “l'accertamento della tempestività dell'opposizione, con riguardo all'osservanza del termine prescritto dal D.L. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, in quanto involge la verifica di un presupposto processuale quale la proponibilità della domanda, è un compito che il giudice deve assolvere a prescindere dalla sollecitazione delle parti, conseguendo dal mancato rilievo della eventuale carenza di quel presupposto la stessa nullità della sentenza - rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, in ragione del difetto di potestas judicandi derivante dalla preclusione dell'azione giudiziale (cfr. Cass., Sezioni unite, n. 3176 del 1984; con riferimento al processo previdenziale, applicabile nella specie ai sensi del sesto comma dell'art. 24 cit., cfr. Cass. n. 13331 del 2001; n. 3947 del 2002). Ciò comporta che, nella specie, l'allegazione dell'Istituto, contenuta nella memoria di costituzione depositata tardivamente, si configura come una mera difesa, volta alla declaratoria di inammissibilità dell'opposizione, e non come un'eccezione in senso stretto, cioè, a norma dell'art. 416 c.p.c., comma 2, come un'eccezione (processuale) non rilevabile d'ufficio, da proporre, a pena di decadenza, con la memoria costitutiva da depositare nel termine previsto dal primo comma dello stesso articolo (almeno dieci giorni prima dell'udienza), né come una contestazione "circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda", da proporre anch'essa nello stesso termine - giusta il disposto del medesimo art. 416 c.p.c., comma 3, - ma con esclusivo riguardo a fatti costitutivi non rilevabili d'ufficio e non, dunque, con riguardo a presupposti processuali (cfr. Cass., Sezioni unite, n. 761 del 2002).

Quanto alle censure riguardanti i documenti depositati in ritardo, mette conto rilevare che la correttezza della acquisizione deriva - per la sentenza qui impugnata - non tanto dalla considerazione di una facoltà di produzione sine die (esclusa anche per le prove documentali: cfr., da ultimo, Cass., Sezioni unite, n. 8202 del 2005; Cass. n. 2035 del 2006), come lamenta la ricorrente, quanto dalla "legittimità di un accertamento anche d'ufficio".
L'affermazione merita di essere condivisa in base alla considerazione che, sebbene vada esclusa una consequenzialità fra accertamento officioso e ammissibilità di prove tardive (atteso che il principio generale secondo cui l'allegazione dei fatti non può andare disgiunta dalla prova della loro esistenza opera anche per le eccezioni rilevabili d'ufficio: cfr. Cass., Sezioni unite, n. 15661 del 2005; id. n. 1099 del 1998), tuttavia il potere-dovere del giudice di verificare la tempestività dell'opposizione implica un accertamento correlato non soltanto alle risultanze già ritualmente acquisite al processo ma anche a quelle che, in base alle circostanze del caso concreto, il giudice può e deve acquisire per sua iniziativa anche aliunde, in applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., in considerazione della natura pubblicistica della decadenza (cfr. Cass. n. 11798 del 2006; n. 10038 del 2004; n. 8549 del 1987; Cass., Sezioni unite, n. 1006 del 2002): nella specie, l'utilizzazione dei documenti prodotti dall'Istituto opposto risulta correttamente effettuata anche in ragione di un criterio di economia processuale, stante che la pregressa e rituale acquisizione di documenti relativi al procedimento di comunicazione della cartella esattoriale, non comprendente l'avviso di ricevimento, ben avrebbe giustificato la integrazione di essi per iniziativa del giudice, con l'acquisizione d'ufficio di tale avviso al fine di verificare la data di ricevimento” (cfr. C. Cass. 11274/07, in motivazione).

Pertanto, la mancata opposizione nel termine suddetto rende definitivo e non più contestabile il credito dell’ente previdenziale.
Nella fattispecie in esame, Riscossione Sicilia S.p.A. costituendosi ha prodotto referto di notifica della cartella in epigrafe indicata, da cui si evince la notifica dell'atto avvenuta ai sensi dell'articolo 140 c.p.c in data 06.03.2003 , ma non ha tuttavia versato in atti l’ avviso di ricevimento della raccomandata integrativa, necessario ai fini del perfezionamento della notifica a pena di nullità della stessa.
Invero, in ordine al momento perfezionativo della notifica ex art. 140 c.p.c., la Suprema Corte ha avuto modo di affermare nella ordinanza interlocutoria a S.U. n. 458 del 13/01/2005 che la notificazione nei confronti del destinatario si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento); tuttavia, poiché tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione (cfr, nello stesso senso, Cassazione civile, sez. III, sentenza 15 maggio 2009, n. 11331).

Peraltro, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 3/2010 ha dichiarato parzialmente illegittimo il sopra citato articolo (140 c.p.c.), nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario della stessa, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
Nella fattispecie in esame, non risultando la prova del ricevimento della raccomandata con la quale si sarebbe dovuto dare notizia del compimento delle formalità (ex art. 140 c.p.c.) al destinatario dell’atto, la notifica della cartella in questione - contestata dall’opponente - non può ritenersi perfezionata (Corte Cost. n. 3/2010).
Di conseguenza, l’opposizione de qua, che da tale cartella è scaturita, non può considerarsi tardiva e si devono andare a esaminare nel merito le contestazioni mosse dall’opponente quanto alla esistenza stessa dei crediti iscritti a ruolo in questione.

In proposito, va quindi ritenuta fondata l’eccezione di intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti iscritti a ruolo, oggetto della cartella impugnata, risalenti agli anni dal 1988 al 2001.Invero, ai sensi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, commi 9 e 10, la prescrizione diviene quinquennale a partire dal 1° gennaio 1996 anche per i crediti maturati e scaduti in precedenza; per i contributi relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge, il termine decennale permane ove siano stati compiuti dall’Istituto atti interruttivi, ovvero siano iniziate, durante la vigenza della precedente disciplina, procedure per il recupero dell’evasione contributiva (cfr. in questo senso, Cass., sez. lav., 2008, n. 6173; Cass., sez. lav., 2006, n. 26621; Cass., sez. lav., 2005, n. 3846; Cass., sez. Lav. 2005, n. 9962; Cass., sez. lav., 2004, n. 46; Cass., sez. lav., 2003, n. 19334).
Nella specie, non vi è prova di tempestivi atti interruttivi compiuti dall’Istituto né di procedure di recupero iniziate nel rispetto della normativa previgente.
Trova, perciò, applicazione al caso in esame il termine di prescrizione quinquennale che, in relazione ai crediti portati dalle cartelle di pagamento impugnate risulta ampiamente maturato, rilevandosi da ultimo, per mero scrupolo tuzioristico, l’irrilevanza ed inutilizzabilità della documentazione versata in atti dall’agente della riscossione tardivamente costituitosi in giudizio.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono poste a carico di Riscossione Sicilia S.p.A., soggetto titolare della procedura di riscossione del credito; stante l’estraneità dell’INPS alla predetta procedura, sussistono eccezionali ragioni per la compensazione integrale delle spese di lite tra l’opponente ed il predetto ente.

PQM

definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta dalla parte ricorrente in epigrafe indicata :
accoglie l’opposizione ex art. 24 comma 5 del d.lgs 46/99 e dichiara non dovute perchè prescritte le somme ivi richieste.
condanna Riscossione Sicilia S.p.A. a rifondere all’opponente le spese processuali, che vengono liquidate in complessivi € 1.775,00, oltre IVA e CPA come per legge e spese forfettarie al 15% da distrasi in favore del procuratore antistatario;
compensa interamente le spese di lite tra l’INPS e l’opponente
Catania, 30 gennaio 2017
Il Giudice del Lavoro
dott. ssa Antonella Resta


 

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