REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 534 del 2017, proposto dalla Sud Montaggi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paolo Bello, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari alla via Arcivescovo Vaccaro 45 e con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE)
contro
I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cosimo Nicola Punzi, Chiara Contursi e Raffaele Tedone, con ufficio presso l’Avvocatura regionale I.N.P.S. in Bari alla via Putignani n. 108 e con domicili digitali come da P.E.C. iscritte al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);
per l'annullamento
- della nota del 28.3.2017, trasmessa in pari data, della Direzione Provinciale dell'I.N.P.S. di Bari di rigetto della domanda di proroga della concessione dell’integrazione salariale ordinaria (C.I.G.O.) presentata dalla società ricorrente in data 26.1.2017 (per le settimane ricomprese nel periodo dal 16.1.2017 al 15.4.2017);
- di ogni altro atto ad essa comunque connesso, presupposto e/o conseguenziale;
nonché per la declaratoria della concessione della proroga della richiesta integrazione salariale ordinaria per il suddetto periodo, con ammissione al pagamento diretto delle spettanze rivenienti dalla predetta proroga a carico dell'I.N.P.S.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’I.N.P.S.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2020 il dott. Lorenzo Ieva;
Dato atto che l’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;
Dato atto che alcun atto è stato depositato dalle parti ai fini della presenza a verbale, ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Motivazione

1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’istante impresa, che svolge la propria attività nel settore dell’impiantistica civile e industriale e delle costruzioni in acciaio, impugnava il diniego di proroga della concessione della C.I.G.O. richiesta il 26 gennaio 2017 per l’ulteriore periodo dal 16 gennaio 2017 al 15 aprile 2017, pari a 13 settimane (in relazione a 33 lavoratori, di cui 29 operai e 4 impiegati).

In precedenza, in conseguenza della crisi del mercato di riferimento, in data 20 ottobre 2016, la società ricorrente aveva presentato istanza, accolta dall’I.N.P.S. di Bari, per la concessione della C.I.G.O., per il periodo dal 17 ottobre 2016 al 14 gennaio 2017, sempre pari a 13 settimane, indicando quale causale la mancanza di ordini, commesse e lavoro riguardante 25 lavoratori (di cui 23 operai e 2 impiegati), con prevista ripresa dell’attività in data 16 gennaio 2017 in vista della partecipazione a numerose gare di appalto.

Inoltre, veniva richiesto il pagamento diretto delle integrazioni salariali, ai sensi dell’art. 7, comma 4, d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148, motivando in ragione di una momentanea crisi di liquidità, stante la difficoltà di recuperare crediti vantati nei confronti di imprese sottoposte a procedure concorsuali per un complessivo importo di € 1.027.232,00.

2.- Si costituiva l’I.N.P.S., deducendo la legittimità del diniego di proroga della concessione della C.I.G.O, basata sull’insussistenza dei presupposti e sulla carenza di prova circa la temporaneità della crisi, ritenendo la stessa aver natura strutturale immanente all'organizzazione produttiva. Ribadiva, inoltre, che il fatturato indicava un incremento e che la difficoltà derivante dal recupero crediti non è prevista come “causa integrabile” per la corresponsione diretta delle somme da C.I.G.O., possibile invece solo nelle diverse previste ipotesi eccezionali.

3.- Sulla base alla sommaria cognizione tipica della fase cautelare, veniva respinta l’istanza di misure idonee a salvaguardare la posizione della ricorrente; in vista dell’udienza pubblica venivano scambiati ulteriori documenti, memorie e repliche, indi il ricorso veniva trattenuto in decisione.

4.- Il ricorso è fondato.

4.1.- Con i primi due motivi, considerabili unitariamente, viene censurata la violazione di legge, segnatamente dell’art. 11 del d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e carente motivazione, per illogicità e irragionevolezza, inoltre l’eccesso di potere per contraddittorietà manifesta rispetto a precedente atto.

Ritiene il Collegio che il gravato provvedimento di diniego contrasti con la censurata nuova disciplina della C.I.G.O. (Cassa integrazione e guadagni ordinaria), che di seguito si riassume.

In primis, va considerato che il d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148 recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro”, al capo II, ha disciplinato le nuove modalità di concessione della C.I.G.O.

Il d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148 è uno dei decreti legislativi di attuazione della legge delega del 10 dicembre 2014 n. 183 (c.d. Jobs Act). Il decreto ha semplificato i procedimenti di concessione delle integrazioni salariali e meglio definito i requisiti di accesso e la documentazione da produrre, ai fini della valutazione che l’Istituto di previdenza è tenuto in merito ad esprimere.

L’integrazione salariale è un ammortizzatore sociale che permette al prestatore di lavoro, parte contrattuale debole nel rapporto lavorativo, di fruire della continuità del salario, pur a fronte di eventi che ostacolino il normale dispiegarsi dell’obbligazione negoziale da lavoro.

Alla funzione originaria di salvaguardia della continuità del salario, assicurata dalla C.I.G.O. (Cassa integrazione e guadagni ordinaria), si è poi aggiunta la funzione di tutela dei livelli occupazionali, tramite la C.I.G.S. (Cassa integrazione e guadagni straordinaria).

Nella fattispecie concreta, viene in evidenza un caso di istanza di C.I.G.O., comportante l’erogazione di un’indennità da parte dell’Istituto preposto e integrato dallo Stato (art. 38 Cost.), ossia dall’I.N.P.S, che permette al prestatore di lavoro di non perdere il proprio sostentamento, mentre il datore di lavoro è sollevato dal costo correlato al versamento (totale o parziale) della retribuzione.

Più specificamente, è stata richiesta una proroga di ammissione alla C.I.G.O. pari ad ulteriori 13 settimane, con istanza presentata, in via telematica, entro i quindici giorni dall’inizio del periodo di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, come stabilito dall’art. 15, commi 1 e 2, del d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148.

L’art. 11 del d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148 specifica che ai dipendenti delle imprese indicate all’art. 10 – tra le quali rientra la Sud Montaggi s.r.l. – che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto è corrisposta l’integrazione salariale ordinaria in caso di “situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali” oppure di “situazioni temporanee di mercato”.

Il Collegio non può che rilevare come l’evento dedotto nella presentazione della domanda di proroga, ossia la “carenza di commesse”, si appalesi come transitorio, legato ad una situazione temporanea del mercato, peraltro avendo l’istante espressamente indicato la data della ripresa dell’attività aziendale, in vista della consegna dei lavori, prevista per fine aprile 2017, di un appalto aggiudicato.

Tale circostanza non è stata considerata dall’Istituto previdenziale, il quale, prendendo spunto dalla domanda accessoria del “pagamento diretto” (presentata per “la difficoltà derivante dal recupero crediti”) ha denegato la proroga, assumendo che, dai riscontri effettuati, v’è un incremento di fatturato e che la difficoltà di recupero di crediti non costituisca comunque “causa integrabile”.

La società ricorrente infatti appunta la propria censura di violazione di legge e di eccesso di potere per difetto di istruttoria e carente motivazione, proprio su detto punto.

Peraltro, circa la natura transitoria della situazione di mercato, la ricorrente ha dimostrato il proprio impegno nella partecipazione a numerose procedure di appalto, tant’è che ha nelle more conseguito l’aggiudicazione di un appalto di lavori, la cui consegna, stimata a partire dalla fine di aprile 2017, coincide proprio con il periodo finale indicato nella richiesta di proroga C.I.G.O.

Va poi considerato che la domanda presentata dalla Sud montaggi s.r.l. in data 26 gennaio 2017 costituisce un’istanza di mera proroga circostanziata, rispetto alla C.I.G.O. già richiesta per il periodo compreso tra il 17 ottobre 2016 e il 14 gennaio 2017, invece considerata favorevolmente dall’Istituto di previdenza, per cui v’è contraddittorietà nell’attività amministrativa. La stessa non costituisce una immotivata o ennesima istanza di proroga priva di sostegno giustificativo.

Infatti, i periodi complessivamente richiesti rientrano nel limite massimo stabilito di 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148, salvo l’ipotesi di parziale deroga pure in astratto contemplata, sussistendo talune condizioni, dal successivo comma 4.

In merito, va precisato che il d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148 ha dettato una nuova disciplina della materia, maggiormente organica rispetto alla precedente, che peraltro ha trovato nel decreto n. 95442 del 15 aprile 2016 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la propria disciplina attuativa.

Parimenti l’I.N.P.S., prima nel messaggio n. 2908 del 1° luglio 2016, poi con la più ampia circolare n. 139 del 1° agosto 2016, ha inteso completare il quadro normativo di riferimento, dettando la prassi dell’istituto da seguire nell’istruzione delle domande di concessione della nuova C.I.G.O.

La C.I.G.O. è riconosciuta in presenza della ricorrenza di uno dei due presupposti: a) situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali; b) situazioni temporanee di mercato (art. 11 d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148; art. 1, comma 1, d.m. 15 aprile 2016).

Il d.m. 15 aprile 2016 n. 95442 ha anche precisato i requisiti di “transitorietà” e “non imputabilità” della situazione oggettiva aziendale di crisi, che legittima l’intervento di G.I.G.O.

La “transitorietà” di crisi della situazione aziendale o della situazione di mercato sussistono quando è prevedibile, al momento della presentazione della domanda di C.I.G.O., che l’impresa riprenda la normale attività lavorativa. Inoltre, la “non imputabilità” all’impresa o ai lavoratori della situazione di crisi consiste nella involontarietà e nella non riconducibilità a imperizia o negligenza delle parti della stessa (art. 1, commi 2 e 3, d.m. 15 aprile 2016).

Alla domanda, è acclusa, ai fini della concessione della C.I.G.O., una relazione tecnica dettagliata, elaborata dall’impresa (ai sensi dell’art. 47 d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445), con l’indicazione delle ragioni che hanno determinato la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa, a dimostrazione, sulla base di elementi oggettivi, che l’impresa continua a operare sul mercato (art. 2, comma 1, prima parte, d.m. 15 aprile 2016).

Detti elementi possono essere supportati da documentazione sulla solidità finanziaria dell’impresa o da documentazione tecnica concernente la situazione temporanea di crisi del settore, le nuove acquisizioni di ordini o la partecipazione qualificata a gare di appalto, l’analisi delle ciclicità delle crisi e l’indicazione della C.I.G.O. già concessa (art. 2, comma 1, seconda parte, d.m. 15 aprile 2016).

Integra la fattispecie «mancanza di lavoro o di commesse» la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa derivante dalla significativa riduzione di ordini e commesse. Integra la fattispecie «crisi di mercato» la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per mancanza di lavoro o di commesse derivante dall'andamento del mercato o del settore merceologico a cui appartiene l’impresa, di cui costituiscono indici il contesto economico produttivo del settore o la congiuntura negativa che interessa il mercato di riferimento (art. 3, commi 1 e 3, d.m. 15 aprile 2016).

Quanto al profilo concernente le domande di mera proroga, l’I.N.P.S. ha chiarito, fin dal messaggio n. 2908 del 1° luglio 2016, recante prime indicazioni operative della nuova disciplina, che anche le richieste di proroga della domanda originaria devono essere accompagnata da apposita “relazione tecnica”, in quanto domande distinte, tal da manifestare “il perdurare delle ragioni di integrazione presentate nella prima istanza”.

Ergo, si ammette la presentazione di domande di proroga – possibile in quanto vengono in evidenza nell’ambito della C.I.G.O. mere stime di ripresa dell’attività – purché suffragate da nuova relazione tecnica apposita (anche integrativa della precedente) e valide motivazioni, che non dissimulino invece immotivati intenti dilatori volti a procrastinare in modo indeterminato lo stato di crisi; talché appaiono incompatibili con detto istituto le sole proroghe immotivate e reiterate senza soluzione di continuità.

Nella fattispecie concreta, v’è una sola domanda di proroga, accompagnata dalla documentazione richiesta dalla normativa di attuazione e dalla prassi amministrativa dell’Istituto. I due periodi, le prime 13 settimane, seguite dalle altre 13 settimane, si collocano nell’ambito del limite massimo ordinario delle 52 settimane.

L’impresa istante ha prodotto ampia documentazione a supporto dell’istanza di proroga, richiesta per una sola volta, per tre mesi (dal 16 gennaio 2017 al 15 aprile 2017), indicando con sufficiente accuratezza l’incipit della “ripresa” economica e dell’attività, coincidente con l’affidamento di appalti a seguito di gare.

Va inoltre considerato che il provvedimento di concessione o di rigetto, totale o parziale, della domanda di C.I.G.O. (anche se riferita a domanda di mera proroga) deve contenere una “motivazione adeguata”, che dia conto degli elementi documentali e di fatto presi in considerazione, anche con riferimento alla prevedibilità della ripresa della normale attività lavorativa (art. 11, comma 1, d.m. 15 aprile 2016).

La motivazione opposta dall’I.N.P.S. è invece stereotipata e risulta la seguente: “Dall’analisi degli indicatori economico-finanziari non si rileva un calo significativo del fatturato, risulta invece un forte incremento dello stesso. Inoltre la difficoltà derivante dal recupero crediti non è causa integrabile”.

L’istanza di proroga di C.I.G.O. è stata invece richiesta sulla base della persistenza di “un periodo di contrattura” del mercato di riferimento, stante la “mancanza di ordini e di commesse”, affermandosi che “La necessità di ricorrere a una proroga dell’integrazione salariale esula dalla politiche di gestione aziendale e risulta necessaria in un momento di mancanza di commesse”.

La relazione tecnica allegata alla domanda dà atto della ripresa della piena attività in correlazione della avvenuta aggiudicazione di un appalto presso il nuovo stabilimento Freud s.p.a. (gruppo Bosch) con decorrenza fine aprile 2017. Indi, è addirittura specificato l’appalto che contrassegna la ripresa dell’attività.

Al contrario, l’I.N.P.S., come lamentato dalla società ricorrente, non ha motivato in modo puntuale sulla dedotta e circostanziata “ripresa” dell’attività, dando per assodato – stando alla difesa – un invece insussistente quadro di perdurante difficoltà generale del mercato di riferimento dell’impresa, frutto della parziale lettura degli atti, pur essendo le due domande (la prima ammessa e la seconda di proroga invece rigettata), in base agli atti prodotti dalla parti, collocate nel limite ordinario massimo delle 52 settimane.

Parimenti inconferenti sono altri profili delle difese dell’Istituto, non attinenti al caso di specie.

Pertanto, il provvedimento gravato si appalesa in violazione dell’art. 11 del d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148, nonché viziato per eccesso di potere per irragionevolezza e carente motivazione e istruttoria, essendo pur previsto dalla richiamata normativa l’integrazione degli elementi acquisiti, qualora non sufficientemente eloquenti per l’Istituto (art. 11, comma 2, d.m. 15 aprile 2016 n. 95442 e punto 3, 11^ alinea, circolare I.N.P.S. 1° agosto 2016 n. 139).

In definitiva, i primi due motivi di ricorso vanno accolti.

4.2.- Con riferimento al terzo motivo concernente la domanda accessoria di pagamento diretto della C.I.G.O., il ricorrente censura invece la violazione di legge e segnatamente dell’art. 7, comma 4, d.lgs. 14 settembre 2015 n. 148, nonché l’eccesso di potere per contraddittorietà manifesta, illogicità e irragionevolezza.

Invero, in alternativa al meccanismo ordinario del “conguaglio” tra contributi da versare e somme da incassare, per i soggetti ammessi alla C.I.G.O., è previsto il meccanismo eccezionale del “pagamento diretto” delle somme spettanti da parte della sede dell'I.N.P.S. “in presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell'impresa, su espressa richiesta di questa”.

Sul punto, la direttiva I.N.P.S., contenuta nel messaggio del 15 dicembre 2009 n. 29223, ha precisato che, stante l’attuale periodo di crisi, le situazioni che legittimano il “pagamento diretto” consistono non solo nella sottoposizione a procedure concorsuali, nella cessazione delle aziende e nella comprovata crisi finanziaria delle stesse – già individuate con il messaggio del 7 ottobre 2005 n. 33735 – ma anche nelle “difficoltà aziendali dovute a carenza di liquidità”.

Il parametro oggettivo, uniforme e notorio impiegato come principale indicatore del livello di salute finanziaria di un’impresa è costituito dell’indice di liquidità corrente (I.L.C.), corrispondente al rapporto tra l’attivo circolante e le passività correnti, come risultanti dall’ultimo bilancio approvato o dal bilancio provvisorio infra-annuale.

Dalla definizione appena riportata discende che “la misura ideale dell’I.L.C. deve considerarsi pari o superiore a uno”, in quanto in tal caso “le disponibilità attive correnti iscritte in bilancio sono in grado di coprire o sopravanzare le corrispondenti passività di breve periodo” (T.A.R. Campania, sez. I, 19 gennaio 2017 n. 422).

Come richiesto dall’I.N.P.S., nel richiamato messaggio del 15 dicembre 2009 n. 29223, l’odierna ricorrente ha allegato all’istanza di proroga della concessione della C.I.G.O. un’apposita relazione a firma del legale rappresentante, recante l’indicazione della liquidità differita e corrente dell’impresa e delle relative passività correnti, evidenziando un I.L.C. pari a 0,02.

Tale valore – pari quasi a zero e, quindi, inferiore alla misura ideale dell’indice di liquidità corrente – attesta in modo oggettivo la sussistenza del presupposto, richiesto per la concessione del beneficio del c.d. pagamento diretto, consistente nella presenza di una situazione di grave difficoltà aziendale dovute a carenza di liquidità.

Inoltre, va precisato che non riveste un ruolo assorbente l’incremento del solo fatturato, che indica un fattore finanziario diverso dalla “liquidità corrente”, che va invece calcolato, rapportando lo “attivo circolante” alle “passività correnti”. Peraltro, nel caso di specie, il fatturato rilevato come in aumento fa riferimento a maturati incassi, dovuti però a commesse datate.

Pertanto, il motivo va accolto.

5.- In conclusione, il ricorso, in considerazione delle motivazioni sopra esposte, va accolto, con annullamento degli atti impugnati e riconoscimento della spettanza della C.I.G.O. in proroga, così come richiesta compresa l’ammissione al pagamento diretto.

6.- Le spese, per la complessità e parziale novità delle questioni poste, vanno compensate.

PQM

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, con l'intervento dei magistrati:
Giuseppina Adamo, Presidente
Francesco Cocomile, Consigliere
Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore


 

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