REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore - Presidente -
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -
Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere -
Dott. GIUSTI Alberto - rel. Consigliere -
Dott. SCARPA Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. D.V.G., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv. Mario Nuzzo, con domicilio eletto nel suo studio in Roma, via Cassiodoro, n. 9;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO GIGLI s.r.l., in persona del curatore fallimentare pro tempore; MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore; PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ISERNIA;
- intimati -
avverso l'ordinanza del Tribunale di Isernia in data 7 dicembre 2011;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 3 maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l'Avv. Mario Nuzzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Svolgimento del processo

1. - L'Avv. D.V.G. è stato difensore del Fallimento Gigli s.r.l. nel giudizio (trattato con rito societario) iscritto al R.G.N. 166/2009, definito dal Tribunale di Isernia con sentenza n. 173/2011 dichiarativa di inammissibilità della domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 2497 c.c., proposta dalla stessa Gigli s.r.l. in fallimento avverso IT Holding s.p.a. in amministrazione straordinaria, proprio in virtù della sottoposizione della convenuta a tale procedura concorsuale.

Essendo stato il Fallimento Gigli ammesso al patrocinio a spese dello Stato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 144, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), il Tribunale ha provveduto alla liquidazione delle spettanze dell'Avv. D.V. ex art. 82, dello stesso D.P.R., ponendo a base del computo un valore della causa indeterminabile medio in luogo del valore di Euro 44.000.000 circa dichiarato da parte attrice: ha così liquidato Euro 7.200 per onorari, Euro 4.555 per diritti ed Euro 102,95 per spese, e, ridotto detto importo della metà D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 130, ha determinato le spettanze complessive in Euro 5.926,47, oltre spese generali al 12,5%, IVA e CAP come per legge.
Avverso tale decreto di liquidazione l'Avv. D.V. ha proposto opposizione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170.

2. - Il Giudice del Tribunale di Isernia, con ordinanza depositata il 7 dicembre 2011, ha rigettato l'opposizione, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese processuali.

2.1. - Secondo il Giudice del Tribunale, il criterio del decisum nel regolare le spese è applicabile non solo in caso di soccombenza e di condanna alle spese della controparte, ma anche al rapporto avvocato- cliente, ed è logicamente estensibile alla fattispecie oggetto di esame, ovvero al caso in cui il giudice non ha riconosciuto neppure una parte del più ampio quantum richiesto dall'attore ammesso al gratuito patrocinio, definendo la controversia con una pronuncia di rito sfavorevole all'attore medesimo.
Diversamente, ad avviso del Giudice di Isernia, si rischierebbe di dare la stura ad un possibile uso "distorto" dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato, nel senso che l'ordinamento consentirebbe alla parte ammessa al gratuito patrocinio di proporre domande di ingente valore, dalla stessa indicato, ovviamente sulla base degli elementi fattuali e/o documentali in suo possesso, come nel caso di specie, ma per ipotesi destinate a soccombere su questioni processuali, e per ciò solo di vincolare l'organo giudicante a liquidare importi elevatissimi in sede di emissione del decreto di cui al citato art. 82 del testo unico, con un esborso destinato peraltro a gravare integralmente sull'erario.

In sostanza, secondo il giudice a quo, in base ad una lettura costituzionalmente orientata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., delle disposizioni del testo unico sulle spese di giustizia, in tema di gratuito patrocinio, il criterio del decisum si pone come generale parametro di quantificazione degli onorari anche al di là dell'ipotesi di parziale accoglimento della domanda proposta, tutte le volte in cui si palesa, alla luce degli esiti del giudizio, una manifesta iniquità e sproporzione tra la liquidazione dell'onorario secondo il parametro del deductum e l'opera professionale concretamente svolta, senza che ciò implichi in alcun modo valutazioni di merito in ordine alla professionalità, alla diligenza e alla perizia del procuratore della parte, nello svolgimento dell'incarico alla base della liquidazione richiesta, se non nei limiti del citato art. 82 del testo unico, che presuppone, a monte, l'individuazione dello scaglione di riferimento.

Di qui la conclusione che il Collegio ha correttamente operato provvedendo, alla luce della complessità delle questioni affrontate e della natura in rito della decisione adottata nel giudizio a quo, a liquidare gli onorari e i diritti ancorandoli allo scaglione indeterminabile medio e provvedendo alla loro quantificazione conformemente al dettato degli artt. 82, 83 e 130 del testo unico.

3. - Per la cassazione dell'ordinanza del Giudice del Tribunale di Isernia l'Avv. D.V. ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 febbraio 2012, sulla base di tre motivi.
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede.
In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivazione

1. - Con il primo motivo, il ricorrente denuncia nullità dell'ordinanza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere il Tribunale considerato: (a) che la domanda risarcitoria era stata proposta nella misura di Euro 44.833.062,11 sulla base di una consulenza tecnica disposta dagli stessi organi della procedura, e (b) che egli aveva a più riprese fatto presente a questi ultimi che la domanda, a seguito della sottoposizione della convenuta alla procedura di amministrazione straordinaria, era inevitabilmente destinata alla declaratoria di improcedibilità e/o di inammissibilità, suggerendo l'abbandono della domanda e la presentazione dell'istanza di ammissione al passivo. Il ricorrente si duole che l'ordinanza impugnata abbia liquidato il compenso sulla base di un valore della controversia indeterminabile medio, citando una giurisprudenza inconferente, siccome relativa alla liquidazione delle spese di lite a carico del soccombente (applicazione del criterio del decisum in luogo di quelle del disputatum), piuttosto che quella a carico del cliente, senza peraltro indicare quali voci (di diritti ed onorario) abbia considerato.

Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 12 preleggi, artt. 10, 11 e 14 c.p.c., e L. 7 novembre 1957, n. 1051, art. 1, con riferimento al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, artt. 5 e 6, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3) si lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto che, quando il valore della causa sia in concreto dichiarato, il valore va determinato sulla base della domanda, non potendosi far carico a differenti criteri, peraltro applicabili solo al soccombente e, in via analogica, esclusivamente in mancanza di una disciplina propria della fattispecie.

Con il terzo mezzo, il ricorrente denuncia omessa o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere il Tribunale motivato la ragione per cui ha applicato analogicamente la giurisprudenza formatasi in tema di liquidazione degli onorari a carico del soccombente, in un contesto nel quale gli organi del fallimento "erano pienamente consapevoli del valore della controversia, determinato sulla base di una consulenza tecnica sull'ammontare del danno risarcibile da essi stessi disposta e condivisa, e dunque dell'ammontare degli onorari per essa dovuti".

2. - I tre motivi - da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione - sono infondati.

2.1. - Innanzitutto non sussiste la prospettata divergenza tra il chiesto ed il pronunciato che si assume derivante dal fatto che il giudice dell'opposizione non avrebbe tenuto conto che "l'attività professionale in relazione alla quale è stata chiesta la liquidazione degli onorari è stata svolta su specifica richiesta degli organi del fallimento, anche dopo che il difensore aveva rappresentato per iscritto che l'esito del giudizio sarebbe stato la dichiarazione di inammissibilità della domanda e aveva suggerito l'abbandono della domanda e la presentazione dell'istanza di ammissione al passivo (... in un contesto in cui quegli organi erano pienamente consapevoli del valore della controversia, determinato sulla base di una consulenza tecnica sull'ammontare del danno risarcibile da essi stessi disposta condivisa, e dunque dell'ammontare degli onorari per essa dovuti". La denuncia non coglie nel segno, posto che il giudice dell'opposizione al decreto di liquidazione non ha messo in discussione che la domanda di ingente valore sia stata proposta dal Fallimento "sulla base degli elementi fattuali e/o documentali in suo possesso", e neppure ha avanzato dubbi "in ordine alla professionalità, alla diligenza e alla perizia del procuratore della parte, nello svolgimento dell'incarico in base alla liquidazione richiesta"; ma - espressamente statuendo sulla richiesta dell'opponente ed adottando il provvedimento indispensabile per la risoluzione del caso concreto - ha escluso, nel merito, la fondatezza della tesi difensiva posta dall'Avv. D.V. a base della pretesa di una diversa liquidazione del compenso a lui spettante secondo la disciplina del patrocinio a spese dello Stato.

2.2. - Nè è configurabile il denunciato vizio di omessa o contraddittoria motivazione.

Va infatti rilevato, per un verso, che il sindacato sulla motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo, ratione temporis applicabile, anteriore alle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) si riferisce soltanto alla ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito: la motivazione carente o contraddittoria su una questione di diritto non comporta cassazione, qualora sia conforme a diritto il dispositivo della sentenza impugnata (la quale ha applicato la giurisprudenza formatasi in tema di liquidazione degli onorari a carico del soccombente), poichè in tal caso la motivazione viene corretta dalla stessa Corte, che rigetta così il ricorso (art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.).

D'altra parte, va osservato che le circostanze di cui il ricorrente lamenta l'omessa o la contraddittoria motivazione (l'essersi l'attività professionale dell'Avv. D.V. svolta su specifica richiesta degli organi fallimentari, pienamente consapevoli del valore della controversia perchè determinato sulla base di una consulenza tecnica sull'ammontare del danno da essi disposta e condivisa), non sono decisive, giacchè tali circostanze non avrebbero potuto comunque determinare una decisione diversa da quella adottata.

2.3. - Invero, in tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, il combinato disposto degli artt. 82 e 130 T.U. spese giust. comporta che i compensi spettanti al difensore sono liquidati in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, e sono ridotti della metà. La misura della liquidazione, pertanto, non può superare la metà dei valori medi delle tariffe professionali vigenti.

Non v'è dubbio che, in linea generale, il valore della controversia ai fini della individuazione dello scaglione di tariffa applicabile si determina dal tenore della domanda secondo i criteri fissati dal codice di procedura civile; non senza tuttavia considerare che - poichè il criterio fondante, sotteso alla disciplina delle tariffa professionale approvata con il D.M. 8 aprile 2004, n. 127, (applicabile ratione temporis), è quello della proporzionalità ed adeguatezza degli onorari all'attività professionale svolta - il disputatum nel momento iniziale della lite non è risolutivo, dovendo tenersi conto dell'effettiva decisione (il decisum) del giudice che fissa la dimensione reale della lite stessa (cfr. Sez. Un., 11 settembre 2007, n. 19014).

Un correttivo al principio secondo cui il valore della controversia si determina dal disputatum, ovvero dalla domanda, emerge infatti inequivocabilmente dall'art. 6, comma 2, della suddetta tariffa:
"Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile".

Quando, poi, si passa alla disciplina della liquidazione dei compensi spettanti al difensore che ha assistito una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, è la stessa norma di fonte primaria - l'art. 82 del T.U. spese giust. - a puntualizzare che il giudice deve liquidare l'onorario "tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa".

Tale ultima disposizione - nel contemperare ragionevolmente la necessità di assicurare la difesa tecnica del non abbiente e di retribuire l'attività dell'avvocato con l'incidenza del relativo costo sull'intera collettività - consente al giudice di scendere al di sotto dei parametri di normale riferimento tutte le volte in cui l'attività in concreto svolta dal difensore sia di grado modesto, avuto riguardo alla sua incidenza sulla posizione processuale del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o all'effettiva consistenza della lite.

In altri termini, in tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al difensore, il criterio del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile ha - quanto alla individuazione dello scaglione di tariffa applicabile - un valore parametrico e di massima, sicchè non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi da quel parametro, scendendo al di sotto di esso, ogni qualvolta ciò sia giustificato dalla natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso.

In questo contesto, la decisione del giudice del merito sfugge alla censure che ad essa sono state rivolte.
Infatti, il giudice a quo ha considerato che la domanda risarcitoria proposta dalla società fallita, ammessa al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'art. 144 del T.U. spese giust., pur essendo di valore elevato (oltre Euro 44.000.000), era manifestamente improponibile, e con tale pronuncia in rito è stata definita, stante la sottoposizione della convenuta alla procedura concorsuale dell'amministrazione straordinaria. Per questo il giudice dell'opposizione, anzichè lo scaglione tariffario derivante da un'applicazione rigida del criterio del disputatum, ossia del valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile, ha applicato lo scaglione del valore indeterminabile, consentendo questo una liquidazione più adeguata alla fattispecie concreta e all'effettiva decisione assunta nel processo presupposto.

3. - Il ricorso è rigettato.
Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo nessuno degli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2016.


 

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