REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Adelaide Amendola - Presidente -
Dott. Annamaria Ambrosio - Consigliere -
Dott. Raffaele Frasca - rel. Consigliere -
Dott. Franco De Stefano - Consigliere -
Dott. Giuseppina Luciana Barreca - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14733-2012 proposto da:
PASSAVANT IMPIANTI SPA,, in persona del legale rappresentante pro tempore ed Amministratore Delegato Ing. T. R., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato FABRIZIO BADO' giusta procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI NETTUNO, in persona del Sindaco pro tempore Dott. C.A. nella qualità di rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 19 Pal. A, presso lo studio dell'avvocato ANTONELLA SUCCI, rappresentato e difeso dall'avvocato LUCIO D'ELETTO giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 4048/2011 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 23/10/2011, R.G.N. 9626/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2015 dal Consigliere Dott. Raffaele Frasca;
udito l'Avvocato Fabrizio Badò';
udito l'Avvocato Giorgio Mazzone per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Anna Maria Soldi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. La s.p.a. Passavant Impianti ha proposto ricorso per cassazione contro il Comune di Nettuno avverso la sentenza del 3 ottobre 2011, con la quale la Corte d'Appello di Roma ha provveduto a seguito di rinvio disposto dalla sentenza di questa Corte n. 26294 del 2007.
Con tale sentenza era stata cassata la precedente statuizione di declaratoria di inammissibilità dell'appello contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Velletri il 12 settembre 2000, osservandosi da parte di questa Corte che quel giudice aveva qualificato la controversia come opposizione all'esecuzione e che, dunque, erroneamente la Corte capitolina aveva dichiarato inammissibile l'appello nel presupposto che la controversia fosse un'opposizione agli atti esecutivi.

2. Con la sentenza emessa in sede di rinvio e qui impugnata la Corte capitolina, decidendo sull'appello della qui ricorrente contro la sentenza del tribunale velletrano ha disatteso - per quanto in questa sede ancora interessa il terzo motivo di appello.
3. Al ricorso per cassazione, che propone un unico mezzo relativo al rigetto di detto terzo motivo, ha resistito con controricorso il Comune di Nettuno.
4. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivazione

1. Con l'unico motivo di ricorso si deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 "violazione e falsa applicazione dell'art. 2929 cod. civ.".

Tale motivo si duole del rigetto del terzo motivo di appello avverso la sentenza del Tribunale di Velletri.
Con detto motivo la qui ricorrente ed allora appellante si era doluta che il Tribunale, dopo avere accolto l'opposizione all'esecuzione proposta dal Comune di Nettuno avesse dichiarato la conseguente nullità dell'ordinanza di assegnazione del credito pignorato (con pignoramento presso terzi) alla stessa ricorrente, creditrice pignorante, anzichè escludere tale conseguenza alla stregua dell'art. 2929 c.c. reputando che l'effetto salvifico di cui alla norma si estendesse anche all'acquirente e all'assegnatario che nel contempo fossero creditori procedenti.
La Corte d'Appello ha disatteso il motivo così argomentando: "l'art. 2929 c.c. statuisce che la nullità degli atti esecutivi, che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione, non ha effetto riguardo all'acquirente o all'assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Il riferimento al creditore procedente è indice inequivoco che tale disposizione non si applica ovviamente nel caso in cui la rilevata nullità sia stata determinata come nel caso in esame, dallo stesso creditore procedente altresì assegnatario della somma".

1.1. Ora, la critica a tale motivazione viene svolta assumendo che con essa la Corte territoriale avrebbe inteso dire che "il fatto che il creditore procedente sia, anche, assegnatario delle somme, equivale a far ritenere tale fattispecie analoga a quella della "collusione"".
Viceversa, secondo la ricorrente (che evoca Cass. n. 193 del 2003), nel caso di specie mancava la prova della collusione, nel senso di una intesa segreta a scopo di frode, ma anzi ne difettava il presupposto soggettivo, costituito dalla diversità fra creditore procedente e assegnatario, occorrendo secondo l'art. 2929 c.c. la diversità fra tali soggetti.
La prospettazione è in sostanza che l'unica eccezione alla verificazione dell'effetto dell'art. 2929 c.c. si dovrebbe rinvenire nel caso della collusione fra due soggetti distinti.
Difettando nella specie tale distinzione, la nullità del processo esecutivo sotto il profilo del mancato rispetto del termine dilatorio per il pignoramento secondo la normativa applicabile al Comune come pubblica amministrazione sarebbe stata addebitata ad essa ricorrente erroneamente e l'effetto di indifferenza dell'assegnazione rispetto alle nullità del processo esecutivo, previsto dalla detta norma, sarebbe stato a torto negato dalla Corte territoriale.

2. Il motivo è infondato, anche se la giustificazione della disposta caducazione dell'ordinanza di assegnazione deve rinvenirsi sulla base di una motivazione diversa da quella enunciata dalla Corte territoriale.

2.1. Si deve, innanzitutto rilevare che il motivo almeno nella sua prima parte si profila inammissibile per mancanza di correlazione con la motivazione della sentenza impugnata.
In tale prima parte si postula, infatti, che la Corte territoriale abbia ritenuto esistente una situazione di collusione fra la ricorrente come creditrice procedente e come assegnataria per il sol fatto, parrebbe, che l'una e l'altra qualità si siano radicate nello stesso soggetto.
In realtà, la pur scarna motivazione della sentenza impugnata non afferma affatto quanto ipotizzato dalla ricorrente: essa sembra solo avere desunto dalla previsione di una rilevanza della posizione del creditore quando egli ha colluso con l'aggiudicatario o l'assegnatario e, quindi, in una situazione in cui sia soggetto distinto da essi, la conseguenza che, allorquando ricorra una situazione per cui aggiudicatario o assegnatario si identifichino nello stesso creditore, essa si collocherebbe al di fuori della regola dell'art. 2929 c.c., per cui le nullità degli atti che hanno preceduto la vendita o l'assegnazione non hanno effetto - salvo appunto il caso di collusione -riguardo all'acquirente o all'assegnatario.

2.2. La scarna motivazione adottata dalla sentenza capitolina, sotto tale profilo, rappresenta l'espressione di un principio ovvio di esegesi dell'art. 2929 c.c.
Principio che, proprio prendendo spunto dalla previsione dell'eccezione all'insensibilità delle nullità nel caso di collusione fra il creditore e l'aggiudicatario, individua la ratio della stessa, tenuto conto che non sono comprese nell'ambito della disposizione le nullità relative alla vendita o all'assegnazione, nell'esigenza di garantire la posizione dell'aggiudicatario o dell'assegnatario in quanto terzi ed in quanto soggetti che non hanno contribuito alla determinazione della nullità. Per cui, allorquando invece vi sia stata collusione con il creditore procedente nella consecuzione dell'acquisto per aggiudicazione o assegnazione nonostante la pregressa nullità del procedimento, cioè un'intesa con il medesimo, l'effetto di immunizzazione dalle dette nullità non avrebbe giustificazione, in quanto avallerebbe una frode, cioè la preservazione dell'acquisto o dell'assegnazione avvenuti per effetto di quell'intesa.

Tale principio è stato affermato da una non recente decisione di questa Corte, cioè da Cass. n. 1968 del 1969, la quale, dopo avere precisato che "nell'ipotesi in cui venga accertata l'inesistenza del titolo fatto valere dal creditore procedente, nonostante l'efficacia retroattiva della sentenza, le posizioni acquisite dal terzo nel corso del processo esecutivo vengono garantite, per quanto riguarda le irregolarità formali del processo, dal disposto dell'art. 2929 cod. civ. e, per quanto riguarda i vizi sostanziali dell'azione esecutiva, dal principio di tutela di affidamento del terzo, purchè in entrambi i casi non sia imputabile al terzo una condotta fraudolenta", ebbe a statuire che "il creditore procedente, però, nell'ipotesi di assegnazione a suo favore, non può essere considerato terzo e, pertanto, l'accertamento dell'inesistenza del titolo esecutivo e del credito travolge in ogni caso l'assegnazione medesima disposta in suo favore.".
Dunque, già quella lontana decisione, occupandosi non solo della posizione dell'assegnatario (o aggiudicatario) in relazione all'art. 2929 c.c. e, quindi, con riferimento alla verificazione di nullità del processo esecutivo prima della vendita o dell'assegnazione, ma anche dell'ipotesi di esecuzione in mancanza di titolo o in condizioni di mancanza di efficacia, aveva sottolineato che la tutela di chi abbia conseguito l'assegnazione o l'aggiudicazione suppone che la relativa posizione non sia stata conseguita dallo stesso creditore procedente.

Se è costui ad essere divenuto assegnatario (o aggiudicatario), tanto nell'ipotesi che si sia verificata una pregressa nullità del processo esecutivo e, dunque, di esercizio erroneo dell'azione esecutiva quanto al quomodo, tanto in quella di esercizio dell'azione esecutiva senza titolo o in mancanza della sua efficacia, il riconoscimento di dette situazioni travolge la posizione di assegnatario o aggiudicatario conseguita dal creditore procedente e ciò perchè egli non assume la posizione di terzo estraneo, ma è responsabile, almeno sul piano oggettivo, della patologia della vicenda esecutiva.
Dunque, la Corte territoriale, attribuendo rilevanza al non essere terzo della creditrice procedente assegnataria, ha applicato un principio astrattamente corretto.

2.3. Peraltro, lo ha fatto evocando l'art. 2929 c.c. interpretato nel senso che esso non tutela l'assegnatario o aggiudicatario quando si identifichino nel creditore procedente, mentre a rigore, avendo la patologia della vicenda esecutiva riguardato l'an del diritto di procedere all'esecuzione forzata (per non avere la qui ricorrente rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni di cui alla D.L. n. 669 del 1996, art. 14, comma 1, applicabile alla vicenda nella sua formulazione originaria), come del resto è stato sanzionato dall'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione su tale ragione basata, la norma da evocare non avrebbe dovuto essere neppure l'art. 2929 c.c., bensì il principio definitivamente acclarato dalla recente Cass. sez. un. n. 21110 del 2012 nel senso che "il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo.".

Principio che le Sezioni Unite hanno giustificato anche rievocando la già citata decisione del 1968 e che, come aveva adombrato quella decisione, non può trovare applicazione quando l'aggiudicatario o l'assegnatario si identifichino nello stesso creditore procedente.

2.4. Il principio di diritto che dev'essere enunciato correggendo la motivazione della sentenza impugnata è, dunque, il seguente:
"qualora in una procedura esecutiva per espropriazione presso terzi si sia reso assegnatario il creditore procedente, la successiva sopravvenienza dell'accertamento dell'inesistenza dell'efficacia del titolo esecutivo al momento del pignoramento, per essere stato esso eseguito in violazione del termine di cui al D.L. n. 669 del 1996, art. 14, convertito nella L. n. 30 del 1997 (versione originaria), determina la caducazione dell'assegnazione, in quanto l'assegnatario, identificandosi con lo stesso creditore procedente, non è terzo rispetto all'illegittimo svolgimento dell'azione esecutiva senza che il titolo fosse azionabile".

3. Le considerazioni sopra svolte a giustificazione della disposta correzione della motivazione assorbono anche la seconda parte dell'illustrazione del motivo, nel quale, sempre ragionando sulla base dell'art. 2929 c.c., parrebbe postularsi che tale norma, nell'escludere l'effetto salvifico della posizione dell'aggiudicatario/assegnatario nel caso di collusione, non potrebbe giustificare altre esclusioni e quindi quella dell'assegnatario o aggiudicatario che coincidano con il creditore procedente: s'è già veduto che non solo in ambiente di art. 2929 c.c., ma anche in ambiente di riconoscimento dell'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione nell'an al momento di inizio della stessa, ambiente nel quale si colloca la vicenda di cui è processo, la posizione del creditore assegnatario o aggiudicatario non è in alcun modo preservata.

4. Il ricorso è, dunque, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro seimiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 4 dicembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2016.


 

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