REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CATANIA
QUARTA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Mariano Sciacca ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. r.g. 5397/2013 promossa da:
F. S., in persona del curatore fallimentare
ATTORE/I
contro
U.
CONVENUTO/I
e nei confronti di
G. S.,
D. L. R.,
con il patrocinio dell’avv. ESPOSITO GENNARO, elettivamente domiciliati in VIA CARMELO PATANE’ ROMEO 28 CATANIA presso il difensore avv. ESPOSITO GENNARO
TERZO CHIAMATO
CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 18.12.2018 le parti hanno concluso come in verbale.

Svolgimento del processo

La S. S.r.l., con atto di citazione notificato in data 26.04.2013 conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Catania la U. S.p.a. per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “accertare e dichiarare l'applicazione da parte di U. S.p.a. di interessi usurari nei rapporti bancari distinti con i n.ri 10175011 e 10716368, intrattenuti con la S. S.r.l., e dichiararli nulli per quanto specificato in parte motiva del presente atto; - per l'effetto, condannare U. S.p.a. al pagamento della somma di €.98.755,69, o al pagamento di quella minore o maggiore somma che verrà determinata in corso di causa, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda fino al soddisfo; - accertare e dichiarare la responsabilità di U. S.p.a. per il danno causato a S. S.r.l. a seguito dell'illegittima segnalazione della stessa alla Centrale Rischi e al C.R.I.F. e della permanenza della stessa, e per l'effetto condannare U. S.p.a. al pagamento della somma di €.60.000,00, o di quella minore o maggiore somma che il giudice adito riterrà di giustizia; - ordinare la cancellazione di tutte le segnalazioni a sofferenza illegittimamente effettuate dalla convenuta, presso la Centrale Rischi e il C.R.I.F. a carico di parte attrice. Con vittoria di spese, compensi ed onorari.”

In data 2.09.2013, si costituiva in giudizio la U. S.p.a., che avanzava domanda in via riconvenzionale e chiamata in causa dei terzi S. e D.L. e formulava le seguenti conclusioni:
“Preliminarmente, disporre la chiamata in causa dei terzi fidejussori, condebitori solidali, S. G. e D. L. R., con differimento ad altra data della prima udienza di comparizione fissata per il giorno 24.09.2013; sempre, in via preliminare, dichiarare la nullità dell’atto di citazione per nullità della procura alle liti e per il difetto di rappresentanza processuale; nel merito rigettare, perché infondate, in fatto e in diritto, tutte le domande, eccezioni e richieste formulate dalla società attrice con l’atto introduttivo del giudizio; in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta: condannare in solido la società S. s.r.l. ed i fidejussori condebitori solidari S. G. e D. L. R. al pagamento in favore di U. S.p.A. della somma di €.64.050,55, o di quell’altra maggiore o minore somma che verrà determinata all’esito della C.T.U., quale saldo debitore al 31.07.2013 dei rapporti contrattuali indicati in premessa oltre interessi debitori sino al
soddisfo e rivalutazione monetaria. Condannare, infine la società attrice ed i fidejussori S. G. e D. L. R. al pagamento solidale delle spese e compensi del presente giudizio."

Il Giudice designato differiva la prima udienza al 28.01.2014 e, in tale data, si costituivano in giudizio S. G. e D. L. R., terzi chiamati in causa, che formulavano le seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis: dichiarare l'inammissibilità della chiamata dei terzi, perché formulata tardivamente, e, per l'effetto, dichiarare l'estromissione degli odierni chiamati dal giudizio; in subordine, nel caso di mancata dichiarazione di inammissibilità e conseguente estromissione degli odierni chiamati dal giudizio, dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale formulata da U. S.p.a. nei confronti degli odierni chiamati, perché proposta tardivamente. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio.”.

Scambiate le rispettive memorie istruttorie, il G.I., con ordinanza del 25.03.2016, “ritenuta l’irrilevanza della c.t.u. richiesta” rinviava la causa all’udienza del 7.02.2017 per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 25.09.2017, intervenuto il fallimento di parte attrice, il G.O.T. dichiarava l’interruzione del giudizio.
In data 27.12.2017, il Fallimento S. S.r.l. depositava ricorso per la riassunzione della causa;
Con decreto del 7.02.2018, ritualmente notificato alle controparti, veniva fissata udienza per la prosecuzione della causa;
In data 18.12.2018, in sede di udienza per la precisazione delle conclusioni, precisate le conclusioni dalle parti, il Giudice adito, Dott. Mariano Sciacca, riservava la causa per la decisione assegnando i termini di rito ex art. 190 c.p.c.

Motivazione

Nullità della procura alle liti. Difetto di legittimazione processuale.
Assume la banca che la procura alle liti al procuratore costituito è stata conferita da un soggetto indefinito, di cui non è stato indicato né il nominativo, né le generalità e di cui non risulta leggibile la firma di procura. Nell’atto di citazione il soggetto che rappresenta la società S. s.r.l. non è stato identificato con il suo nome e cognome, ma è stato, genericamente, indicato come “legale rappresentante pro-tempore”. Oltre a non essere state indicate le generalità del soggetto che ha rilasciato la procura, non è stata neppure indicata la carica che riveste detto soggetto nell’ambito societario, al fine di potere concretamente individuare chi ha rilasciato la procura alle liti. Tale mancanza determina certamente la nullità insanabile della procura alle liti e la conseguente mancanza di rappresentazione processuale.
Inoltre, la illeggibilità della firma non consente di collegare la sottoscrizione con il nominativo del legale rappresentante indicato nella visura camerale. E’ inconfutabile che la firma di procura rilasciata a margine dell’atto di citazione sia illeggibile e che il nominativo del legale rappresentante della società S. srl non risulti né dal testo dell'atto, né dalla procura alle liti.


L’eccezione è destituita di fondamento, debitamente considerando che la procura a margine dell’atto di citazione risulta sottoscritta sovraimpressa sul timbro a stampa della S. srl e che già all’atto della costituzione in giudizio la società ha prodotto, come da indice degli atti depositati, anche la visura camerale della s.r.l. stessa, sì’ da non essere dubbia l’identità del legale rappr.te conferente la detta procura.

Tardiva costituzione. Inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata.
Viene eccepito che la banca convenuta si è costituita nel presente giudizio oltre il termine previsto dall'art. 166 c.p.c., incorrendo nelle decadenze previste dal successivo art. 167 c.p.c. Sia la chiamata di terzo che la domanda riconvenzionale spiegata da parte convenuta sono, pertanto, inammissibili. Ai sensi dell'art. 166 c.p.c., la costituzione del convenuto deve avvenire venti giorni prima dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di citazione (23 settembre 2013) o di quella fissata dal giudice istruttore (24 settembre). La costituzione di U. S.p.a., per essere tempestiva, doveva avvenire entro il 19 luglio 2013, applicandosi al caso di specie la sospensione feriale (il periodo di sospensione feriale vigente andava dal 1° agosto al 15 settembre) nel computo del termine a ritroso; parte convenuta si è invece costituita in data 2 settembre.
L'applicabilità della sospensione feriale dei termini, ex L. 742 del 1969, anche ai termini processuali da computarsi a ritroso, come quello relativo alla costituzione del convenuto, è pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza (cfr., tra le altre, Cass. 17.5.2010 n.12044, Cass. 28.5.2007 n.12490, Cass. 12.09.2003 n.13444). Come più volte affermato dalla Suprema Corte, “il convenuto per poter legittimamente formulare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 167, comma terzo, e 269, c.p.c., l'istanza di chiamata in causa di un terzo deve necessariamente costituirsi tempestivamente, ovvero nel rispetto del termine fissato dall'art. 166 dello stesso codice di rito, di modo che in caso di tardività della costituzione deve conseguire la declaratoria di inammissibilità della predetta richiesta” (Cass. 28 maggio 2007, n.12940).
La domanda riconvenzionale formulata da U. S.p.a. in seno alla comparsa di costituzione del 2 settembre 2013 è tardiva e, pertanto, inammissibile.


A fronte di tale eccezione la banca ha controeccepito quanto segue: i terzi chiamati, depositando in cancelleria la comparsa di intervento in data 23.01.2014, si sono costituiti tardivamente in giudizio, non rispettando, in tal modo, il termine di venti giorni ex art.166 c.p.c. Ne consegue che la tardività della loro costituzione determina la decadenza dalla possibilità di proporre eccezioni processuali non rilevabili d’ufficio.

Orbene, osserva il Giudicante, la banca deve ritenersi decaduta dal potere di proporre domanda riconvenzionale nei confronti dei terzi chiamati, essendosi costituita oltre il termine previsto dall’art. 166 c.p.c., risultando peraltro irrilevante la tardività della costituzione in giudizio degli stessi terzi chiamati, ove si consideri che la tardività della costituzione in giudizio costituisce eccezione rilevabile d’ufficio.

La S. S.r.l. ha intrattenuto con la Banca U. S.p.a due distinti rapporti di conto corrente così individuati: 1. rapporto di conto corrente n. 10175011 acceso in data 31.12.2004 e chiuso in data 31.12.2010, 2. rapporto di conto anticipo n. 10716368 acceso in data 31.12.2006 e chiuso in data 30.09.2010.
Assume parte attrice che, nel corso del rapporto contrattuale, la Banca U. S.p.a. non ha osservato la normativa di legge che regolamenta la materia dei rapporti di conto corrente ed apertura di credito ed anzi, ha tenuto una condotta contra legem; in particolare ha addebitato interessi debitori ultralegali mai validamente pattuiti in violazione, tra l'altro, dell'art, 1284 c.c., spese e commissioni non previamente concordate e, comunque, non dovute applicando, inoltre, interessi – sui versamenti e prelevamenti, con valuta diversa da quella effettiva; il TEG, ovvero il costo del denaro alla fine di ogni trimestre che il cliente ha sostenuto per utilizzare il credito erogato, è stato costantemente superiore al limite del Tasso Soglia pubblicato dal Ministero dell'economia, comprensivo di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, oltre il quale si verifica il reato d'usura. Entrambi i rapporti bancari intrattenuti dalla S. S.r.l. con U. S.p.a. sono stati sottoposti a verifica contabile dal dott. G. S. in qualità di Perito
Specializzato nell'analisi di Contratti Bancari, in applicazione delle suddette leggi di riferimento (Legge 108/1996 e metodologia indicata dall'art. 664 comma c.p., nonchè su giurisprudenza formatasi nel tempo). Nelle due relazioni tecniche (doc. n.ri 7-8), il dott. S. ha dapprima calcolato il Tasso Effettivo Globale applicato nei due rapporti bancari in funzione dell'eventuale rilievo di usura. Dal calcolo emerge chiaramente che il suddetto TEG ha più volte (costantemente in uno dei due rapporti) superato il Tasso Soglia. Dunque, tenendo conto della suddetta normativa, il dott. S. ha rielaborato entrambi i rapporti bancari, prevedendo i soli interessi creditori calcolati al Tasso Legale relativo a ciascun periodo, così come stabilito dal Ministero del Tesoro.
Da tale ricalcolo sono emersi i seguenti saldi:
1) relativamente al Conto Anticipo n.10716368, acceso in data 31.12.2006 e chiuso in data 30.09.2010, il saldo è di +79.693,41 euro a favore della S. S.r.l., anziché -8.910,47 euro come indicato in calce all'ultimo Estratto Conto prodotto dalla Banca;
2) relativamente al rapporto di conto corrente n. 10175011, acceso in data 31.12.2004 e chiuso in data 31.12.2010, il saldo è di +19.062,28 euro a favore della S. S.r.l., anziché -54.707,43 euro come indicato in calce all'ultimo Estratto Conto prodotto dalla Banca.
Dal suddetto ricalcolo, dunque, si evince un credito a favore della S. S.r.l. pari a € 98.755,69, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.


Orbene, osserva il Giudicante che tutte le condizioni contrattuali sono state puntualmente pattuite tra le parti e accettate, senza che parte attrice abbia avuto modo di dettagliare le pretese illegittimità dedotte.
Parimenti risulta infondata la censura di violazione della normativa antiusura, non avendo parte attrice prodotto i d.m. di rilevazione dei tassi soglia.
I Decreti ministeriali sopra citati, infatti, rilevando trimestralmente il T.E.G. per classi ed operazioni omogenee, individuano il tasso soglia tempo per tempo vigente e, conseguentemente, offrono la possibilità di verificare, nell’ambito di ciascun rapporto, l’eventuale applicazione di interessi ed altri oneri oltre il limite consentito.
Ebbene, nessuno dei predetti decreti ministeriali è stato prodotto da parte attrice, per cui la doglianza di asserito superamento del tasso soglia deve intendersi genericamente formulata ed assolutamente carente sotto il profilo dell’onere della prova.
Ciò, in quanto i decreti ministeriali attuativi dell’art.2, comma 1, della L. n.108/96, avendo natura amministrativa, devono intendersi sottratti (come ben chiarito da una recente pronuncia della Suprema Corte a SS.UU., 29/04/2009, n.9941) all’operatività del principio "iura novit curia" di cui all’art.113 c.p.c., con la conseguenza, rilevante nel caso di specie, che dall’omessa prova della norma amministrativa (decreti ministeriali) ad opera della parte che ne chiede l’applicazione deve indefettibilmente conseguire il rigetto della domanda ex art.2697 c.c.

A conferma di quanto sopra, si rileva che nei medesimi termini sopra precisati si sono espresse numerose pronunce della più recente giurisprudenza di merito: "come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali rende ad essi inapplicabile il principio "iura novit curia" di cui all'art. 113 cod. proc. civ., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell'art. 1 delle preleggi, che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto (ex multis, Cass. civ., SS.UU., 29.04.2009, n.9941), ragion per cui l’onere
di allegazione gravante sulla parte che deduca l’applicazione di interessi usurari comprende anche la produzione dei decreti appena citati"
(Tribunale di Catania, sentenza n.4918 del 27/11/2017, G.U. Dott. G. Marino; conf. Tribunale di Ragusa, sentenza n.1133 del 04/10/2018, G.U. Dott.ssa A. Donzella, Tribunale Mantova 1 dicembre 2009; Trib. Ferrara 5 dicembre 2013; Tribunale Latina 28 agosto 2013; Trib. Nola 9 gennaio 2014; Tribunale Bergamo 25.02.2016).

Risarcimento danni per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi e al C.R.I.F.
Con l’atto introduttivo del giudizio, la S. s.r.l. ha richiesto la cancellazione della segnalazione a sofferenza effettuata dalla Banca a carico della società e la condanna di U. S.p.a. al pagamento della somma di €. 60.000,00, o di quell’altra maggiore o minore che riterrà il Giudice, per il risarcimento del danno non patrimoniale subito, a seguito della presunta illegittima segnalazione alla Centrale Rischi.
Dalla visura CRIF depositata da parte attrice (doc.n.6 fascicolo di parte avversa) si è rilevato che anche il B. P. aveva segnalato la posizione a sofferenza della società S. S.r.l.
Orbene deve ritenersi che sia stata legittimamente effettuata la segnalazione della sofferenza alla Centrale Rischi, tanto più ove si consideri che dalla stessa visura societaria depositata in giudizio da controparte (doc.n.9), è stata provata l’esistenza dei seguenti pignoramenti mobiliari a carico delle quote societarie del legale rappresentante della società sig. S. M.: 1) pignoramento di quote societarie notificato il 6/12/2010 ad istanza di D. L. R. sino alla concorrenza di
€.306.008,23, aumentato della metà ex art.546 c.1 c.p.c.; 2) pignoramento di quote societarie notificato il 7/09/2012 ad istanza di L. C. M. sino alla concorrenza di €.34.727,67 aumentato della metà ex art.546 c.1 c.p.c.
Pertanto, correttamente, la U. Spa, a seguito dell’inadempimento della società, con lettere del 1.12.2010 e 5.01.2011, ha comunicato alla cliente ed ai garanti la risoluzione dei contratti bancari ed ha, successivamente, effettuato la segnalazione dello stato di sofferenza alla C.R..
Tanto, senza omettere di considerare l’assoluta genericità della quantificazione che caratterizza la richiesta di risarcimento danni, priva, com’era, di una specificazione degli elementi di fatto e delle circostanze sulla base delle quali la parte è addivenuta alla detta quantificazione.
Le spese del giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritti a al n. R.G. 2013 \5397 , così dispone:
1) Dichiara inammissibile la chiamata in giudizio dei terzi e la domanda riconvenzionale spiegata nei confronti degli stessi;
2) Rigetta le domande del fallimento attore;
3) condanna il banca convenuta al pagamento delle spese del giudizio in favore dei terzi chiamati che si liquidano in euro 4000,00 per compensi di avvocato, oltre spese generali, iva e cpa come per legge;
4) condanna il fallimento attore al pagamento delle spese del giudizio in favore della società convenuta che si liquidano in euro 4000,00 per compensi di avvocato, oltre spese generali, iva e cpa come per legge;
Così deciso in Catania, il 27/03/2019.
Il Presidente di Sezione
dott. Mariano Sciacca


 

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