REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI CATANIA
Sezione Lavoro
In persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda, in funzione di giudice del lavoro, dando pubblica lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, all’udienza del 2 febbraio 2017, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. R.G. 2144/2015
promossa da
S. M., rappresentato e difeso, per procura rilasciata su separato foglio materialmente congiunto al ricorso, dall’avvocato Orazio Stefano Esposito;
-ricorrente-
contro
INPS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, anche quale mandatario della società di cartolarizzazione dei suoi crediti S.C.C.I. s.p.a., rappresentato e difeso, per procura generale alle liti in notar P. Castellini di Roma del 23 luglio 2015, dall’avv. Alberto Floridia;
-resistente-
Conclusioni: all’udienza di discussione del 2 febbraio 2017 le parti discutevano la causa e concludevano come da verbale in atti.

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 5 marzo 2015 il ricorrente in epigrafe indicato proponeva opposizione avverso l’avviso di addebito numero 59320140006838563 notificato il 24 gennaio 2015 con il quale l’INPS gli aveva intimato di pagare la somma di € 20.513,45 a titolo di contribuiti IVS conseguenti ad un accertamento unificato posto in essere dall’Agenzia delle Entrate per l’anno 2008.
Eccepiva la nullità dell’avviso di addebito siccome non motivato, ivi facendosi riferimento ad un accertamento unificato sui redditi del 2008 dal quale traeva fondamento la maggiore pretesa contributiva ed evidenziava che il detto accertamento non era stato allegato all’avviso di addebito, laddove, invece, la conoscenza di quell’atto era fondamentale per una corretta ricostruzione dei presupposti posti a fondamento della pretesa.
Eccepiva, altresì, l’estinzione per prescrizione della pretesa contributiva, essendo decorso il termine quinquennale di prescrizione.
Tanto premesso chiedeva, previa sospensione, annullarsi l’avviso di addebito.

Resisteva in giudizio l’INPS esponendo che la pretesa contributiva era scaturita dalla verifica dei redditi relativi all’anno 2008 disposta dall’Agenzia delle entrate alla stregua di atti che, siccome riferibili ad altro soggetto, non erano nella sua disponibilità.
Negava il perfezionamento della invocata fattispecie estintiva in quanto esso istituto non avrebbe potuto far valere il suo diritto alla pretesa contributiva prima dell’accertamento disposto dall’Agenzia delle Entrate ed all’uopo deduceva che la prescrizione non decorreva qualora il creditore non fosse stato posto in grado di esercitare il suo diritto per fatto del debitore sicchè il termine di prescrizione cominciava a decorrere da quando l’Istituto era stato posto in condizione di esercitare il proprio credito ovvero da quando l’amministrazione finanziaria aveva comunicato per i singoli anni i dati reddituali definitivi.
All'udienza odierna, sulle conclusioni delle parti, la causa veniva decisa con la presente sentenza ritualmente letta.

Motivazione

Muovendo, per la sua portata assorbente, dalla eccezione di prescrizione, deve, innanzitutto, darsi atto che l’opposizione è tempestiva, essendo stato notificato l’avviso di addebito il 24 gennaio 2015 come risulta dal timbro postale apposto sulla busta che lo conteneva. Il ricorso è stato depositato il 5 marzo 2015 nel rispetto del termine di 40 giorni di cui all’art. 24 del d. lgs. n. 46/1999.

L’eccezione di prescrizione, attenendo la pretesa contributiva all’anno 2008, è fondata, giacchè è decorso senza il compimento di atti interruttivi il termine quinquennale di prescrizione di cui all’articolo 9 comma 3 della L. 335/1995.
Reputa il Tribunale che la circostanza che l’obbligo di versare i contributi scaturisca da una verifica effettuata dall’Agenzia delle Entrate sui redditi dichiarati dal ricorrente per l’anno 2008 (in disparte il dato che l’Istituto opposto non ha riferito neanche quando sarebbe stato posto -per effetto dell’accertamento svolto dalla amministrazione finanziaria- nelle condizioni di conoscere il maggior reddito quale presupposto per la maggiore pretesa contributiva) non produca alcun effetto sospensivo della decorrenza del termine di prescrizione, come pure in un precedente da questo giudice ritenuto. Depone nel senso che il dato che la pretesa contributiva sia scaturita da una verifica della dichiarazione dei redditi relativa all’anno della cui contribuzione si discute non incide sulla decorrenza del termine prescrizionale la considerazione secondo cui non può ritenersi che l’INPS, fino al momento della verifica compiuta sulla dichiarazione dei redditi relativi all’esercizio di una attività produttiva di reddito da cui scaturisce l’obbligo di versare la relativa contribuzione, si sia trovato nella giuridica impossibilità di far valere il proprio credito, posto che l’Istituto dispone di poteri ispettivi grazie ai quali può compiere accertamenti per individuare i soggetti tenuti a versare i contributi in relazione alla attività da questi svolta.

Ne consegue che, quand’anche la sussistenza del presupposto della pretesa creditoria sia emersa in concreto dall’esame della dichiarazione dei redditi relativa all’anno precedente, è comunque dall’esercizio dell’attività lavorativa produttiva di reddito -le cui modalità di accertamento da parte dell’INPS rappresentano un mero accidente dal quale non può farsi dipendere la decorrenza del termine di prescrizione- che è esigibile la relativa contribuzione.
Muovendo da tali presupposti, e concernendo i contributi richiesti con l’avviso di addebito l’anno 2008, era già maturata al momento della notifica dell’avviso medesimo la prescrizione.
Per quanto sopra, l’opposizione deve essere accolta e, dichiarato illegittimo l’avviso di addebito, lo stesso deve essere annullato.
Le spese di lite vanno poste a carico dell’INPS secondo la regola della soccombenza.
Esse si liquidano come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/2014.

PQM

Il Tribunale di Catania, in persona del giudice unico, dott.ssa Patrizia Mirenda, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente decidendo nella causa iscritta al n. 2144/2015 R.G., disattese ogni ulteriore domanda, eccezione e difesa, così statuisce:
In accoglimento del ricorso, dichiara illegittimo l’avviso di addebito numero 59320140006838563 che, per l’effetto, annulla.
Condanna l’INPS a rifondere in favore dell’opponente le spese di lite che liquida complessivamente in misura pari ad € 1818,00 di cui € 1775,00 per compensi professionali ed il resto per esborsi, oltre rimborso spese generali al 15%, CPA e IVA come per legge, disponendone la distrazione in favore del procuratore antistatario avvocato Orazio Stefano Esposito.
Così deciso in Catania all’udienza del 2 febbraio 2017
Il giudice del lavoro
dr. Patrizia Mirenda


 

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