REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO
VI SEZIONE CIVILE in persona del giudice dott. Cecilia Marino
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 14620/12 R.G. Cont.
G.D. S.r.l.2), il sig. G. D., il sig. G. L., il sig. G. D. ed il sig. G. P., tutti rappresentati e difesi dall’avv. Silvia Bevione (C.F. BVNSLV72C48L219N)
Attori
CONTRO
U. S.p.a., in persona del procuratore speciale, dott. G. N., rappresentato e difeso dall’avv. Emanuele Balbo di Vinadio (C.F. BLBMNL55L17L219C)
Convenuta
OGGETTO: restituzione d’indebito
Assunta a sentenza all’udienza del 14.9.16 sulle infrascritte conclusioni delle parti.

CONCLUSIONI DI PARTE ATTRICE:
Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, reietta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:
IN VIA PRINCIPALE: dichiarare l’invalidità e la nullità parziale del contratto di apertura di credito e di conto corrente n°____ e n°_______, e di tutti i rapporti in essere con la banca a qualsiasi titolo e a prescindere, oggetto del rapporto tra G.D. S.r.l. e la banca U., particolarmente in relazione alla invalidità e alla nullità delle clausole di pattuizione dell’interesse anatocistico trimestrale e del tasso di interesse ultralegale; accertare e dichiarare l’applicazione di interessi usurari per un totale di €.316.320,51 e di interessi debitori o altre voci di somme non dovute per un totale di €.343.642,65, o per la diversa somma che emergerà dall’istruttoria, da parte della banca U. in relazione al c/c n° ______ e n° ______, acceso presso la banca U.; di conseguenza, condannare la banca U., in persona del legale rappresentante pro tempore alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e/o riscosse ammontanti ad un totale di €.343.642,65, o per la diversa somma che emergerà dall’istruttoria, oltre agli interessi dal fatto al saldo creditori in favore dell’attore ed oltre il risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e morali subiti dalla società G.D. S.r.l. in conseguenza degli illeciti addebiti in conto corrente da parte della banca U. nella misura che sarà provata in corso di causa o liquidata in via equitativa dal Giudice adito.
IN VIA SUBORDINATA: nella denegata ipotesi di rigetto della domanda principale, dichiarare l’invalidità e la nullità parziale del contratto di apertura di credito e di conto corrente n°____ e n°______, e di tutti i rapporti in essere con la banca a qualsiasi titolo e a prescindere, oggetto del rapporto tra G.D. S.r.l. e la banca U., particolarmente in relazione alla invalidità e alla nullità delle clausole di pattuizione dell'interesse anatocistico trimestrale e del tasso di interesse ultralegale; accertare e dichiarare l’applicazione di interessi usurari per un totale di €.316.320,51 e di interessi debitori ed altre voci non dovute per un totale di €.343.642,65, o per la maggiore somma che emergerà dall'istruttoria, da parte della banca U. in relazione al c/c n° ____, acceso dalla G.D. S.r.l.; di conseguenza, condannare la U. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e/o riscosse ammontanti ad un totale di €.343.642,65, o per la diversa somma che emergerà dall’istruttoria, oltre agli interessi dal fatto al saldo ereditari in favore dell’attore ed oltre il risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e morali subiti dalla società G.D. S.r.l. in conseguenza degli illeciti addebiti in conto corrente da parte della U. S.p.a. nella misura che sarà provata in corso di causa o liquidata in via equitativa dal Giudice adito.
IN VIA ULTERIORMENTE SUBORDINATA: nella denegata ipotesi di rigetto della domanda principale, dichiarare l’invalidità e la nullità parziale del contratto di apertura di credito e di conto corrente n°_____ e n° ____, e di tutti i rapporti in essere con la banca a qualsiasi titolo e a prescindere, oggetto del rapporto tra G.D. S.r.l. e la banca U., particolarmente in relazione alla invalidità e alla nullità delle clausole di pattuizione dell’interesse anatocistico trimestrale e del tasso di interesse ultralegale; accertare e dichiarare l’applicazione di interessi usurari di interessi debitori da parte della banca U. in relazione al c/c n° _____ e n°_______, acceso dalla G.D. S.r.l. nella misura che emergerà dall’istruttoria; di conseguenza, condannare la U. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e/o riscosse nella misura che emergerà dall’istruttoria, oltre agli interessi dal fatto al saldo creditori in favore dell’attore ed oltre il risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e morali subiti dalla società G.D. S.r.l. in conseguenza degli illeciti addebiti in conto corrente da parte della banca U. nella misura che sarà provata in corso di causa o liquidata in via equitativa dal Giudice adito.
Con vittoria delle spese e compensi di causa, oltre al rimborso del contributo unificato, al rimborso forfettario, CPA e IVA e distrazione delle spese a favore del difensore.

CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale, in via preliminare accertare la prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme percepite dalla Banca in data anteriore all’8.5.2002 (ovvero nel periodo anteriore ai 10 anni dalla data di notifica dell’atto di citazione) ex art. 2496 c.c. per i motivi di cui in narrativa.
Nel merito in via principale rigettare tutte le domande avversarie in quanto infondate e non provate per i motivi di cui in narrativa, e quindi dichiarare che nulla è dovuto agli attori da U.
Nel merito e in via riconvenzionale prendere atto dell’intervenuta rinuncia alla domanda riconvenzionale, dichiarata dalla Banca nel corso dell’udienza del 28.1.2015, con riserva di proporla in altra sede.
In ogni caso col favore di onorari e spese di giudizio, comprese quelle di CTU, oltre rimborso forfetario al 15%, IVA, CPA, come per legge.

Svolgimento del processo

Nella presente sentenza viene omessa la trattazione dello svolgimento del giudizio e circoscritta la motivazione alla concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione, così come previsto dall'art. 132 c.p.c., applicabile nella sua veste novellata ex l. 69/2009 anche alle cause in corso.

Con atto di citazione notificato in data 8.5.2012, la G.D. srl e i suoi fideiussori, sig.ri D. G., L., D. e P. G., evocavano in giudizio U. S.p.A., chiedendo:
- che fosse dichiarata la “l’invalidità e la nullità parziale dei contratti di conto corrente n.________ e n._______ con relative aperture di credito, e di tutti i rapporti in essere con la Banca…particolarmente in relazione alla invalidità e alla nullità delle clausole di pattuizione dell’interesse anatocistico trimestrale e del tasso di interesse ultralegale”;
- che venisse accertata e dichiarata “l’applicazione di interessi usurari per un totale di € 316.320,51 e di interessi debitori per un totale di € 343.642,65”;
- che venisse conseguentemente condannata la Banca al pagamento di tale ultimo importo o della diversa somma accertata in causa, “oltre il risarcimento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e morali” in conseguenza subiti dagli attori;

Con comparsa del 6.11.2012 la Banca si costituiva in giudizio eccependo in via preliminare l’intervenuta prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme pagate dalla G.D. srl, contestando nel merito le domande avversarie e chiedendo in via riconvenzionale la condanna degli attori al pagamento della somma di € 446.423,63.

All’udienza del 28.1.2015 U. dichiarava di rinunciare alla domanda riconvenzionale “senza rinunciare al diritto di credito che sarà eventualmente oggetto di altro giudizio.”
Venivano effettuate due consulenze tecnica, la prima ad opera del dott. Valter Bullio, la seconda con solo riferimento alla problematica dell’usura, del dott. Ermanno Garola.
La necessità dell’espletamento della secondo perizia nasceva dal fatto che, mentre la prima escludeva che vi fosse mai stato superamento del tasso soglia, in corso di causa emergeva, in quanto riferito dalle parti, che la Procura della Repubblica di Torino nel procedimento iscritto per il reato di usura a carico di esponenti della banca convenuta nato a seguito della denuncia del signor G. aveva fatto espletare una ctu relativa al periodo successivo al 1.1.2010 che aveva rilevato la sussistenza di trimestri di superamento dei tassi-soglia.
Si poneva quindi il problema di di evitare possibili contrasti di giudicati tra giustizia penale e civile.
La causa, relativa a due conti correnti correnti aperti prima del 2000, viene ora a sentenza sulle questione controverse che seguono.

Motivazione

RINUNCIA ALL’AZIONE:
Preliminarmente va rilevato come la banca abbia rinunciato a coltivare nel presente giudizio la domanda riconvenzionale, riservandosi di far eventualmente valere il proprio diritto di credito successivamente; questo comportamento costituisce rinuncia agli atti del giudizio ai sensi dell’art. 306 c.p.c., rinuncia che non è stata accettata dalla controparte.
La Banca afferma che trattasi di rinuncia all’azione e non agli atti, ma ciò è incompatibile con la dichiarazione di non rinunciare al proprio diritto di credito.

PRESCRIZIONE
U. eccepisce la prescrizione del diritto alla ripetizione di indebito per il periodo anteriore al 8.5.2002.
Parte attrice ha eccepito la tardività dell’eccezione, ma essa è stata correttamente sollevata dalla banca nella comparsa di costituzione.
Secondo la convenuta, sussiste prescrizione per il periodo indicato in quanto parte attrice avrebbe potuto chiedere la ripetizione degli addebiti che asserisce illegittimi ben prima di quando ha proposto la presente azione giudiziale, in quanto il diritto sorgerebbe al momento dell’effettuazione di ogni singola rimessa, a prescindere dalla natura ripristinatoria o solutoria di quest’ultima.
In ogni caso la prescrizione deriverebbe dall’applicazione dei principi della sentenza 24418/2010; in ragione di tali principi se la parte che chiede la ripetizione di somme pagate non prova che il conto corrente era affidato, l’assenza di fidi comporta che tutte le rimesse assumano carattere solutorio e siano, quindi, prescritte.
Sempre secondo U., parte attrice ha solo sostenuto, nel suo atto introduttivo, la presenza di un affidamento (p. 3 citazione), tuttavia non ha mai prodotto il relativo contratto, conseguentemente tutti i versamenti effettuati sul conto scoperto fino al maggio 2002 costituiscono pagamenti in quanto l’assenza di documentazione comprovante la concessione, da parte della Banca, di affidamenti in conto corrente determina che le rimesse effettuate dal correntista su conto scoperto hanno avuto tutte natura solutoria.
In applicazione del principio espresso dalle SS.UU. della Corte di Cassazione, pertanto, oggetto di domanda di ripetizione di parte attrice potranno essere solamente quei versamenti/pagamenti effettuati a partire dal 9 maggio 2002, mentre per tutti i versamenti precedenti dovrà essere accertata l’intervenuta prescrizione del diritto a pretenderne la ripetizione.

Ritiene il giudicante di non poter accogliere l’eccezione di prescrizione.
I principi da applicare sono quelli previsti dalla sentenza della Cassazione n. 24418/2010.
Pur in difetto di contratto di affidamento, l’esistenza dello stesso è provata documentalmente sulla base degli estratti conto prodotti.
Secondo la giurisprudenza infatti (sentenza Corte di Appello di Torino n. 902/13, ordinanza Tribunale di Torino del 4.4.14 nella causa n. 6891/12) si deve ritenere sussistente tra le parti un contratto di apertura di credito in difetto di contratto con limite massimo quello effettivamente raggiunto allorché il correntista abbia operato costantemente con saldo passivo, comportamento che non avrebbe evidentemente potuto tenere in assenza del consenso della banca, la quale nel tempo non risulta avere mai avere chiesto rientri né assunto qualunque altra iniziativa negativa nei confronti del cliente.
Ulteriore prova è data dal fatto che la banca abbia costantemente applicato la commissione massimo scoperto, istituto che presuppone un affidamento pattizio, avente funzione di corrispettivo del servizio di messa a disposizione costante di una somma di denaro.
Anche i report di centrale rischi concorrono a provare la sussistenza del fido.
D’altra parte l’affidamento di fatto ha rilevanza normativa, considerando che gli scoperti senza affidamento sono stati portati dalla Banca d’Italia ad autonoma categoria di rilevanza usuraria, mentre prima rientravano nella categoria dell’apertura di credito, con aumento del tasso-soglia per i primi.
Come afferma la Corte di Appello di Torino nella sentenza n. 902/13 , in casi del genere la banca mostra di voler considerare il conto in questione non già propriamente scoperto, ma semplicemente passivo; e ciò sull’implicito ma univoco presupposto del riconoscimento di un affidamento in linea di puro fatto.
Pur risultando nullo un affidamento di fatto ai sensi dell’art. 117 tu bancario, ai sensi dell’art. 127 dello stesso la nullità opera solo a vantaggio del cliente; nel caso oggetto di causa quindi la nullità non rileva in quanto non opererebbe a vantaggio del cliente.
Nella vicenda de quo, come rilevato da parte attrice l’esistenza dell’apertura di credito in favore del correntista si ricava da una serie di risultanze documentali, desunte dagli estratti di conto corrente prodotti.

In particolare, l’esistenza dell’affidamento risulta dai seguenti elementi sintomatici:
a) l’avere la banca consentito al cliente di usufruire di fatto di uno scoperto di c/c, stabilmente e costantemente per una durata di oltre dieci anni;
b) l’applicazione, indicata negli estratti conto, di una commissione di massimo scoperto;
c) l’indicazione negli estratti di conto corrente di tassi debitori ordinari, senza alcun richiamo e distinzione di tassi extrafido, che presupporrebbero un’utilizzazione dell’apertura di credito oltre un limite prestabilito dalla banca;
d) la mancata richiesta della banca, per tutta la durata del rapporto, di un rientro del cliente dallo scoperto di c/c;
e) l’indicazione da parte della banca nello scalare trimestrale di scaglioni di tasso;
f) l’indicazione da parte della banca nella Centrale Rischi della soglia di affidamento.
Si ritiene inoltre che fosse a carico della banca l’onere di indicare le rimesse aventi carattere solutorio.
Chi solleva un’eccezione di prescrizione, alla luce del principio del giusto processo, che impone ad ogni parte di indicare in modo specifico i propri assunti in modo da garantire alla controparte il pieno espletamento del diritto di difesa nonché un rapido svolgersi del processo, non può legittimamente farlo senza indicare in modo dettagliato gli elementi di fatto che ne giustificano la proposizione.

MANCATA PRODUZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO E SALDO ZERO
La banca afferma che la ctu era inammissibile e che quindi è ora inutilizzabile in quanto gli attori non hanno prodotto in causa la documentazione completa, ma solo gli estratti conto scalari (e neppure tutti).
Tale eccezione deve essere rigettata per tardività della stessa, in quanto mai dedotta prima dell’espletamento della consulenza tecnica.
Non può essere infatti condivisa la tesi di parte convenuta secondo cui la mancanza di prova a fondamento della domanda è fatto che può essere sollevato in qualunque momento processuale; viceversa si deve ritenere che, non avendo la banca sollevato la questione dell’inammissibilità della ctu per mancanza di estratti-conto ordinari al momento del conferimento della perizia, essa ha implicitamente rinunciato a sollevare la stessa.
Il principio di non contestazione ha infatti carattere generale, anch’esso in relazione al principio di ragionevole durata del processo ai sensi dell’art. 11 Costit., e consente di non prendere più in considerazione le questioni specifiche su cui le parti non hanno promosso contestazioni.

La banca ha poi affermato l’inapplicabilità del saldo zero, sostenendo che, a seguito della rinuncia alla domanda riconvenzionale, sarebbe venuto meno l’unico presupposto in base al quale poteva giustificarsi l’applicazione di tale criterio.
Fermo restando quanto sopra detto in merito alla attuale pendenza della domanda riconvenzionale, in ipotesi quale quella in oggetto, di causa in cui pendono sia la domanda del correntista che quella della banca, occorre capire come viene a delinearsi l’onere della prova nel caso in cui sia il correntista e che banca non producano la documentazione completa.
Sul punto si sono evidenziati in giurisprudenza due indirizzi: uno che ritiene che ciascuna delle due azioni rimanga indipendente con i relativi oneri probatori, ed altra che ritiene invece che si abbia una causa unica a tutti gli effetti con la banca che propone l’azione principale e il correntista che vuole paralizzare in tutto e in parte l’azione della banca eccependo l’indebito; la conseguenza è che se la banca non produce tutta la documentazione si parte da saldo zero.

Ritiene il giudicante che questa seconda ipotesi sia preferibile in quanto, una volta che pendano le due domande, la causa assume caratteristiche di unicità con necessità di una regolamentazione che tenga appunto conto del fatto che assume la posizione di creditore principale la banca; va anche tenuto conto del fatto che, considerando le domande singolarmente, si giungerebbe a risultati diversi in merito al dare-avere relativo allo stesso rapporto contrattuale.
Quindi si deve riconfermare che, stante la mancata produzione da parte della banca dell’intera documentazione, è stato corretto il metodo di partire dal saldo zero.

Lamenta ancora la banca che la procedura utilizzata dal ctu dott. Bullio sarebbe errata in quanto i saldi per valuta sono frutto di riordino di ooerazioni contabili che, basandosi appunto sulla data di valuta, potrebbero determinare una contabilizzazione che non rispecchia l’esatta cronologia degli eventi.
Anche questo assunto non può essere condiviso perché il metodo utilizzato dipende dall’insufficienza della documentazione, in relazione a cui valgono le regole processuali sopra esposte.

SPESE NON PATTUITE
E’ stata rilevato l’addebito da parte della banca di spese non pattuite per i seguenti importi; - €.30.185,28 sul c/c n°______, - €.7.958,86 sul c/c n°_______ per un totale di €.38.144,14.

ANATOCISMO
L’anatocismo applicato risulta illegittimo, mancando previsioni contrattuali che sanciscano la stessa periodicità in interessi attivi e passivi.
Quanto al periodo successivo all’entrata in vigore della circolare Cicr, la banca non ha dato prova di avere effettuato le prescritte pubblicazioni e comunicazioni al cliente relative alle nuove condizioni di reciprocità nella capitalizzazione periodica.
Secondo il conteggio del ctu vi è sui due conti un totale di €.183.650,54 di interessi anatocistici pagati e non dovuti da restituire agli attori.
La riduzione equitativa di tale somma, tenuto conto dell’inesattezza contabile derivante dalla mancanza di parte degli estratti conto, può essere fatta al fine di ottenere un risultato più equo, non cogliendo nel segno le obiezioni di parte convenuta in ragione di quanto affermato in merito all’onere della prova.
L’importo è dunque ridotto equitativamente a euro 170.000,00 euro.

CMS
Non risulta pattuita e i relativi importi debbono quindi essere restituiti ai correntisti.
L’importo da restituire per tale titolo è di €.87.445,59.

USURA
La ctu effettuata dal dott. Garola ha riscontrato la sussistenza di usura sia anteriormente al 31.12.2009 che successivamente.
Nella presente causa si pone il problema, sia pure, come si vedrà, per importi minimi, di decidere se la Cms deve entrare nel conteggio dell’usura prima del 1.1.2010.
Eccepisce sul punto la difesa della U. che la Prima sezione della Cassazione civile ha recentemente affermato che “ la commissione di massimo scoperto, applicata fino all’entrata in vigore dell’art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, deve ritenersi in thesi legittima almeno fino al termine del periodo transitorio fissati al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il TEGM – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d’Italia non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario, dato atto che ciò è avvenuto solo dal primo gennaio 2010, nelle rilevazioni trimestrali del TEGM; ne consegue che l’art. 2 bis del d.l. n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644 co. 3 c.p., bensì disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa disciplina anche regolamentare (richiamata dall’art. 644 co. 4 c.p.) tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari, derivandone – ai fini qui di interesse – che per i rapporti bancari esauritosi prima del 1 gennaio 2010, allo scopo di valutare il superamento del tasso soglia nel periodo rilevante, non debba tenersi conto delle CMS applicate dalla banca ed invece essendo tenuto il giudice a procedere ad un apprezzamento nel medesimo contesto di elementi omogenei della remunerazione bancaria, al fine di pervenire alla ricostruzione del tasso soglia usurario come sopra specificato” (Cass. Civ. 22.6.2016 n.12965).

Ritiene il giudicante che la predetta sentenza non possa costituire un punto di svolta su cui ancorare la decisione in merito alla predetta questione.
Analizzando il citato provvedimento, va messo in rilievo che punto centrale dello stesso, da cui parte il ragionamento ivi espresso, è quello secondo cui l’originario testo dell’art. 644 c.p. comma 4 non aveva un contenuto improntato a chiarezza laddove faceva riferimento al termine “commissione” (“poteva lasciar intendere” secondo una non chiara espressione usata nel provvedimento).
Secondo la Corte (che esprime peraltro il concetto in forma rovesciata e comunque ambigua) il congegno ricognitivo-determinativo primario, fino all'entrata in vigore della riforma, espressamente escludeva quest'ultima dal calcolo del TEGM, motivo per cui la la legge 2/09 integra un vero e proprio mutamento innovativo nella disciplina complessivamente intesa (inclusi ovviamente gli atti di valore regolamentare, fino a quel momento lasciati dal legislatore a regolare la materia) e dunque in tema di CMS.
Se d'altronde la norma avesse inteso proporsi secondo una valenza di interpretazione autentica, non sarebbe agevole, sempre secondo il Supremo Collegio, dotare di apparente ragione la contemporanea fissazione di un dies a quo per attribuire rilevanza alle CMS nel calcolo del TEGM e, soprattutto, la devoluzione all'autorità amministrativa del compito di fissare un periodo transitorio per consentire alle banche di adeguarsi alla normativa preesistente.
A ciò si aggiunge, secondo la Corte, la considerazione per cui, risultando ragionevole attendersi simmetria tra la metodologia di calcolo del TEGM e quella dello specifico TEG, se le rilevazioni della Banca d’Italia fossero inficiate da illegittimità, non potrebbero essere applicate le sanzioni civili e penali, risultando radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura: per l’utilizzo di criteri diversi da quelli elaborati dalla Banca d’Italia, il giudice sarebbe tenuto a procedere ad una nuova ricostruzione del TEGM, in rispetto del principio di omogeneità di confronto.

Ritiene il giudicante che la prima considerazione che occorre fare a fronte dell’enunciato della Cass. 12965/2016 è che si deve registrare un grave contrasto nella giurisprudenza della Cassazione. Le tesi sopra espresse contrastano infatti con il consolidato orientamento della Cassazione penale.
Afferma la sentenza della Cass. Penale n. 12038 del 2010: “ Questo Collegio ritiene che il chiaro tenore letterale dell'art. 644 c.p., comma 4 (secondo il quale per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito.
Tra essi rientra indubbiamente la Commissione di massimo scoperto….. ….Tale interpretazione risulta avvalorata dalla normativa successivamente intervenuta in materia di contratti bancari. Al riguardo occorre richiamare il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 2 bis convertito con la L. 28 gennaio 2009, n. 2…..
La disposizione in parola, per quel che interessa in questa sede, può essere considerata norma di interpretazione autentica dell'art. 644 c.p., comma 4 in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme.”

A sua volta la Cassazione penale n. 46669 del 2011 afferma “Con riferimento alla determinazione del tasso di interesse usurario, ai sensi dell'art. 644 c.p., comma 4, si tiene, quindi, conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito….
Quindi, come peraltro rilevato sia dal Tribunale e dalla Corte territoriale, anche la CMS devi essere tenuta in considerazione quale fattore potenzialmente produttivo di usura, essendo rilevanti ai fini della determinazione del tasso usurario tutti gli oneri che l'utente sopporta in relazione all'utilizzo del credito, indipendentemente dalle istruzioni o direttive della Banca d'Italia (circolare della Banca d'Italia 30.9.1996 e successive) in cui si prevedeva che la CMS non dovesse essere valutata ai fini della determinazione del tasso effettivo globale degli interessi, traducendosi in un aggiramento della norma penale che impone alla legge di stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Le circolari e le istruzioni della Banca d'Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi in cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca d'Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell'elemento oggettivo. Le circolari o direttive, ove illegittime e in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia, neppure quale mezzo di interpretazione, trattandosi di questione nota nell'ambiente del commercio che non presenta in se particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito….. La materia penale è dominata esclusivamente dalla legge e la legittimità si verifica solo mediante il confronto con la norma di legge (art. 644 c.p., comma 4) che disciplina la determinazione del tasso soglia che deve ricomprendere “le remunerazioni a qualsiasi titolo", ricomprendendo tutti gli oneri che l'utente sopporti in connessione con il credito ottenuto e, in particolare, anche la CMS che va considerata quale elemento potenzialmente produttivo di usura nel rapporto tra istituto bancario e prenditore del credito.
Appare pertanto illegittimo lo scorporo dal TEGM della CMS ai fini della determinazione del tasso usuraio, indipendentemente dalle circolari e istruzioni impartite dalla Banca d'Italia al riguardo.”

Le sentenze penali esprimono alcuni importanti principi assolutamente condivisibili.
La legge n. 108 del 1996 ha sancito in termini chiarissimi che la commissione massimo scoperta era una delle voci che dovevano essere conteggiate ai fini del calcolo del superamento del tasso soglia; né è messo in dubbio che tale elemento sia collegato all’erogazione del credito.
Tutti i soggetti che dovevano intervenire al fine di determinare quali erano le soglie dei tassi di interesse oltre ai quali scattava l’usura dovevano dare piena applicazione all’inconfutabile dettato legislativo.
Si è invece verificato un fenomeno connotato da grandissima anomalia dal punto di vista istituzionale, ossia un’applicazione concreta contra legem della norma, attraverso un meccanismo per cui la commissione massimo scoperto veniva si rilevata ma non conteggiata nel Tegm.
Il primo punto di critica alla Cassazione n. 12965/2016 è che il precetto normativo è quello indicato dall’art. 644 c.p. comma IV e non dalla prassi che l’ha attuato.
Una interpretazione quale quella della citata sentenza va a stravolgere un principio base del nostro ordinamento, ossia la prevalenza della legge sulla fonte secondaria; secondo la Corte invece la legge sarebbe assoggettata alle mutevoli decisioni di organi amministrativi nonché a formule matematiche applicative oggetto di pesanti critiche.
Si ritiene invece corretto che la legge venga interpretata secondo i normali canoni ermeneutici quale si presentava prima dell’intervento correttivo; ora nessun interprete può seriamente sostenere che la commissione massimo scoperto non fosse chiaramente indicata nell’art. 644 c.p., il quale contiene anche quale inciso di chiusura il termine “remunerazioni a qualsiasi titolo”. Non c’era che da applicare il brocardo “in claris non fit interpretatio”.
Non si può stravolgere la realtà negando che la legge 2/09 non è intervenuta per sanare laceranti contrasti interpretativi, bensì semplicemente per imporre il rispetto della regola al sistema bancario. Come correttamente affermato dalla Cassazione penale, nessun istituto di credito nei suoi vertici può legittimamente affermare di non avere compreso il chiaro disposto della norma e la difformità applicativa; applicare tassi e commissioni tali da sfiorare o superare i tassi soglia è dunque stata “un’attività pericolosa” liberamente scelta.
Quanto alla normativa transitoria prevista dalla legge 2/09, essa risulta riferita alla nuova CMS, non alla precedente, la quale risultava dipendente esclusivamente dall’utilizzazione dei fondi.
Neppure si ritiene che l’inserimento della Cms nel calcolo del Teg renda inapplicabile la norma.
Ai sensi dell’art. 2 legge n. 108 infatti la funzione del D.M. consiste nel fotografare l'andamento dei tassi medi di mercato, praticati da banche e intermediari finanziari sottoposti a vigilanza (comma 1), distinti per classi omogenee di operazioni “tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie” per i fini indicati dalla legge.
Il TEGM rappresenta un indicatore fisiologico medio del mercato, tanto è vero che ad es. la Banca d’Italia ha escluso dalla rilevazione tipologie di crediti e elementi di costo che, discostandosi dalla norma per motivi particolari o di patologia, altererebbero il normale prezzo del credito applicato alla clientela. Ad es. sono esclusi dalle rilevazioni (vedi Istruzioni, par. B2) le posizioni classificate a sofferenza, i crediti ristrutturati, le operazioni a tasso agevolato, i finanziamenti revocati: eppure nessuno dubita che anche tali crediti siano sottoposti al vaglio d’usura ancorché non rilevati. Avendo dunque la Banca d’Italia approntato una metodologia di rilevazione del costo fisiologico del denaro,
l’aggregato dei costi ricompresi nella formula del TEG, impiegata per la determinazione del TEGM, può non esaurire tutti i possibili costi che rispondono al principio dettato dell’art. 644 c.p. e che devono essere viceversa ricompresi nella verifica di usura della singola erogazione di credito, fisiologica o patologica che sia.

Da ciò consegue che la commissione di massimo scoperto va considerata uno degli elementi che rientrano nello spread tra Tegm e tasso soglia previsto dalla norma, mentre deve essere computata nel Teg.
Peraltro, anche ove si ritenesse necessario mantenere il cd principio di omogeneità tra Tegm e Teg, è possibile operare una correzione del Tegm (così come effettuato nelle perizie svolte in corso di causa su precisa indicazione del quesito) inserendo la Cms (la cui presa in considerazione non è stata esclusa in assoluto neppure dalla sentenza n. 12965/16) quando rilevata dalla Banca d’Italia nel computo del Tegm, anche in un’ottica di tipo garantistico, considerando che l’usura costituisce altresì reato, oltre che illecito civilistico.
La legge sarebbe infatti inapplicabile nel solo caso di omissione di rilevamento, mancando i dati base su cui operare il calcolo dell’usura.
Ove questo sia stato effettuato, il giudice può legittimamente disapplicare gli atti che abbiamo dato scorretta esecuzione alla legge.
Le Istruzioni della Banca d’Italia sono rivolte alle banche e agli operatori finanziari per rilevare il TEGM, ma non sono dirette a stabile i criteri di individuazione del teg e non possono vincolare il giudice nell’ambito del suo accertamento di tale dato applicato alla singola operazione secondo i criteri di legge.

Venendo ai risultati della ctu del dott. Garola, deve dunque essere utilizzato il criterio di inclusione della cms per il periodo anteriore al 1.1.2010.
Appare corretto utilizzare il criterio indicato dalla banca della cms media annualizzata perché foriera di un risultato più preciso; pertanto per tale periodo risulta usura sul conto n. 65002451 per 7 trimestri con un importo eccedente la soglia di usura di euro 829,32. Quanto all’usura verificatasi successivamente, non può viceversa essere accolta la richiesta dell’istituto di credito di utilizzo del criterio della cms media annualizzata in quanto la formula da utilizzare (e utilizzata dal ctu dott. Garola) è quella della Banca d’Italia.
Pertanto risulta eccedente con riferimento a tale periodo rispetto al tasso soglia con riferimento al conto n. 2152394 l’importo di euro 7000,34 relativo a 21 trimestri.

Deve essere rigettata la domanda di risarcimento danni avanzata da parte attrice, mancando ogni prova degli asseriti danni.
Sulla domanda riconvenzionale della parte convenuta non vi è luogo a provvedere, in quanto non coltivata dalla stessa per le ragioni già esposte.
Le spese legali e di ctu seguono la soccombenza di parte convenuta, liquidate al massimo della tariffa professionale stante la complessità della causa.
In merito alla proposizione di proposta conciliativa da parte di U., non accettata dagli attori, essa non è elemento che possa essere considerato ai fini delle spese di causa, in quanto il signor G. ha motivato il rifiuto con il fatto che i provvedimenti amministrativi anti-usura, che egli ha richiesto, vietano che l’asserita vittima di usura possa ricevere denaro dall’asserito autore del fatto, pena la perdita di ogni beneficio; trattasi quindi di rifiuto giustificato.

PQM

Il G.I.
definitivamente provvedendo, contrariis rejectis,
DICHIARA
tenuta e condanna U. s.p.a. a pagare agli attori l’importo di euro 303.419,39 oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
condanna inoltre parte convenuta a rimborsare agli attori il compenso per spese legali che liquida in complessivi euro 40.480,00 oltre accessori di legge, costo del presente atto e successive spese inerenti; pone in via definitiva a carico di parte convenuta le spese di ctu, nell’importo già liquidato.
Torino, 3.1.2016
Il giudice
dott. Cecilia Marino


 

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