L'orientamento della Corte di Cassazione in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione ex art. 2051 c.c. a seguito della Sentenza 19653/2004,appare ormai consolidato.
segnaliamo alcune recenti decisioni della Suprema Corte che ribadiscono l'applicabilità della tutela ex art. 2051 c.c. anche nei confrontti della P.A.
Cassazione civile - Sez. III, Sent. n. 23277 del 18.11.2010
Cassazione civile - Sez. III, Sent. n. 24419 del 19.11.2009
Cassazione civile - Sez. III, Sent. n. 20754 del 28.09.2009
Cassazione civile - Sez. III, Sent. n. 8157 del 3.04.2009
Cassazione civile - Sez. III, Sent. n. 20427 del 25.07.2008

Proponiamo nella sessione Formulario ipotesi di atto di citazione contro la P.A. per responsabilità ex art. 2051 c.c.


Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-11-2010, n. 23277
E' consolidata affermazione di questo giudice di legittimità che, in tema di responsabilità per danni da beni di proprietà della Pubblica amministrazione, qualora non sia applicabile la disciplina di cui all'art. 2051 cod. civ., in quanto sia accertata in concreto l'impossibilità dell'effettiva custodia del bene, a causa della notevole estensione dello stesso e delle modalità di uso da parte di terzi, l'ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall'utente, secondo la regola generale dell'art. 2043 cod. civ., norma che non limita affatto la responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un'insidia o di un trabocchetto. Conseguentemente, secondo i principi che governano l'illecito aquiliano, graverà sul danneggiato l'onere della prova dell'anomalia del bene, che va considerata fatto di per sè idoneo - in linea di principio - a configurare il comportamento colposo della P.A., mentre spetterà a questa dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l'impossibilità di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (confr. Cass. 6 luglio 2006, n. 15383).

Cass. civ. Sez. III Sent., 19 novembre 2009, n. 24419
L'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., dei sinistri causati dalla particolare conformazione della strada o delle sue pertinenze. Tale responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, che può consistere sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima, consistita nell'omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe e che, attraverso l'impropria utilizzazione del bene pubblico, abbia determinato l'interruzione del nesso eziologico tra lo stesso bene in custodia ed il danno. (Nella specie, un motociclista aveva convenuto in giudizio l'ente proprietario di una strada di montagna, invocandone la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. ed allegando di essere caduto a causa del brecciolino che copriva la carreggiata. La S.C., confermando la sentenza di merito, ha ritenuto assorbente - in quanto integrante il suddetto caso fortuito - la responsabilità della vittima, consistita nell'avere ignorato la segnaletica che avvertiva dell'esistenza di lavori in corso e prescriveva un limite di velocità di 30 km/h). (Rigetta, App. Trieste, 13/08/2005)

Cassazione Civile – Sez. III, Sent. n. 20754 del 28.09.2009
Agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito è, in linea generale, applicabile l'art. 2051 c.c. in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, essendo peraltro configurabile il caso fortuito in relazione a quelle provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificatamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (nella specie, in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza della corte di merito con cui si rigettava la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti dell'ANAS per i danni cagionati da una frana ad un'autovettura lungo la S.S. n. 203 "Agordina").

Cass. civ. Sez. III Sent., 3 aprile 2009, n. 8157
La disciplina di cui all'art. 2051 cod. civ. è applicabile agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, essendo peraltro configurabile il caso fortuito in relazione a quelle provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere. Ai fini del giudizio sulla prevedibilità o meno della repentina alterazione della cosa, occorre aver riguardo, per quanto concerne in particolare i pericoli derivanti da situazioni strutturali e dalle caratteristiche della cosa, al tipo di pericolosità che ha provocato l'evento di danno e che, ove si tratti di una strada, può atteggiarsi diversamente, in relazione ai caratteri specifici di ciascun tratto ed agli eventi analoghi che lo abbiano in precedenza interessato. (Nella specie, a causa di una frana verificatasi a monte di una strada pubblica, un masso aveva colpito una vettura che transitava in quel momento, determinando la morte di una persona e il ferimento grave di un'altra. La S.C., nel cassare la sentenza che aveva confermato il rigetto della domanda di risarcimento proposta, ha affermato che la Corte di merito aveva erroneamente apprezzato l'applicabilità dell'art. 2051 cod. civ. non in relazione al tratto di strada interessato, ma all'estensione delle zone montuose sovrastanti le strade dell'intera regione, ed aveva condotto l'indagine sulla responsabilità della P.A. in relazione ai criteri di imputazione propri dell'art. 2043 cod. civ., anziché dell'art. 2051 cod. civ., al quale è estraneo ogni apprezzamento dell'elemento soggettivo della colpa, essendo la responsabilità del custode esclusa solo dal fortuito). (Cassa con rinvio, App. Torino, 20/09/2005)

Cass. civ. Sez. III Sent., 25 luglio 2008, n. 20427
La responsabilità oggettiva prevista dall'art. 2051 c.c. è invocabile anche nei confronti della P.A., per i danni arrecati dai beni dei quali essa ha la concreta disponibilità, anche se di rilevanti dimensioni. Tale responsabilità resta esclusa solo dalla prova, gravante sulla p.a., che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, le quali nemmeno con l'uso della ordinaria diligenza potevano essere tempestivamente rimosse, così integrando il caso fortuito previsto dalla predetta norma quale scriminante della responsabilità del custode. (Nella specie, il giudice di merito aveva escluso la responsabilità della p.a. per i danni subiti da un trattore agricolo finito in un avvallamento della strada, ritenendo non potersi affermare con certezza se il manto stradale avesse ceduto a causa del peso del trattore, o se piuttosto non fosse stato quest'ultimo a finire per imperizia nell'avvallamento preesistente. La S.C., affermando il principio di cui alla massima, ha cassato con rinvio tale decisione). (Cassa con rinvio, Trib. Cerignola, 08 marzo 2004)

La Suprema Corte a partire dalla Sentenza 19653/2004 ha dato vita ad un nuovo indirizzo giurisprudenziale affermando l’assunto in forza del quale: “Allorquando invochi la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. contro una Pubblica Amministrazione in relazione a danno originatosi da bene demaniale o patrimoniale soggetto ad uso generale, il danneggiato non è onerato della dimostrazione della verificazione del danno in conseguenza dell’esistenza di una situazione qualificabile come insidia o trabocchetto, bensì esclusivamente – come di regola per l’invocazione della suddetta norma – dell’evento dannoso e del nesso causale fra la cosa e la sua verificazione” (Corte di Cassazione – Sezione III civile – Sentenza 30 giugno- 1 ottobre 2004 n.19653).

Le massime sopra riportate vanno ad innestarsi proprio in questo nuovo indirizzo assunto dalla giurisprudenza, confermando sul punto il mutato orientamento della Corte di Cassazione.
Occorre, pertanto, evidenziare l’evoluzione giurisprudenziale che ha contraddistinto la conclusione cui si è approdati riguardo la vexata quaestio circa la tipologia e l’ambito di disciplina applicabile in caso di incidente avvenuto su una strada pubblica a causa del dissesto della medesima.
Si colloca in tale quadro la problematica afferente l’applicabilità alla P.A. delle norme in tema di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. e di responsabilità per i danni da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c..
Inizialmente la Suprema Corte riteneva senz’altro esclusa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. a tutti quei incidenti verificatisi su strade statali ed autostrade, mentre riteneva ammissibile la predetta disciplina relativamente ai sinistri prodottisi su strade di proprietà del Comune e della Provincia.
Anche la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 156 del 1999 ha ritenuto la P.A. responsabile nei confronti dei privati per difetto di manutenzione delle strade, allorquando non abbia osservato le specifiche norme e le comuni regole di prudenza e diligenza poste a tutela dell’integrità personale e patrimoniale dei terzi, a tale stregua venendo a “superare il limite esterno della propria discrezionalità, con conseguente sua sottoposizione al regime generale di responsabilità dettato dall’art. 2043 c.c.”.
Ma la disamina della corte Costituzionale non finisce qui, giacché la stessa fornisce ulteriori elementi d’indagine, precisando che “la notevole estensione del bene e l’uso generale e diretto da parte dei terzi costituiscono meri indici dell’impossibilità d’un concreto esercizio di controllo e vigilanza sul bene medesimo; la quale dunque potrebbe essere ritenuta non già in virtù di un puro e semplice riferimento alla natura demaniale e all’estensione del bene, ma solo a seguito di un’indagine condotta dal giudice con riferimento al caso singolo, e secondo criteri di normalità”.
Tuttavia, partendo da detta decisione della Corte Costituzionale, i giudici di legittimità sono pervenuti ad escludere anzitutto l’”automatismo” interpretativo, secondo cui la ricorrenza della caratteristiche a) della demanialità o patrimonialità del bene, b) dell’uso diretto della cosa, c) dell’estensione della medesima è da ritenersi idonea ad automaticamente escludere l’applicabilità dell’art. 2051 c.c..
Da ciò ne deriva che la responsabilità ex art. 2051 c.c. trova applicazione nei confronti della P.A., non solo nelle ipotesi in cui essa svolge una determinata attività sulla strada in custodia, ma ogniqualvolta non è ravvisabile l’oggettiva impossibilità dell’esercizio del suo potere di controllo sulla stessa a causa della notevole estensione del bene e del relativo uso generale da parte dei terzi. E da tale responsabilità la P.A. può liberarsi solamente fornendo la prova del fortuito.
Sul punto, citiamo testualmente le seguenti massime di recentissime pronunzie della Suprema Corte:
“Il danneggiato che invochi la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. contro la P.A., in relazione a danno originatosi da bene demaniale o patrimoniale soggetto ad uso generale e diretto della collettività, non è onerato della dimostrazione della verificazione del danno in conseguenza dell’esistenza di una situazione qualificabile come insidia o trabocchetto, dovendo esclusivamente provare – come avviene di regola per le ipotesi di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia – l’evento dannoso e l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento suddetto. Trattandosi di un’ipotesi di responsabilità aggravata e non di responsabilità oggettiva, la P.A., per liberarsi della presunzione gravante su di essa, deve dare la prova del fortuito e quindi dimostrare mancanza di colpa, che emerge sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente necessario per prevenire ed evitare l’evento e la condotta mantenuta” (Cassazione Civile Sez. III, 20.02.2006, n.3651);
“Poiché la responsabilità per i danni cagionati da cosa in custodia, anche nell’ipotesi di beni demaniali, ha carattere oggettivo, affinché possa configurarsi in concreto la responsabilità del custode è sufficiente la dimostrazione del nesso causale fra la «res» ed il danno arrecato, mentre non assume rilievo alcuno la condotta del custode e l’osservanza, o meno, da parte dello stesso di un obbligo di vigilanza; ne consegue che il caso fortuito, quale limite alla responsabilità del custode, assume rilevanza solo nell’ambito del profilo causale, come elemento esterno, comprensivo del fatto del terzo o dello stesso danneggiato, recante i caratteri dell’oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva escluso la responsabilità del Comune per la caduta di un ciclista a causa di una grata per la raccolta delle acque presente sul manto stradale)” (Cassazione Civile Sez. III, 06.07.2006, n.15384).
L’art. 2051 c.c., pone, dunque, una presunzione di responsabilità a carico di colui che ha il dovere di custodia della cosa, in quanto proprietario, usufruttuario, enfiteuta o conduttore. Mentre a carico del danneggiato grava il solo onere di dimostrare il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno subito; ossia la dimostrazione che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (Cass. 2075/2002).
Ad ogni modo, ciò che può risultare certo e consolidato è l’assunto, già da lungo tempo sostenuto dalla più autorevole dottrina, secondo cui “il danneggiato non può farsi carico della prova anche dell’insidia e del trabocchetto, estranei alla responsabilità ex art. 2051 c.c., così come della condotta omissiva o commissiva del custode, dovendo invero limitarsi a provare la sussistenza dell’evento ed il suo rapporto di causalità con la cosa” (Vincenzo Carbone, Responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c., in Corriere Giuridico, 2006, 4, 462; V. le opinioni già espresse da: Alpa-Bessone, La responsabilità Civile, Milano, 1980, 2; Rodotà, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1975, 153 ss.; Geri, La responsabilità civile da cose in custodia, animali e rovine di edificio,Milano, 1974, 74; Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961,100)

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