Con riguardo ai contratti di locazione di immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, una delle questioni che la giurisprudenza della Suprema Corte si è trovata a più riprese ad affrontare è quella circa la facoltà delle parti di predeterminare aumenti del canone di locazione in frazioni di tempo scadenzate lungo la durata del rapporto locatizio.

Sul punto appare ben certo il principio secondo cui incrementi del canone non possono essere pattuiti dalle parti durante lo svolgimento del rapporto contrattuale.


" Il diritto del conduttore di non corrispondere somme superiori a quelle dovute "ex lege" è suscettibile di valida ed efficace rinuncia soltanto allo spirare del rapporto di locazione, dovendosi di converso ritenere colpite da nullità tutte quelle pattuizioni - ancorché intervenute in corso di rapporto e non prima della sua stipula - che si risolvano in veri e propri aumenti del canone al di fuori delle statuizioni di cui all'art. 32 legge 27 luglio 1978, n. 392 ".(Cass. civ. Sez. III, 15 settembre 2008, n. 23677)

Con riguardo invece ad aumenti di canone determinati al momento della conclusione del contratto di locazione, l'indirizzo della Suprema Corte sembra essersi consolidato sul seguente principio di diritto:

"in virtù del principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo, la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto è legittima a condizione che l'aumento sia ancorato ad elementi predeterminati ed idonei ad influire sull'equilibrio del sinallagma contrattuale ovvero appaia giustificata la riduzione del canone per un limitato periodo iniziale, salvo che la suddetta clausola non costituisca un espediente per aggirare la norma imperativa di cui all'art. 32 della legge 27 luglio 1978, n. 392 circa le modalità e la misura di aggiornamento del canone in relazione alle variazioni del potere d'acquisto della moneta" (Cass. civ. Sez. VI, 17 maggio 2011, n. 10834)


Per effetto del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, risulta legittima la clausola con cui si convenga una determinazione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive del tempo nell'arco del rapporto, ancorata, infine, ad elementi predeterminati (idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto della moneta), a meno che non risulti una sottostante volontà delle parti volta, in realtà, a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo, così, i limiti quantitativi posti dall'art. 32 della legge cosiddetta "sull'equo canone" ((sia nella formulazione originaria che in quella novellata dall'art. 1 comma nono sexies, della legge n. 118 del 1985), ed incorrendo, conseguentemente, nella sanzione di nullità prevista dal successivo art. 79 della legge predetta. (Cass. civ. Sez. VI, 23 giugno 2011, n. 13887)

Permane tuttavia un indirizzo minoritario in virtù del quale:
"in tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da abitazione, ogni pattuizione avente ad oggetto non già l'aggiornamento del corrispettivo ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 32, ma veri e propri aumenti del canone deve ritenersi nulla ex art. 79, comma 1, della stessa legge, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello previsto dalla norma, senza che il conduttore possa, neanche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunziare ai proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti. Il diritto del conduttore a non erogare somme eccedenti il canone legalmente dovuto (corrispondente a quello pattuito, maggiorato degli aumenti c.d. Istat, se previsti) sorge nel momento della conclusione del contratto, persiste durante l'intero corso del rapporto e può essere fatto valere, in virtù di espressa disposizione di legge, dopo la riconsegna dell'immobile, entro il termine di decadenza di sei mesi" (Cass. civ. Sez. III Sent., 07-02-2008, n. 2932) (Cass. civ. Sez. III, 9 giugno 2010, n. 13826)

Proponiamo modello di contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da abitazione con predeterminazione di canone crescente. In questo modello verrà usata la locuzione:
"Il canone annuo di locazione è stabilito in Euro __________ (_____________/00) da pagarsi in rate mensili anticipate di Euro ____________ (______________/00) ciascuna di uguale importo (...). Tuttavia la parte locatrice al fine di agevolare l’attività professionale della conduttrice nella sua fase iniziale, nel comune intento di rendere duraturo e non eccessivamente oneroso il rapporto di locazione de quo acconsente acché il suddetto canone annuo venga raggiunto solo a partire dal____________.
Pertanto dal ___________ al ____________ il canone annuo dovuto dalla conduttrice è stabilito in € _____________ (________/00) da pagarsi in rate mensili anticipate di € _________ (_____/00) ciascuna di eguale importo tramite bonifico nelle modalità e nei termini sopra indicati;
dal _________ al _________ il canone annuo dovuto dalla conduttrice è stabilito in € _________ (________________/00) da pagarsi in rate mensili anticipate di €__________ (____________/00) ciascuna di eguale importo tramite bonifico nelle modalità e nei termini sopra indicati.
Infine dal ___________ al _________ il canone annuo dovuto dalla conduttrice è stabilito in € ______________(___________/00) da pagarsi in rate mensili anticipate di € ______________ (___________/00) ciascuna di eguale importo tramite bonifico nelle modalità e nei termini sopra indicati
"

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