Con sentenza Cass. civ. Sez. III, 6 aprile 2011, n. 7844 la Suprema Corte ha affermato:

«Al prossimo congiunto di persona che abbia subito lesioni a causa di fatto illecito costituente reato spetta il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza di tale evento, dovendo ai fini della liquidazione del relativo ristoro tenersi in considerazione la sofferenza (o patema d'animo) anche sotto il profilo della sua degenerazione in obiettivi profili relazionali.

La prova di tale danno può essere data anche con presunzioni.

Ne consegue che in presenza dell'allegazione del fatto-base delle gravi lesioni subite dal figlio convivente all'esito di sinistro stradale, il giudice deve ritenere in particolare provata la sofferenza interiore (o patema d'animo) e lo sconvolgimento dell'esistenza che (anche) per la madre ne derivano, dovendo nella liquidazione del relativo ristoro tenere conto di entrambi i suddetti profili, ivi ricompresa la degenerazione della sofferenza inferiore nella scelta di abbandonare il lavoro al fine di dedicarsi esclusivamente alla cura del figlio, bisognevole di assistenza in ragione della gravità delle riportate lesioni psicofisiche.

Incombe alla parte a cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla, con valutazione al riguardo spettante al giudice di merito»



Passiamo in rassegna gli aspetti più pregnanti di detta pronuncia, estraendo i passaggi chiave riportati in motivazione:

1) astratta configurabilità del fatto come reato

«Le Sezioni Unite del 2008 hanno in proposito significativamente affermato che: a) in presenza di reato, superato il tradizionale orientamento che limitava il risarcimento al solo danno morale soggettivo, identificato con il patema d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (rectius, nella sofferenza morale determinata dal non poter fare) è risarcibile, ove costituisca conseguenza della lesione almeno di un interesse giuridicamente protetto, desunto dall'ordinamento positivo, ivi comprese le Convenzioni internazionali (come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo), e cioè purchè sussista il requisito dell'ingiustizia generica secondo l'art. 2043 c.c., la tutela penale costituendo sicuro indice di rilevanza dell'interesse leso; b) in assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purchè conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Fattispecie quest'ultima considerata integrata ad esempio in caso di sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), in quanto il "pregiudizio di tipo esistenziale" consegue alla lesione dei "diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.)" (così Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972)».

2) il danno può essere provato con presunzioni

«Anche nella giurisprudenza di legittimità si è con riferimento alla prova per presunzioni semplici sottolineato che, nel dedurre dal fatto noto quello ignoto il giudice di merito incontra il solo limite del principio di probabilità (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546).
Non occorre cioè che i fatti su cui la presunzione si fonda siano tali da far apparire la esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva (in tal senso v. peraltro Cass., 6/8/1999, n. 8489; Cass., 23/7/1999, n. 7954; Cass., 28/11/1998, n. 12088), ma è sufficiente che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione degli accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza (v. Cass., 23/3/2005, n. 6220; Cass., 16/7/2004, n. 13169; Cass., 13/11/1996, n. 9961; Cass., 18/9/1991, n. 9717; Cass., 20/12/1982, n. 7026), basate sull'id quod plerumque accidit (v. Cass., 30/11/2005, n. 6081; Cass., 6/6/1997, n. 5082).
In presenza di tale allegazione il giudice deve quindi ritenere, sulla base della presunzione fondata essenzialmente sulla base della tipicità di determinati fatti in base alla regola di esperienza di tipo statistico, provati gli effetti che da tale fatto normalmente derivano, avendo riguardo ad una "apparenza" basata sul tipico decorso degli avvenimenti.»

3) spetta al danneggiante fornire prova contraria idonea a vincere la presunzione

«Incombe alla parte a cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla, con valutazione al riguardo spettante al giudice di merito (v. Cass., 12/6/2006, n. 13546).
Costituendo un mezzo di prova di rango non inferiore agli altri, in quanto di grado non subordinato nella gerarchia dei mezzi di prova e dunque non "più debole" della prova diretta o rappresentativa, ben possono le presunzioni assurgere anche ad unica fonte di convincimento del giudice (v. Cass., Sez., Un., 11/11/2008, n. 26972;Cass., Sez. Un., 24/3/2006, n. 6572, Cass., 12/6/2006, n. 13546, Cass., 6/7/2002, n. 9834), costituendo una "prova completa" (v.Cass., 12/6/2006, n. 13546. E già Cass., 22 luglio 1968, n. 2643).
Orbene, ove il danneggiato abbia come nella specie allegato sia il fatto base della normale e pacifica convivenza del proprio nucleo familiare sia che le gravi lesioni subite dal proprio congiunto all'esito del fatto/evento lesivo hanno comportato una sofferenza interiore tale da determinare un'alterazione del proprio relazionarsi con il mondo esterno, inducendolo a scelte di vita diverse, incombe al danneggiente dare la prova contraria idonea a vincere la presunzione della sofferenza interiore, così come dello "sconvolgimento esistenziale" riverberante anche in obiettivi e radicali scelte di vita diverse, che dalla perdita o anche solo dalla "lesione" (cfr. Cass., 3/4/2008, n. 8546; Cass., 14/6/2006, n. 13754;Cass., 31/5/2003, n. 8827; Cass., Sez. Un., l/7/2002, n. 9556) del rapporto parentale secondo l'id quod plerumque accidit per lo stretto congiunto normalmente discendono (v. Cass., Sez, Un., 11/11/2008, n. 26972; Cass., 12/6/2006, n. 13546; Cass., Sez, Un., 24/3/2006, n. 6572)».


Assai rilevanti i risvolti di questa pronuncia con cui sembra affermarsi definitivamente la risarcibilità del danno da lesione del rapporto parentale a seguito di lesioni subite dal prossimo congiunto, laddove sino a tempi recenti detta risarcibilità veniva limitata ai soli casi di compromissione del rapporto parentale conseguente alla morte del prossimo congiunto. Basti richiamare la pronuncia Cass. civ. Sez. III, 1 dicembre 2004, n. 22593:

«Non è risarcibile, quale componente del danno non patrimoniale distinta dal danno morale, il danno da lesione della serenità familiare subito dai prossimi congiunti di chi abbia subito lesioni a causa di un incidente, in quanto la tutela dell'interesse all'intangibilità della sfera degli affetti, al mantenimento della reciproca solidarietà in ambito familiare e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione della realizzazione della persona umana all'interno della famiglia è circoscritta all'ipotesi - più grave - del danno subito in conseguenza della uccisione del prossimo congiunto, per la definitiva perdita del rapporto parentale».

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